Arpino, la città dei ciclopi ora ci prende per la gola

«Ciociaria bella&buona», un’iniziativa per scoprire la cittadina del Frusinate nota per le grandiose mura

Loredana Gelli

Passeggiare tra mura ciclopiche nell’antica città fortificata dei Volsci. È il programma che Arpino, città patria dei più grandi condottieri romani, propone per questo fine settimana. La manifestazione «Ciociaria Bella&Buona» ci dà lo spunto per un tour tra le bellezze dell’Acropoli, concerti e visite guidate, menù tipici. A testimoniare le antiche origini della città ciociara sono proprio le imponenti mura megalitiche. L’Ager Arpinas ai tempi di Caio Mario si arricchì di possedimenti nella Gallia; poi, fin dall’alto Medioevo, passò sotto il dominio di numerosi signori per far parte, definitivamente e dopo lunghe contese con il papato, del Regno di Napoli. Sicuramente, storia e leggenda s’intrecciano nelle vicende di Arpinum ma, ancora di più, in quelle della Civitas Vetus, l’Acropoli di Civitavecchia. È da qui che si parte per scoprire questo suggestivo centro, racchiuso entro una barriera di mura poligonali risalenti, probabilmente, al V e VI secolo avanti Cristo. Le grandiose mura, che in origine si estendevano per circa 3 chilometri (ne restano intatti solo 1.500 metri), iniziano da piazza Municipio con un’altezza di 627 metri e scendono giù per il declivio fino ad abbracciare e chiudere la città nell’altra minore altura di Civita Falconara. Esse sono costituite da enormi monoliti di puddinga, materiale i cui banchi si trovano, proprio, in vicinanza del sito arcaico. Le mura furono restaurate a fasi successive, prima nell’età sannitica, poi romana e medievale con l’aggiunta di torri e di porte. La porta principale, il famoso «arco a sesto acuto», che rievoca gli archi di Tirino e Micene, è un particolare tipo d’ingresso che obbligava gli eventuali attaccanti a mostrare, privi di scudo, il lato destro del proprio corpo. Per la prima volta sarà visibile anche la Porta Minore o «Porta del Lupo». Entriamo, quindi, nel cuore della Arpino arcaica per ammirare la torre di Cicerone, così denominata perché, si pensa, facente parte di ruderi romani della casa del grande oratore; una cisterna e tracce di muraglioni. Interessante è la chiesa della Trinità, gioiello settecentesco, unico edificio di culto con pianta a croce greca presente nella città, fatta costruire nel 1720 dal Cardinale Giuseppe Pesce. Custodite nella chiesa di San Vito, sorta sulle rovine di un tempio pagano dedicato a Venere Conciliatrice, risalente al XVI secolo, troviamo una tela del Cavalier d’Arpino e opere dello scultore tirolese Michele Stolz. Passando a un periodo più recente, fiore all’occhiello del paese è, senza dubbio, il Museo della Liuteria che rappresenta, nella storia degli strumenti musicali a corda, in particolare, del mandolino, un capitolo importante. Fu dalla bottega del maestro Luigi Embergher (1856-1943) che si sviluppò una vera e propria scuola di liutai specializzati. Ancora oggi, i mandolini con il marchio Embergher sono molto ricercati dai virtuosi del genere e il museo fa rivivere, con un ritmo narrativo, tutte le fasi di quest’antica e nobile attività artigianale. Un’altra tappa, sicuramente molto apprezzata del tour, è la degustazione di prodotti tipici presso la Proloco: bruschette con olio extravergine, formaggi e salumi. Una delle caratteristiche della cucina ciociara è la pasta fresca.

Famosi sono i «fini fini», una particolarità di fettuccine, e il tirotarico, una frittata ripiena di pesce salato, formaggi, erbe e uova sode che usavano consumare i romani e che oggi, con qualche rivisitazione, viene proposta dagli chef locali.

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