Studenti italiani via dal liceo un anno prima per essere più europei e meno "bamboccioni". La proposta, che suscita immediate polemiche è ldel rettore dell'Università Bocconi, Guido Tabellin durante un convegno sulle prospettive dell'istruzione secondaria. Secondo il rettore la caratteristica dei giovani italiani è «di essere un passo indietro su tutto: nell'uscire di casa, nel formare una famiglia, nel cercare un impiego». Questo aspetto è costoso perchè «da ragazzi si può dare molto di più». E sulla base di uno studio eseguito in Svizzera si scopre che «gli studenti dei Cantoni, dove si esce prima da scuola, non sono penalizzati rispetto a chi è rimasto un anno in più tra i banchi. Anzi, il contrario». Tabellini evidenzia che «si dovrebbe fare una riorganizzazione di tutto il percorso scolastico». Un'impresa non facile, prosegue il rettore, considerato anche «il fallimento del 3 più 2 universitario: la maggior parte degli studenti fa la specialistica con il risultato che escono comunque dopo cinque anni».
L'idea però non piace a molti. Ad esempio agli studenti. L'associazione Azione Studentesca infatti boccia la proposta perchè, a suo parere, «lascia irrisolti diversi nodi cruciali». «Accorciare il percorso scolastico di un anno sarebbe utile se riuscissimo a garantire una preparazione adeguata nei 4 anni, ma già 5 anni non sono sufficienti. - dicono i ragazzi di Azione studentesca - E non regeg il confronto con gli altri sistemi presenti in Europa dato che differiscono dal nostro per il rapporto con il mondo del lavoro e per l'ingresso all'università. É molto strano che un rettore si preoccupi dei tempi prima di occuparsi della qualità della formazione».
Contrario anche il sindacato Gilda che parla di «bestialità». «Si tratta di un'idea bizzarra - afferma il coordinatore Rino Di Meglio - che non tiene in alcun conto l'organizzazione del sistema scolastico italiano. L'università nel nostro Paese è molto lontana dai modelli esistenti nel resto d'Europa: non solo qui non ci sono i tutor, ma spesso mancano persino le aule dove svolgere le lezioni. La scuola italiana è già profondamente stremata da pseudo riforme e tagli indiscriminati».
Apertura, invece, da Cgil e Uil. Il segretario generale della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, ricorda che il tema è aperto da anni sottolineando che nella maggior parte dei Paesi Europei a 18 anni si consegue il diploma «e non è giusto quindi che i ragazzi italiani siano penalizzati, entrando nel mercato del lavoro o andando all'università con un anno di ritardo». «Ma - osserva il sindacalista - occorre da un lato rafforzare ed elevare a 18 anni l'obbligo scolastico e dall'altro riformare profondamente i cicli scolastici, evitando vere e propri salti mortali per i ragazzi nel passaggio tra primaria, secondaria inferiore e secondaria superiore». Senza queste condizioni, a parere di Pantaleo, si rischia di rispondere a un problema giusto in modo sbagliato.
Per il segretario della Uil scuola, Massimo Di Menna, si tratta di una proposta «condivisibile», peraltro già avanzata più volte dal sindacato sia al ministro Berlinguer sia al ministro Moratti. Ipotizzarla oggi, mentre sta partendo una ennesima riforma, osserva il sindacalista «significa creare ulteriori incertezze nel sistema scolastico», ma «l'esigenza di ridurre e rendere essenziale il percorso di formazione dei giovani rimane tutta».
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