"Una storia infinita, una contesa inesauribile di ambito nazionale che si ridesta ad ogni occasione con rinnovata animosità". Le parole dello storico contemporaneo Gabriele Ranzato in riferimento al dibattito sull'attentato di via Rasella appaiono oggi attualissime. Lo dimostrano le indignate strumentalizzazioni di sinistra sorte dopo le recenti affermazioni del presidente del Senato Ignazio La Russa, che aveva definito l'azione gappista del 23 marzo 1944 "una pagina tutt'altro che nobile della Resistenza". Avendo condannato fermamente l'eccidio delle Fosse Ardeatine solo pochi giorni prima, l'esponente politico non era certo sospettabile di revisionismo, eppure dall'area progressista è partita l'ondata di indignazione.
Via Rasella e il "dibattito autocritico" di sinistra
"Parole indecenti, inaccettabili per il ruolo che ricopre", ha tuonato Elly Schlein. E il deputato dem Emanuele Fiano ha invitato il Pd a chiedere le dimissioni di La Russa. Nell'estenuante rimpallo delle polemiche destinato probabilmente a durare qualche giorno, nessuno ha avuto però la lucidità di riconoscere che sull'attentato di via Rasella il dibattito non è certo recente e che anche la stessa sinistra si era già più volte infiammata sull'argomento. L'unico a ricordare la questione con apprezzabile onestà intellettuale è stato, a caldo, Federico Rampini. Chiamato a commentare la polemica di giornata, il giornalista su La7 ha osservato: "È noto che dopo l'attentato di via Rasella si aprì un dibattito autocritico dentro la Resistenza italiana e molti ritenevano che l'attentato di via Rasella fosse stato un grave errore. E dopo ci furono anche dei cambiamenti di strategia dei partigiani".
"Glorioso attacco", "Atto non ponderato"
"Il dibattito sull''errore' di via Rasella è un dibattito antico che aveva una sua legittimità anche tra i comunisti italiani. Però ormai non è più di moda discutere la storia studiandola, bisogna usarla come una clava contro l'avversario politico", ha commentato ancora Rampini. Chi si straccia le vesti, soprattutto a sinistra, dovrebbe le annose controversie disputatesi sull'episodio. Le divergenze iniziarono pochi anni dopo l'accaduto: nel 1948, L'Unità parlava dell'azione partigiana come del "glorioso attacco", mentre la rivista Capitolium, pubblicazione ufficiale del Comune di Roma, nel quinto anniversario dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, pubblicò un articolo nel quale l'azione gappista veniva descritta come "un atto precipitoso e avventato", "non ponderato" e dettato da giovanile impulsività.
La critica dello storico antifascista
Dieci anni dopo l'attentato di via Rasella, nel 1954, la rivista dei gesuiti Civiltà Cattolica contestò l'attribuzione ai gappisti della qualifica di "eroi", rispondendo di fatto a un articolo che Giorgio Amendola scrisse su L'Unità. Lo storico Mario Vinciguerra, antifascista perseguitato dal regime, in un articolo su Il Messaggero criticò l'attentato scrivendo che "se fosse stato considerato obiettivamente, sul filo di un ragionamento sereno, sarebbe stato scartato, poiché, con la città in pieno possesso del nemico e del tutto isolata dal resto del Paese era destinato a rinchiudersi in sé stesso dopo una feroce rappresaglia, senza la eventualità di un concatenamento con le sparse azioni partigiane dell'Italia media".
Quando Pannella accostò via Rasella al brigatismo
Il dibattito sull'argomento non mancava dunque anche tra le personalità vicine alla sinistra, arrivando talvolta ad assumere toni particolarmente accesi e divisivi. Il 31 marzo 1979, ad esempio, il leader radicale Marco Pannella durante il 21º congresso del suo partito paragonò l'azione gappista di via Rasella al terrorismo brigatista. Quell'accostamento provocò scandalo, al punto che il partigiano Giorgio Amendola definì quel discorso "fascista".
In tempi più recenti, nel 1991, l'ex deputato socialista ed ex azionista Vittorio Foa, considerato uno dei padri fondatori della Repubblica italiana, ammise in una sua autobiografia: "Su via Rasella dalla nostra parte non si è parlato e non si parla. È un tabù. Io stesso ne sono coinvolto: adesso è la prima volta che ne parlo".Le recenti polemiche non sono un caso isolato: quella pagina di Storia sembra destinata a dividere. Chissà per quanto ancora.
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