Antiretoriche e autonome. Ecco le forme di Rambelli

Lo scultore romagnolo si sganciò dai dettami del fascismo con le sue figure "proletarie"

Antiretoriche e autonome. Ecco le forme di Rambelli
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Satirico fino a punte di grottesco, euforico, eternamente insolito, Domenico Rambelli (Faenza, 21 febbraio 1886 Roma, 1 settembre 1972). Mai dimentico delle sue origini contadine, animato da una rabelaisiana felicità, da una esaltazione dionisiaca, Rambelli incarna un'evoluzione del mondo contadino - che ribolle, ipogeo, nella sua opera - in una chiave quasi Déco, Déco che in lui si fa meno frigido.

Le forme di Rambelli sono vibranti, vive, calde, tanto da stemperare la cifra morbida, curva del Déco. Tutto in lui scivola naturalmente nei confini dell'autenticità e della verità: questo rende Domenico Rambelli così immediatamente vicino a noi, così contemporaneo. Lui mette in opera una traduzione complessa: si confronta con il gusto della sua epoca, ma riesce a trattenerlo un passo prima che si astragga troppo, che si formalizzi in geometrie estetizzanti.

Rambelli è stato, senza tema di smentita, uno dei grandi scultori del Novecento, antiretorico, pur confrontandosi con soggetti che il fascismo imponeva, come il Monumento ai Caduti di Viareggio, come il Fante dormiente di Brisighella, come il Monumento a Baracca di Lugo. Tutte opere, queste, in cui dovrebbe prevalere la funzione di celebrazione dell'eroismo, ma che nulla trasmettono della retorica di Regime. In esse si avverte qualcosa di unico, di umano, troppo umano, per l'epoca che dovrebbe, di principio, decantare.

Sono monumenti che, per certi versi, anticipano le forme di Botero, e che, proprio nella loro forma così insolita, sono pensati includendo notevoli piedistalli, come se Rambelli lavorasse non solo da scultore, ma anche con la mentalità dell'architetto, avendo come preoccupazione anche lo spazio complessivo in cui le sue opere devono cadere: la monumentale ala dell'aereo di Baracca, in marmo, è poggiata su una piattaforma formidabile, sia pure invadente rispetto allo spazio dei portici di Lugo.

C'è in Rambelli questa insofferenza alla narrazione del presente e questa spinta verso un futuro che non poteva vedere. Ammirando il Baracca di Lugo di Romagna, non si può non pensare alla formidabile creazione dell'operaio Cipputi di Francesco Tullio Altan. Nella tuta di Baracca ritroviamo le forme gonfie del celebre operaio che abbiamo visto in tante pagine del'Espresso, della Repubblica, di Linus. Ecco, questo rapporto con il mondo operaio e contadino, con il mondo dei lavoratori, così evidente nell'opera di Rambelli, risuona nelle sue forme che sarebbe assai difficile ritenere retoriche o fasciste.

In questo senso, Rambelli condivide con i grandi scultori del suo tempo, Libero Andreotti, Adolfo Wildt, Arturo Martini - pur essendo meno noto e celebrato di loro - un'innegabile autonomia artistica dal regime, di cui pure faceva parte o per cui lavorava. Nell'arte non c'è Fascismo, anche quando accade nel o per il Fascismo. Rambelli ha sempre reclamato di essere uno scultore che non poteva applicarsi a una scultura decorativa o d'intrattenimento, ma soltanto necessitata da una ragione monumentale. Eppure ha fatto pochi grandi monumenti, quelli che abbiamo citato, più uno, il Monumento ad Alfredo Oriani, che ha una storia che mi coinvolge.

Andai a Roma a trovare gli eredi di Domenico Rambelli, la famiglia Zingaro, che teneva in un palazzo alla periferia della Capitale i gessi dell'artista. Tra di essi, c'era il bozzetto in gesso del Monumento ad Alfredo Oriani. Con l'aiuto, non solo economico, del grande Dino Gavina comprammo il gesso e realizzammo il monumento in bronzo, che donammo nel 1990 al Comune di Faenza, per cui Rambelli lo aveva pensato. E, benché la fusione in bronzo sia avvenuta dopo la sua morte, è un'opera importante, cui Rambelli aveva lavorato molto a lungo, a partire addirittura dai primi anni '20.

Quattro, cinque le opere monumentali importanti da lui realizzate. Alcune mirabili sculture, come la donna che porta sulla testa il cesto di frutta, che trasferisce la straordinaria invenzione dell'ala del monumento a Baracca, nel tendersi della gonna al passo dinamico della donna. Comunque, un numero esiguo di opere, che indica uno scultore tutto teso alla necessità ed essenzialità formale, tensione che lo appaia ai grandi del Novecento. E come tale fu riconosciuto durante il fascismo, con il premio della Quadriennale del 1939, che in qualche modo lo ha consacrato. Dopo la guerra - nonostante la investitura di accademico di San Luca, fu travolto dalla damnatio memoriae per essere stato attivo durante il fascismo.

Rambelli, come altri, ma forse in modo ancora più evidente, è la prova che l'arte ha espresso delle personalità

straordinarie anche durante e dentro il Fascismo, persino nell'adesione al Fascismo. Per questo, tali artisti hanno sofferto di essere dimenticati, di essere cancellati, di essere rimossi. Il che è una forma di ingiuria.

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