Arte e storia Il leone di San Marco che cerca solo un riparo dal tempo

Ammirato e conteso non avrebbe certo immaginato, in quel giorno che è oggi, di essere posa di sguardi distratti. Lui, leone tra i pochi a rivolgersi verso destra, è stato condotto a forza - diremmo obtorto collo se non fosse in pietra d'Istria - nella Superba. Di casa era a Pola quando, nel 1380, i genovesi arrivarono dal mare: quale emblema migliore da portare a casa in memoria dell'impresa? Il leone fu murato all'esterno della chiesa dedicata proprio a San Marco nel cuore del primo molo del porto genovese, dove erano le sedi delle corporazioni, la dogana (prima in Italia), i presidi armati e la casa del boia. Oggi tempo e latino hanno reso più ardua la lettura delle iscrizioni che accompagnano il leone, ma basta scorgere quel «capta» per comprendere la forza simbolica dell'antico gesto e poi riconoscere lo stemma degli Spinola per ricordare l'ammiraglio Gaspare che qui l'ha condotto e i suoi discendenti, che collocandolo nella chiesa dedicata al patrono di Venezia si fecero promotori di questa sorta di restituzione.
Molti secoli più tardi, dopo la grande guerra, Pola ne avrebbe chiesto invano il ritorno: il leone è rimasto a Genova, che ospita anche altri analoghi bottini, dai protomi del XIII secolo murati a Palazzo San Giorgio provenienti dal palazzo veneziano di Costantinopoli, al leone di Palazzo Giustiniani preso a Trieste, sempre nel fatidico 1380, durante la guerra di Chioggia. Ma torniamo al «nostro» leone, che continua a reggere fiero il suo libro nonostante l'arto mancante. Anche altre parti hanno sofferto lo scorrere del tempo e a vederlo così, qualcuno sussurra, sembra più una pecorella. La chiesa dove è collocato è davvero una perla: eretta dall'arcivescovo Ugone Della Volta nel 1173 per volere del popolo, nel XIV secolo avrebbe avuto come rettore Giovanni da Carignano, primo cartografo genovese noto. Dalla metà del '400 fino al '700 ampliamenti e restauri ne avrebbero mutato, come spesso avviene, la fisionomia mentre si arricchiva di opere d'arte. Scoprirla oggi è una vera sorpresa: dal Porto, dove nel 2003 si è riaperto il passaggio alla chiesa, si scorge il suo campanile, ma su Via del Molo è intrecciata al tessuto urbano, essendo sormontata da abitazioni. Proprio il leone, murato all'esterno in corrispondenza della navata sinistra, ne dichiara la presenza.
Dispiace allora che proprio lui sia stato dimenticato: la chiesa, che dopo la guerra è stata riportata in parte al suo assetto romanico, negli ultimi dieci anni ha conosciuto un meraviglioso restauro. Ora è aperta al pubblico nei giorni feriali dalle 16 alle 18, il venerdì e il sabato anche dalle 10 alle 11.30, la domenica dalle 10.30 alle 12.30 con messa alle 11. Dopo il consolidamento di volte e muri tutti gli altari e i dipinti sono stati riportati all'antico splendore: ogni opera testimonia lo stretto legame con il quartiere e quindi con i naviganti e le compagnie. Scopriamo infatti il «Martirio di Santa Barbara» di Fiasella commissionato dagli Artiglieri nel 1620, un'Assunta del laboratorio del Maragliano voluta da Giacomo Rocca dei Fonditori nel 1736, le «Nozze mistiche di Santa Caterina d'Alessandria» di Orazio De Ferrari e, ancora, un gruppo marmoreo dello Schiaffino, dono dei Calafati, e un Sant'Erasmo, patrono dei marinai, dipinto dal Giolfi tra le tante opere presenti.
Vorremmo scrivere che anche il nostro leone non «dimostra» i suoi secoli ma non è così: se il tempo ha un indubbio fascino i suoi segni, quando minacciosi, nessuno. Le iscrizioni si presentano scure e una è scarsamente leggibile mentre il leone è stato forse oggetto di una pulitura.

Basterebbe un riparo da clima e atmosfera poco clementi per assicurargli altrettanti secoli di vita e bellezza, portando così a giusto compimento anche l'esterno di questa chiesa, con le sue opere tanto ammirate e questo leone un po' dimenticato.

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