Ascolti flop e polemiche. Ora la tv generalista deve drizzare le antenne

Lo share "piange" non solo in Rai ma pure a La7 e sul Nove di Amadeus. Si è ristretta la platea...

Ascolti flop e polemiche. Ora la tv generalista deve drizzare le antenne
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Insomma è una collezione di flop. L'inizio della stagione tv ha inanellato un'importante quantità di dati negativi che hanno tanti livelli di lettura, qualcuno condiviso da tutti, altri meno, ma comunque concordi nei toni preoccupati. Tanto per capirci, e se ne è parlato molto, su Raidue l'ex Iena Antonino Monteleone con L'Altra Italia è sceso sotto l'1 per cento di share, per l'esattezza lo 0,99% con 169mila spettatori, che sono numeri di per sé drammatici. E l'altro giorno, sempre su Raidue, la prima puntata di Se mi lasci non vale di Luca Barbareschi ha incassato solo l'1,8% di share con appena 321mila telepettatori. Anche Peter Gomez su Raitre ha floppato e pure Binario 2, ovviamente su Raidue, non va oltre 100mila spettatori con il 2,3% di share.

Ma non c'è solo la Rai, tutte le reti principali hanno le stesse ferite, anche se forse nel complesso Mediaset è quella che tiene meglio botta. Il caso di flop più eclatante è naturalmente quello di Chissà chi è con Amadeus che, sul Nove, nelle ultime settimane è rimasto stabilmente sotto il 4%. Ieri Amadeus ha ammesso che «c'è da capire se è il caso di continuare a quell'ora. Bisogna essere pragmatici, non ti puoi intestardire». Quello di Amadeus è un caso limite che lui riassume così: «Secondo un'indagine l'Italia è il Paese meno abituato a usare il telecomando per spostarsi da un canale all'altro». Sarà senz'altro così, ma il quadro è decisamente più ampio. Il punto di partenza è che la tv generalista è sempre più in crisi. Alla fine del 2023, la fascia di ascolti del «giorno medio» era scesa del 10,4% rispetto ai primi nove mesi del 2019. Una flessione importante. In sostanza si è «ristretta la torta» come dice chi osserva quotidianamente l'evoluzione della televisione. A fronte della riduzione del bacino di ascolti, anche i dati percentuali devono essere «tarati» in base alla nuova realtà. Ci sono programmi che anni fa furono definiti «flop» e magari pure spostati o interrotti ma che oggi sarebbe conservati, e forse persino elogiati, per la quantità di ascolti. Tutto cambia, ma niente si distrugge. E la tv in realtà non è meno centrale di prima, anzi. Sono cambiate le modalità di fruizione, sempre per usare il linguaggio degli esperti. E non è soltanto una questione di «streaming», ossia di utilizzo dei contenuti televisivi (sport, serie, documentari) perché, sempre a fine 2023, i principali operatori avevano subito una contrazione dei contatti, fatta eccezione per Now di Comcast/Sky.

La tv generalista resta comunque centrale perché è comunque la scintilla che ingenera tanti altri contenuti, chiamati personali, che vengono spezzettati, frantumati, separati e poi rovesciati sui social, specialmente TikTok e Instagram. In poche parole, il punto di partenza è il «contenuto tv», quasi sempre generalista, ma il punto di arrivo è un social network che accoglie il «prodotto finale», ossia il contenuto rivisto, personalizzato, adattato, commentato, stravolto, interpretato. Sono i temutissimi (ma anche sognatissimi) «meme» che diventano virali nella rete ma partono comunque dalla televisione.

In questo discorso rientra anche la sempre maggiore assenza degli under 30 davanti al piccolo schermo, compensata in parte dalla fruizione degli stessi contenuti sui social in forma talvolta anche personalizzata. Quindi, al netto di alcune eccezioni, restano la rilevanza e l'autorevolezza ma calano gli spettatori primi, quelli che seguono l'evento per intero alla sua prima apparizione. Non rientrano in questo discorso i grandi eventi come le partite di calcio, le serate di Sanremo, e poi Amici e i «talent varietà». Non a caso si parla di «eventizzazione» della tv generalista che, specialmente nelle prime serate, mira a fidelizzare lo spettatore e a diventare detonatore di contenuti social che, piano piano, moltiplicano, spesso decuplicano o di più, la diffusione del programma e la sua partecipazione al dibattito pubblico.

Per farla breve, è un po' - mutatis mutandis - quanto anni fa ha iniziato ad accadere alla stampa quotidiana, che registra regolarmente un segno meno davanti alle vendite.

Però, a occhio e croce, la tv generalista ha maggiori margini di adattamento ed è quindi chiamata a «drizzare le antenne» e, probabilmente, anche a un maggior coraggio nella sfida sempre più fondamentale: la ricerca di contenuti in grado di soddisfare una platea, appunto, generalista, ma anche dal punto di vista anagrafico.

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