Assicurazioni e banche frenano Piazza Affari

Marcello Zacché

da Milano

Puntuali, determinati e consapevoli, gli investitori hanno ieri colpito duro in Piazza Affari: a una decina di giorni dalle elezioni politiche molti hanno venduto i titoli che più si sono apprezzati in questi mesi, mettendosi così al sicuro da ogni eventuale incertezza di risultato. Perché la Borsa non tifa né per Prodi, né per Berlusconi. Ma di certo vede il pareggio, sinonimo di ingovernabilità, come la propria cajenna.
L’indice S&P Mib ha ceduto poco più dello 0,7%, ma una panoramica su alcuni dei principali titoli dell’indice svela andamenti ben più pesanti, con molti assicurativi «feriti» del 3-4%, bancari idem, e utilities sotto del 2 per cento. In altre parole si sono fermati il comparto più esaltato in questi mesi, quello del risiko bancario, e quelli più sensibile alle tensioni sui tassi d’interesse (ieri è stata la Fed a rialzare dello 0,25%), quali telefonici ed energia.
Infatti non c’è solo la questione elettorale dietro allo storno di ieri: il rialzo dei tassi ha causato l’intonazione negativa di tutti i mercati europei. Ma Milano è andata peggio perché qui si è creata una situazione potenzialmente più instabile: con il listino ai massimi da tre anni a questa parte, che qualche giorno fa aveva sfiorato il 10% di performance solo da inizio anno, molti investitori hanno pensato bene di uscire adesso perché, con il rebus elettorale alle porte, non c’è momento migliore. Si portano a casa simpatiche plusvalenze e per rientrare c’è sempre tempo. Anche perché, vendendo in questi giorni, si ha una certezza granitica: che le plusvalenze realizzate vengano tassate con il regime corrente, del 12,5%. Un modo per non pensare più al problema della riforma che la sinistra ha in mente per Piazza Affari. Un fenomeno che, secondo qualche operatore, «potrebbe avere una suo peso, anche se finora è stato marginale». Sta di fatto che quello di ieri è stato il quinto ribasso consecutivo, che ha quasi dimezzato il balzo dei questo scorcio di 2006.
A far scattare le pressioni negative è poi stato sufficiente che alcuni gruppi, quali Alleanza, Banca Popolare di Milano e Sai Fondiaria, abbiano fornito al mercato bilanci in linea con le attese: essendo ormai diffusa l’aspettativa di risultati record, basta che questi siano semplicemente «normali» per giustificare vendite pesanti.
Così Alleanza ha chiuso in calo del 4,9% (a 9,9 euro), con la sua controllante, le Generali, in negativo per l’1,2%.

Il gruppo Bipiemme ha chiuso il 2005 con un utile netto a 259 milioni, più del doppio del 2004, ma non ha impedito al titolo di chiudere la giornata con un -3,5% a 9,8 euro. Utile netto consolidato di 586,4 milioni per il gruppo FonSai, in crescita del 31,8% rispetto al dato 2004. E Borsa spietata anche in questo caso, con un segno negativo 4% a quota 32,3.
marcello.zacche@ilgiornale.it

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