Gli applausi a Tremonti e la verità sul fisco

Non solo scioperi. In Italia c’è e comincia a farsi sentire il partito della manovra. Tremonti lo ha scoperto anche dove forse non se l’aspettava: la festa della Cisl. Il ministro parla e il sindacato storico degli statali, quelli su cui questa manovra pesa in modo particolare, quelli con lo stipendio bloccato, quelli che l’opposizione spera di portare in piazza, applaude. C’è un’Italia, quella che non fa notizia e non va sui giornali che sta di nuovo scommettendo sul futuro. È quella che firma gli accordi con la Fiat per Pomigliano.
Il partito della manovra è quello che spera di uscire da questa crisi con i conti più chiari. È quello degli imprenditori che non hanno paura di rischiare. Il partito della manovra è quello che crede sulla possibilità di riequilibrare i conti per aprire la strada alle riforme strutturali. È quello di chi è stanco dell’atteggiamento disfattista di certi salotti che teorizzano muoia «Sansone con tutti i filistei», gente con le valigie sempre pronte e che purtroppo non parte mai.
Il partito della manovra è quello dei lavoratori che si stanno mostrando responsabili di fronte a questa crisi che fa tremare la Grecia, sconquassa il Danubio, e preoccupa terre solide come la Germania e la Gran Bretagna. Hanno capito che l’Italia non è immune. Non si salva invocando la fortuna o la piazza. Lo Stato è grasso e costa miliardi di spese e di interessi ogni anno. Serve una cura dimagrante. Non solo sul fronte delle uscite. Deve dimagrire anche il fisco.
Sono anni che gli italiani scalano e sfidano una montagna di debiti. Sono anni che la reazione della Cgil e della sinistra è lo sciopero generale, questo rito catartico che ha perso il suo significato originale. Lo sciopero che molti ormai considerano un déjà vu. Eppure è questa protesta che tiene banco su tv e giornali.
Ma c’è anche un’Italia che applaude, o che sta zitta e tiene duro. Non è un’Italia masochista. Non è neppure cieca. Sa che la manovra Tremonti ha sforbiciato molto, ma non ha estirpato la mala erba dei privilegi di casta. Sa che la pressione fiscale è ai limiti della morale e sa che c’è tanta gente che le tasse ancora non le paga. Sa tutto questo, ma sa anche che la ricetta non è sostituire Tremonti con Visco.
La cura Tremonti è un antibiotico e ha le sue controindicazioni. Si sente un certo senso di stanchezza. È inutile nasconderlo. Le tasse sono alte e la manovra intende recuperarne ancora con la lotta all’evasione. Ma il fisco da solo non basta. Per risanare il Paese bisogna eliminare gli sprechi. È questo il patto. È questa la scommessa. Attenti, però. Il futuro deve essere chiaro.

Nessuno può più permettersi di chiedere sacrifici per arricchire le cricche e i parassiti, i professionisti dello scialo e i vampiri degli aiuti pubblici, i falsi invalidi e i ricchi con la dichiarazione dei redditi da pezzenti. Questa volta, davvero, chi bara è perduto. La fiducia, come il debito pubblico, non è illimitata.

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