Che male fa una madre che allatta?

Può essere esposto solo quello che è condiviso da tutti? Una maniera strana questa qui di concepire la democrazia

Che male fa una madre che allatta?

Gentile Direttore Feltri,
una commissione di esperti del Comune di Milano, deputata alla valutazione riguardo la posa di opere d'arte in spazi pubblici, ha dato parere negativo circa la proposta di collocare una statua, che simboleggia e celebra la maternità, in una piazza del centro, in quanto potrebbe essere offensiva. Chi o cosa può mai offendere il monumento di una donna che tiene in braccio un bambino?
Siamo giunti al paradosso e alla follia.
Dove arriveremo continuando di questo passo?
Nico Gentili
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Caro Nico,
più che un gruppo di esperti d'arte, a me pare un club di censori, una sorta di polizia morale chiamata a compiere valutazioni prettamente etiche sulla base della loro ideologia. Infatti la motivazione addotta da tale commissione di sedicenti e pseudo esperti è davvero bizzarra. La statua non rappresenterebbe, stando al giudizio di costoro, valori condivisibili da tutti i cittadini. Dunque può essere esposto solo quello che è condiviso da tutti? Una maniera strana questa qui di concepire la democrazia. Ma, soprattutto, chi stabilisce che la maternità non sia un valore sentito da tutti i milanesi, i quali del resto sono tutti nati dal ventre materno, non dagli alieni né sono stati raccolti da sotto un cavolo o consegnati dalla cicogna?

Ti confesso che questa notizia mi ha lasciato alquanto stupito e mi ha indotto a riflettere su un fenomeno che forse stiamo sottovalutando: la mania del politicamente corretto si è spinta oltre i limiti dell'eccesso e minaccia di intaccare e sovvertire i nostri valori, diffondendo il convincimento che essi siano insultanti, quindi sbagliati, ossia da censurare e rinnegare o almeno da nascondere. Eppure si tratta di valori universali, che appartengono all'umanità, come appunto quello della maternità, il quale non è affatto legato ad un fattore culturale o ideologico né tantomeno sessuale. Insomma, lo ribadisco, mi risulta che ciascuno di noi sia nato da una donna, che ciascuno di noi sia germogliato all'interno di un grembo femminile, che ciascuno di noi abbia avuto una madre che lo ha generato e partorito. Chi può dunque dirsi insolentito o ferito o denigrato o urtato alla vista di una statua che ritrae questa tipologia di legame primordiale, ossia quello tra madre e figlio?

Trovo che la statua in bronzo che i figli dell'artista Vera Omodeo hanno donato al capoluogo meneghino affinché venisse collocata in piazza Duse (e che forse il sindaco Sala, su proposta del giornalista Enrico Mentana, sistemerà nei giardini della clinica Mangiagalli) al di là del pregio artistico e della bellezza, susciti in ognuno emozioni e sentimenti positivi, in particolare, di tenerezza. Non si tratta di qualcosa che oltraggia il decoro, la sensibilità, la dignità, il pensiero o il credo di chicchessia. Simbolo di Roma è la lupa che allatta Romolo e Remo, cosa che non ha mai leso o indignato nessuno. Perché mai dovrebbe ora creare scandalo o essere divisiva la rappresentazione di una donna che allatta il suo bambino, cioè dell'amore materno? Mi sforzo di comprendere, eppure non ci riesco. La commissione che ha bocciato l'opera è la medesima che ha approvato l'esposizione in città, in occasione della settimana del mobile, di opere dal dubbio gusto, se non addirittura mostruose, come quella che deturpa attualmente la facciata della stazione centrale. Insomma, la statua della mamma con il neonato è offensiva, mentre determinate brutture conferiscono prestigio alla metropoli.

L'arte dovrebbe essere libera, sì, un campo libero, dove a regnare dovrebbe essere la libertà di espressione. Tuttavia stiamo facendo di tutto per trasformarla in un campo di battaglia di tipo ideologico, applicando sistematicamente la censura nei confronti di tutto ciò che non rispetta canoni e dettami del conformismo del pensiero. Da qui anche la proposta malsana di escludere dalla Biennale di Venezia gli artisti israeliani, ritenuti colpevoli non si sa di cosa, puniti non si sa per quale crimine da questi commesso, forse per essere ebrei.

È la decadenza di una civiltà.

Stai pure certo, caro Nico, che se al posto di una mamma che allatta ci fosse stato un uomo che allatta, ecco che la statua sarebbe stata esibita in pienissimo centro, lodata, osannata, difesa quale simbolo di inclusione, contro l'omofobia. Tutto quello che è contro natura oggigiorno è reputato sintomo di progresso morale, civile e culturale. Quello, invece, che rispetta la natura è bollato come discriminante. Ed è questo il motivo per il quale può accadere una cosa come quella che è avvenuta a Milano: che una scultura meravigliosa e dolce, una madre che stringe al cuore il neonato e contestualmente lo nutre, sia considerata oscena, contraria alla morale, capace di urtare la sensibilità dell'osservatore che pure, chiunque sia, è venuto al mondo passando attraverso il corpo di una donna. Eppure, nell'epoca della maternità surrogata, dell'utero in affitto, di genitore 1 e genitore 2, di sesso neutro, di cultura gender, di annullamento dei generi, di liquidità sessuale, desta scalpore ed è messa al bando la normalità. Ci è severamente vietato di essere normali.

Anzi, addirittura l'aggettivo «normale», ossia «secondo la norma», cioè abituale, comune, frequente, prevalente, è stato proibito, tanto che c'è persino chi è stato ingiustamente perseguito per averlo adoperato pur senza coltivare alcun intento oltraggiante.

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