Andrea Pezzi: la Tv è brutta perché non la sanno fare

L’ex veejay ora conduttore di «Tornasole» è d’accordo con Ciampi: la televisione deve essere educativa e responsabile

Laura Rio

da Milano

«I reality show sono spazzatura? Io ne vorrei tanto condurre uno». Andrea Pezzi, 32 anni, il ragazzo passato dalle magliette sgargianti indossate quand’era veejay di Mtv agli editoriali sul Sole-24 ore, ci tiene a fare il provocatore, a dire cose un po’ fuori dagli schemi. Parla con foga: ha un tale tumulto di pensieri in testa che non riesce a finirne uno tanto ha fretta di passare al successivo. E non ha paura di mostrare la grande fiducia che nutre in se stesso. Con il suo nuovo programma, Il Tornasole (Raidue, lunedì, ore 23), parla ai giovani con il linguaggio dei giovani sui problemi dei giovani. Insomma, cerca di fare una trasmissione che fa riflettere, come quelle che vorrebbe in televisione il presidente Ciampi. E se il pioniere della Tv culturale, Piero Angela, ieri ha ricordato su queste colonne che per uscire dal circolo vizioso della Tv spazzatura bisogna smettere di lamentarsi e triplicare il canone per liberarsi dal «giogo» degli spot, un giovane conduttore come Pezzi prende invece una posizione opposta. «Per me Ciampi ha ragione, la televisione dovrebbe tornare a essere pedagogica, educativa. Il problema non sta nel fatto che viene finanziata dagli investitori pubblicitari. Ma che la deve fare solo chi è in grado di farla».
Per esempio chi?
«Parlo per me: in televisione sono andato solo quando avevo qualche buona idea. Altrimenti ne sono stato lontano. Dal mio programma 2008, le Iene hanno tratto l’intervista doppia. Le mie trasmissioni Sushi (talk show di Mtv iniziato nel ’96) e Kitchen (cult della rete musicale con le interviste in cucina) hanno introdotto un genere nuovo».
E allora perché mai vorrebbe condurre un reality, genere discusso e additato da Ciampi come Tv diseducativa?
«È una provocazione. Secondo me i reality come L’Isola dei famosi sono programmi meravigliosi che danno la possibilità di scandagliare a fondo la natura umana. Il problema è che di questo materiale stupefacente se ne fa uno scempio. Penso che, se venisse trattato con più delicatezza, magari chiamando degli intellettuali a dibatterne, si otterrebbe meno share, ma si potrebbero realizzare programmi di qualità».
Vuol dire che Simona Ventura non sa gestire il potenziale umano che ha in mano?
«No. Lei è bravissima. È la struttura dello show che dovrebbe cambiare».
Quindi Giorgio Gori dovrebbe riflettere...
«Lui ha realizzato uno dei prodotti più innovativi della televisione. Ma secondo me si dovrebbero mettere delle intelligenze al servizio dello show».
In attesa di un reality, lei fa un programma di nicchia che vuole raccontare la nuova classe dirigente del paese, però stenta a trovare un pubblico: lunedì ha fatto il 7,5 per cento di share e la settimana precedente il 3,8...
«Siamo solo alla seconda puntata. Ne abbiamo davanti ancora 25. Parliamo con un linguaggio nuovo, frizzante, brillante e siamo alla ricerca di un pubblico che non guarda la televisione. Comunque, il direttore di Raidue, Massimo Ferrario, ci ha affidato la missione di qualificare gli ascolti non di aumentarli».
Anche perché il secondo canale fatica a trovare la sua strada di rete giovanile...
«E noi siamo stati chiamati anche per questo. Per dialogare con i giovani bisogna trovare un giusto mix tra la forma (che io ho imparato a Mtv) e la sostanza. Lunedì abbiamo parlato delle quote rosa andando al nocciolo della questione: chi è la donna d’oggi e quale potere ha».
C’è chi si è scottato cercando un linguaggio più moderno, come Mentana a Matrix...
«Il mio show ha una chiara identità autorale. Io di programmi ne ho sbagliati pochi perché scrivo i miei testi. Davide Parenti (autore di Matrix) con cui ho lavorato a 2008 è un grande autore che sconta il fatto di non essere un conduttore».
E comunque il suo pubblico deve essere nottambulo... quasi tutte le trasmissioni di approfondimento vanno di notte o sulle tv piccole...
«Secondo me è lo spazio giusto per riflettere. Io non guarderei un programma come il mio se fosse in prima serata».
C’è uno show, che non sia il suo, che le piace?
«L’unica buona idea che ho visto in giro è la foto-intervista che fa Paolo Bonolis nel Senso della vita».
Lei è il Bonolis del futuro?
«No. Assolutamente. Non so neppure se la Tv sia la mia strada. Per ora è un bel gioco che mi piace. Se cambio idea, ho già dimostrato di saper fare altro (il consulente finanziario). Magari più avanti mi metto a fare l’editore».
Prima di partire, il suo show ha suscitato un polverone: si diceva che avrebbe fatto un programma politico e già la indicavano come un nuovo riferimento della Cdl...
«Non mi preoccupo mai di quello che si scrive su di me. Faccio una trasmissione che parla di temi sociali che, per natura, hanno un risvolto politico.

Ma a me interessano i principi di fondo, non gli schieramenti ideologici».
Dunque, lei per chi vota?
«Chi conduce un programma così delicato non si può dichiarare».
Tema della prossima puntata?
«I soldi: a cosa serve essere ricchi».

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