Buoni pasto, sono un diritto del lavatore anche in ferie: cosa dice la Cassazione

L'ordinanza 25840/2024 della Corte di Cassazione potrebbe cambiare molte cosa. Ecco cosa potrebbe accadere

Buoni pasto, sono un diritto del lavatore anche in ferie: cosa dice la Cassazione
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Il dipendente ha diritto di ricevere i buoni pasto anche durante le ferie: questo, in sostanza, il contenuto della sentenza 25840/2024 emessa dalla Corte di Cassazione, in grado di rivoluzionare le consuetudini del mondo del lavoro. Prima di questa ordinanza, infatti, l'erogazione dei ticket si interrompeva nel periodo in cui i lavoratori si trovavano in vacanza: da oggi in poi, dopo la decisione degli Ermellini, le cose potrebbero cambiare in modo radicale, aprendo le porte a dei ricorsi.

Il motivo principale per cui si può a tutti gli effetti parlare di una vera e propria rivluzione è che i buoni pasto sono sempre rimasti esclusi dalla retribuzione feriale tra le voci che compaiono nelle buste paga, in quanto non considerati come elementi retributivi ordinari. Seguendo questo tipo di considerazione, quindi, i ticket erano stati finora erogati esclusivamente ai dipendenti in servizio e non a quelli in ferie. Basandoci su ciò che ha disposto recentemente la Cassazione, al contrario, i buoni pasto possono essere considerati come parte effettiva della retribuzione, e in quanto tali spettano di diritto anche ai lavoratori in vacanza.

Gli Ermellini sono in realtà intevenuti in terzo grado di giudizio per pronunciarsi su un caso specifico, per cui resta da capire se, come accaduto in alte circostanze, questa ordinanza possa essere considerata come un precedente da applicare anche ad altri lavoratori.

La decisione della Cassazione non è una novità assoluta, in quanto ruota attorno alla direttiva 2003/88/CE della Corte di Giustizia Europea, nella quale si difende il diritto alle ferie del lavoratore, impedendo che esso gli sia negato né che possano essere messi in atto dei comportamenti tali da indurlo a rinunciarvi. In quest'ottica si inserisce la questione dei ticket, dato che anche la retribuzione deve essere identica per il dipendente in servizio e per quello in ferie.

Il lavoratore in vacanza, a differenza di quanto accadrebbe se fosse in servizio, è costretto a rinunciare a beneficiare dell'erogazione dei buoni pasto, finora considerati elementi accessori. Qui sta la novità della Cassazione, che ha allargato il campo della direttiva della Corte di Giustizia Europea estendendola anche ai ticket: considerato il loro valore economico (mediamente 6,75 euro cadauno), anche dover rinunciare ad essi è stato considerato un motivo valido per indurre il lavoratore a rinunciare alle ferie. Ipotizzando 24 giorni di ferie, mediamente la perdita sarebbe di circa 162 euro ogni anno, per cui in un rapporto di lavoro pluriennale questa "perdita" lieviterebbe in modo esponenziale (potenzialmente una media di 1620 euro in 10 anni).

Ecco perché, anche se al momento si tratta

di una sentenza mirata, questa decisione della Cassazione potrebbe aprire le porte a una serie di ricorsi da parte di dipendenti che si siano venuti a trovare in situazioni simili al caso preso in esame.

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