Marija Ignat'evna Zakrevskaja, o signora Benckendorff, o baronessa Budberg, o Baby (per una spia che la amava...), o Marydear, o Murocka (per la madre tirannica), o Titka. La musa di Maksim Gorkij e di H.G. Wells. Una spia che faceva, forse, il triplo o il quadruplo gioco. Per la Storia, e per la leggenda, semplicemente Mura. Ovvero La donna dalle cinque vite (edizioni e/o, pagg. 712, euro 25), come si intitola la biografia romanzata che le ha dedicato Alexandra Lapierre, figlia di Dominique, che è ormai nota per i suoi ritratti di figure dimenticate eppure notevolissime, specialmente donne (con il suo Belle Greene, lo scorso anno ha vinto il Premio Comisso per la biografia).
Alexandra Lapierre, a Mura succede di tutto.
«Di tutto. Vive in un periodo storico tremendo: è una sopravvissuta, anche perché non ha scelta... Una aristocratica in piena Rivoluzione russa, mentre tutti vengono ammazzati...»
Come ha fatto a uscirne viva?
«È quasi incredibile. Credo per la sua personalità, di una forza che non ho mai incontrato in tutte le ricerche che ho fatto su grandi personaggi. Credo che Mura sia senza paragoni».
Nasce nel 1893 in Ucraina, in una famiglia aristocratica.
«I suoi genitori vengono dall'Ucraina, lei si sposa con un barone dell'Estonia, le sue sorelle con dei russi: questa vicinanza è molto contemporanea, siamo nei problemi di oggi».
Il padre Ignatij, giurista alla corte dello zar, è amico di Zola e, dalla Russia, prende le difese del capitano Dreyfus.
«Anche questo è meraviglioso. Il suo articolo sul trattamento di Dreyfus è di una modernità eccezionale, anche se gli costa il suo lavoro presso lo zar. Appartiene a una aristocrazia russa molto aperta, che parla e scrive in francese e che viaggia in Europa, cosa che poi non sarà più possibile; e che, all'inizio, è per la Rivoluzione o, quanto meno, per avere la libertà di pensare, scrivere, parlare e fare le riforme».
Anche Mura sostiene la Rivoluzione, all'inizio?
«Lei politicamente è di sinistra, il che non significa che sia bolscevica. Però all'inizio sì, supporta i cambiamenti».
Eppure ci sono molte ambiguità: i bolscevichi sospettano sia una spia inglese; gli inglesi la credono una spia tedesca...
«È piena di ambiguità. Quello che la rende così umana è che però, fra tutte queste ambiguità, ci sia una fedeltà alle cose che ama: come Lockhart, la spia inglese, o i figli, per i quali è una madre pessima e favolosa insieme».
Perché i servizi di mezza Europa la credono una spia?
«Ho controllato gli archivi dei servizi di tutti i Paesi, ed era seguita da tutti: il che, per le ricerche del libro, è stato favoloso, perché ho tutto di lei, perfino la sua voce registrata... Ottiene la nazionalità inglese grazie a Wells, e viene seguita lo stesso. Eppure la conclusione di tutti è che non ci sia nulla per decidere se sia o meno una spia. Per il romanzo sarebbe stato meglio poter dire che è stata la più grande spia di tutti i tempi, ma non si può».
E questa non è la controprova perfetta?
«Assolutamente... Le buone spie non lasciano tracce. Però lei è stata sotto gli occhi di cinque nazioni tutto il giorno, tutti i giorni per quarant'anni. Quando era a Sorrento con Gorkij era controllata anche da Mussolini».
Come diventa una musa letteraria?
«Gorkij è pazzo di Mura, però anche lui si chiede che cosa faccia veramente. Quando sono in esilio, a Sorrento, di tanto in tanto lei va via per rivedere i figli, in Estonia; finché un'estate sono i figli a venire in Italia, e lui è sollevato: ah, esistono...»
È arrestata dalla Ceka tre volte, e altrettante esce viva dalla Lubianka: come è possibile?
