Asini o secchioni. E c’è chi ha solo la terza media

da Roma

Asini o secchioni. La disputa, mai sopita, sul grado di istruzione dei politici italiani l’ha riaccesa un paio di giorni fa il leader del Pd, Walter Veltroni. Accusando senza troppi giri di parole, il ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, portabandiera della meritocrazia, di essere andata a fare l’esame da avvocato a Reggio Calabria dove la percentuale di promossi era maggiore rispetto alla Lombardia. Un fatto che la Gelmini non nega ma, brandendo il proprio curriculum di studi, liceo, laurea e abilitazione per l’avvocatura, chiede all’ex sindaco di Roma di non dare lezioni. Perché? Semplice, la «colpa» di Veltroni è avere tra le mani solo un diploma preso all’Istituto professionale di Stato per la cinematografia di Roma.
Sta di fatto che nell’intero Parlamento, il livello di «istruzione» è tutt’altro che omogeneo. Non solo. Negli anni ’50 e ’60, quando il livello d'istruzione del Paese era assai meno elevato, rispetto ad oggi, la percentuale dei laureati tra coloro che sedevano tra gli scranni di Camera e Senato era significativamente più alta. Il dato numerico racconta che si è passati dal 90 per cento di laureati degli anni dal 1948 in poi, a poco più del 60 per cento di oggi, includendo nel computo anche le lauree triennali. Ma andiamo avanti.
Ben prima della ministra azzurra, era stato lo stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, a ricordare la scarsità dei laureati tra i suoi «oppositori». Il Cavaliere la laurea invece la prese, nel 1961 in Giurisprudenza all’Università Statale di Milano con tesi sul contratto di pubblicità per inserzione. Cosa nota a chi frequenta villa San Martino ad Arcore dove, su una parete, è appeso il ritaglio de La Notte che riporta la vittoria della sua tesi al premio Motta.
L’Università è la stessa, la facoltà pure, gli anni diversi. È il 1978 quando il senatore Antonio Di Pietro conclude gli studi con una tesi su L’attuazione della Costituzione, poi pubblicata con una prefazione del presidente emerito, Francesco Cossiga, che in seguito però la ritirò. Una laurea che Silvio Berlusconi, con probabile ironia, diceva fosse stata raggiunta grazie all’aiuto dei Servizi. Scherzo o no, la questione è finita in tribunale, visto che Di Pietro, alla fine del maggio di quest’anno, ha querelato il capo del governo. Tra coloro che invece la laurea non l’hanno mai presa (non valgono quelle ad honorem) senza farne particolare mistero, c’è l’ex presidente della Camera, Fausto Bertinotti, felice del suo diploma di perito tecnico. Rimanendo più o meno nella stessa area politica, a fargli compagnia c’è Armando Cossutta, che invece ha conseguito la maturità classica, come fece negli anni a venire un altro sindaco di Roma, predecessore di Veltroni, Francesco Rutelli, che preferì il latino e il greco alla esatta freddezza dei numeri. Anche l’ex verde Ermete Realacci, oggi Pd, e il presidente dei Senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, furono vinti dalla bellezza dei classici, all’opposto del ministro per le Infrastrutture, Altero Matteoli che, un po’ zoppicante, si diplomò in ragioneria. Più recente è invece il titolo della collega dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, che dopo il liceo linguistico scelse di non studiare per diventare, però, a 23 anni, presidente dei giovani industriali di Siracusa. Massimo D’Alema invece non ha mai discusso la tesi alla Normale di Pisa, così è tra i diplomati anche lui, insieme al sindaco di Bologna, Sergio Cofferati (perito meccanico), al governatore della Campania, Antonio Bassolino (scientifico), all’ex ministro An delle Comunicazioni, Mario Landolfi (maturità classica) come, dall’altra parte, l’ex collega della Salute nel Governo Prodi, Livia Turco. Il leader della Lega, Umberto Bossi, diplomato alla scuola Radio Elettra, per aver mentito, due volte, (la prima subito dopo il matrimonio), sulla laurea mai presa fu lasciato addirittura dalla moglie. Ma è nutrita la schiera dei laureati. La parte del leone la fa Giurisprudenza, specie in Fi, con Gianni Letta, Claudio Scajola, Antonio Marzano, Mara Carfagna, Marcello Dell’Utri, Gaetano Pecorella e il presidente del Senato, Renato Schifani, solo per dirne alcuni. E a sinistra, Oliviero Diliberto, anche docente, come Arturo Parisi, Enzo Bianco, Franco Bassanini e l’ex ministro Pecoraro Scanio. Il presidente della Camera, Fini, è psicologo, mentre Giovanna Melandri la laurea ce l’ha in Economia e Commercio, ed Enrico Letta, come il sindaco di Milano, Letizia Moratti e il sottosegretario Giovanardi, è dottore in Scienze politiche.

E se sono ricchissimi i curricula accademici di Romano Prodi e Rocco Buttiglione, i sindacalisti Ottaviano del Turco e Savino Pezzotta si sono fermati alla terza media. Anche se, dice Pezzotta, «io non ho mai smesso di leggere e studiare».

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