Non bastava buttare giù le statue di personaggi storici, censurare l'architettura razionalista e le opere d'arte del periodo coloniale, ora la cultura woke alza l'asticella e mette nel mirino la Cappella Sistina. Il capolavoro di Michelangelo viene così ridefinito la «Cappella Sistina razzista», ci sarebbe da ridere se non fosse che l'accusa arriva da una scrittrice di bestseller americana e docente alla Washington University. Robin DiAngelo, autrice del libro White Fragility. Why it's so hard for white people to talk about racism, intervenendo in un podcast ha definito «suprematista bianca» la rappresentazione di Dio che crea l'uomo raffigurata da Michelangelo. Come se non bastasse ha poi aggiunto che l'iconico dipinto «La creazione di Adamo» è «la singola immagine che uso per catturare il concetto di supremazia bianca». Nel suo delirio la DiAngelo ha poi ripetutamente sbagliato a identificare l'Adamo dell'Antico Testamento come Davide affermando: «Dio è bianco, Davide è bianco e gli angeli sono bianchi: questa è la perfetta convergenza della supremazia bianca e del patriarcato». Nel mondo visto con le lenti distorte dell'ideologia woke, anche un capolavoro dell'arte realizzato più di cinquecento anni fa diventa espressione del «suprematismo bianco». Il fatto che alla DiAngelo non sia venuto in mente che a un artista del XVI secolo non passasse per l'anticamera del cervello una lettura razziale mentre dipingeva l'immagine di Dio e del David è significativo del livello di ideologia raggiunto nel mondo liberal americano.
Accusare un artista di razzismo è l'anticamera del passaggio successivo: chiedere di censurare le sue opere. Ci manca solo che da qualche università americana arrivi la proposta di passare una mano di vernice sulla Cappella Sistina.
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