«Anche questo è incredibile. Quanto all'ultima volta, quando è arrestata mentre sta fuggendo nel Golfo di Finlandia, lei racconta di essere stata salvata perché, mentre la portavano alla Lubianka con altri prigionieri, passò sotto la sua vecchia casa, l'ex portiere la riconobbe e corse ad avvertire Gorkij. Una storia alla Mura, insomma».
Possibile?
«Quando sono andata a San Pietroburgo a vedere casa sua ho scoperto che, a poca distanza, lungo la stessa strada, c'era la sede dell'ex Kgb... Era verosimile».
Ma all'inizio lei sta accanto a Gorkij per spiarlo?
«Sì, è così. E glielo dice: una scommessa pericolosa, che le sarebbe potuta costare la vita. Ma questo coraggio di dire la verità non è poco. Ha una vita di una durezza... C'è tutta la prima metà del Novecento: la Rivoluzione, la Prima guerra mondiale, poi la Seconda. Il primo marito, un aristocratico, è ucciso dai bolscevichi; lei non vede i figli per cinque anni, ma riesce a salvare le persone che ama».
È anche la prima a pubblicare Romain Gary, in Inghilterra?
«È così che l'ho incontrata. Rileggevo una biografia di Gary, in cui c'erano tre righe che dicevano che l'Educazione europea era stata pubblicata per la prima volta in inglese grazie alla favolosa, magnifica, grandiosa baronessa Budberg. Al che mi dissi: e chi è? Così trovai un articolo che raccontava di quando lei, a 80 anni, era andata da Harrod's e aveva rubato tre oggetti, nascondendoli in un ombrello nero, ed era stata scoperta».
Che cos'erano?
«Una boccetta in argento per la vodka, un tappo per lo champagne e un coltello da torta. La guardia le aveva chiesto perché, e lei: Ma questa è l'avventura, darling! A 80 anni aveva ancora bisogno di adrenalina».
E poi?
«Poi ho scoperto che questa baronessa che, nel '64, rubava da Harrod's, era la Zakrevskaja al tempo dello zar, la Benckendorff di Gorkij e la Budberg di Wells: insomma, dovevo raccontare la sua storia».
Wells come entra nella vicenda?
«Arriva a Leningrado, per fare degli articoli sulla Russia, e abita da Gorkij, dove conosce Mura: i due amanti sotto lo stesso tetto...».
Alla fine vince Wells?
«Alla fine sì. Mura va a Londra, mentre Gorkij torna nella Russia di Stalin, lasciandosi ingannare, un errore tremendo».
Come arriva a Londra?
«Quando torna in Estonia, dalla famiglia dell'ex marito, la credono una spia, così si sposa con il barone Budberg, per avere una protezione: è un accordo, che le permette di non essere più russa e di lasciare il Paese, così può andare a Berlino, dove ritrova Wells, che è lì per una conferenza sulla pace, dove c'è anche Einstein».
Wells vuole sposarla?
«Sì. A un certo punto invita degli amici al ristorante, per forzarla. Wells è affascinante, molto intelligente, ma anche tirannico, come amante. Ma non si può forzare Mura. È come un gatto, morbida e forte insieme. Ed è una seduttrice assoluta».
A Londra che cosa fa?
«Rimane una aristocratica, nel secondo dopoguerra il suo salotto è frequentato da politici, scrittori, nomi del cinema come Charlie Chaplin e Vivien Leigh. Conosce anche Churchill, del resto il suo ex amante, Lockhart, è a capo della propaganda inglese durante la guerra».
Come lavora a una biografia romanzata come questa?
«A me interessa riportare in vita questi personaggi, queste donne dimenticate, ma quello che scrivo deve essere giusto: la ricerca, per me, è alla base di tutto».
Nessuna invenzione?
«Non c'è personaggio inventato, tutto quello di cui si legge è capitato, tutti i dialoghi sono ripresi dalle lettere o dalle telefonate.
Però spero di mandare il lettore nella testa del personaggio e, per farlo, serve il romanzo. Tutta l'arte è nel fatto che sia giusto, senza far sentire la ricerca. Perciò molte cose che ho trovato non le ho potute dire, per non appesantire: la difficoltà non è nel raccontare, bensì nel tacere...»
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