Gli angeli del rugby: «Portiamo la gente in spalla e scaviamo con le mani»

ORRORE Tra le macerie alla Casa dello Studente il corpo di un compagno di squadra: Lorenzo Sebastiani

L’AquilaLa certezza Andrea Ciancarella l’ha avuta nel momento in cui tra le macerie ha notato i tatuaggi disegnati sul polpaccio di Lorenzo, il compagno di reparto. Lorenzo Sebastiani era andato alla Casa dello studente, in via XX settembre, perché alcuni amici avevano avuto paura della scossa del pomeriggio, l’ultimo avviso prima dell’apocalisse delle 3.32 della notte. Andrea giocava in prima linea, inseparabile compagno d’avventura nell’Aquila rugby. Era impegnato con la Protezione civile che era andata a prestare i primi soccorsi. Tra le macerie, quei tatuaggi e un tuffo al cuore. Nell’elenco ufficiale per ora ci sono un centinaio di nomi, ma non c’è ancora quello di Lorenzo che rientra tra i dispersi. La notizia comunque ha fatto il giro dello spogliatoio. Le lacrime sono passate di volto in volto, poi è cominciata a volare sui blog, ricevendo qualche parziale conferma sia pur non ufficiale.
Niente allenamento ieri per la squadra di Massimo Mascioletti. L’erba del Tommaso Fattori e quella spelacchiata dell’Acquasanta viene calpestata dai tanti senzatetto. E la squadra gioca la partita contro il tempo. È una gara di solidarietà. Te lo dicono gli occhi di Mark Sweeney, un gallese, il mediano della squadra. «Mi ha guardato con uno sguardo che dice mille parole - dice Piergiorgio De Siati, il nutrizionista della squadra -. Lui che viene da lontano e si trova coinvolto in questa tragedia senza tirarsi indietro per un solo istante». Tutta la squadra partecipa alla gara di solidarietà, in un modo o nell’altro. Gli allenatori Di Marco e Lorenzo Cavallo, coordinano i soccorsi, il primo allo stadio dell’Acquasanta, l’altro all’ospedale.
Ci si rimbocca le maniche come L’Aquila ha sempre fatto. Andrea Pallotta corre come Danie Gerber, il sudafricano che regalò l’ultimo scudetto ai neroverdi. È un marsicano di Avezzano, gente che di solito gli aquilani digeriscono con difficoltà. Ma Andrea, 23 anni, azzurro di rugby a sette, si carica sulle spalle una vecchietta, la sua bombola d’ossigeno e la porta in salvo. Attacca la linea di meta della malasorte, salva una donna e il marito dopo aver preso a spallate la porta di casa tra i miasmi delle tubature del gas. «Ero in mezzo alla strada - racconta - e ho sentito delle grida di aiuto. Sono subito corso verso il punto da dove venivano, la tromba delle scale era crollata e intorno era tutto un disastro». Andrea Pallotta corre ad aiutare gli altri, ma anche la sua casa è stata lesionata. E non è stato l’unico dell’Aquila rugby a perdere la casa, come ricorda l’ex commissario tecnico azzurro Massimo Mascioletti. Gente di fatica dalla faccia buona, i rugbysti. Quando ci fu l’alluvione del Polesine il Rovigo del leggendario Maci Battaglini mise da parte mischie e touche e si dedicò ad aiutare la gente. Il gesto dell’Aquila rugby è un po’ la stessa cosa. Parla di generosità, di gente che si mette al servizio di chi non ha più una casa e resta a combattere fino in fondo la propria partita. Una partita giocata su più campi, prima di tutto all’Ospedale San Salvatore. «Ci fanno fare i lavori di forza - racconta ancora Pallotta - carichiamo materassi e gente costretta sulla sedia a rotelle. Facciamo tutto quello che possiamo perché si tratta della nostra gente, quella che viene allo stadio o che magari ti mette solo una mano sulla spalla. Facciamo quello che possiamo ma qui per ora è un caos generale».
La generosità è anche quella di Mascioletti, la bandiera del rugby all’Aquila con le sue 54 presenze in azzurro, le 227 mete in carriera e soprattutto il pedigree di un giocatore che avrebbe potuto giocare in qualsiasi nazionale del mondo. Rita è la moglie di Massimo, fa l’infermiera. La domenica è lei che gli siede accanto in quell’angolo dello stadio Fattori.

Ieri era lui a prendere ordini: «Sono venuto qui a dare una mano mentre continuano ad arrivare i cadaveri. Non ci fermeremo anche se è dura andare avanti. Scaveremo con le mani, qualcuno dei miei lo ha già fatto. Il rugby oggi lo mettiamo da parte. La nostra meta oggi è salvare la nostra città».

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