Caro Roberto,
per me di veramente inquietante c'è che le gonne siano divenuti indumenti alla moda per gli uomini, come spesso mi capita di appurare guardando le immagini di alcune sfilate. Insomma, a meno che non si abiti in Scozia, un uomo con la sottana, i gingilli al vento e le gambe pelose che spuntano da sotto le balze non dovrebbe vedersi in giro. Personalmente anche il semplice immaginarlo mi fa venire la pelle d'oca. Il problema è che oggi come non mai abbiamo fatto anche della moda qualcosa di ideologico, deponendo il buongusto, annientando lo stile, abdicando a classe ed eleganza. Predominano sciatteria e bruttezza sia nel guardaroba maschile che in quello femminile. Anzi, chiamarlo «guardaroba» è generoso, io direi di ribattezzarlo con l'espressione «deposito dei rifiuti». Vi si trovano jeans strappati, straccetti che a malapena coprono le zone erogene e gli anfratti più intimi del corpo umano, tessuti di scarsa qualità, soprattutto sintetici, altamente infiammabili e odorosi di plastica.
Le femministe, le quali ritengono che l'emancipazione risieda nel capo di abbigliamento, ossia nei pantaloni, considerati maschili, hanno forse le idee alquanto confuse e sono le stesse signore che hanno fatto della battaglia per le declinazioni al femminile una questione essenziale del femminismo medesimo. Oggi la donna che indossa la gonna dovrebbe dunque essere considerata «non emancipata», eppure negli anni Sessanta fu la minigonna a diventare simbolo della liberazione femminile e della insofferenza e ribellione a certe regole sociali e morali. Io credo che libertà è vestire una gonna, corta o lunga che sia, senza essere per questo giudicate quali nostalgiche del patriarcato o di una femminilità tradizionale e incompatibile con la parità dei diritti. Una donna deve potere scegliere gli abiti che predilige e con i quali si sente più sicura e a proprio agio senza il pericolo di incorrere in giudizi, critiche ed etichettature. Davvero il neo femminismo è ormai emblema di superficialità, addirittura di stupidità, si tratta di una corsa all'affermazione non delle libertà ma dei pensieri più sciocchi e banali che possano essere partoriti. Una signora può essere padrona di se stessa pure se porta la gonna, proprio come ella può essere sottomessa e dipendente nonostante indossi i calzoni.
E perché seguitare a insistere con questa narrazione del terrore, ossia quella in base alla quale in Italia sia in atto una recrudescenza del fascismo e del razzismo e anche del maschilismo? È totalmente falso.
Che la scelta della gonna non sia sintomo di una mentalità di assoggettamento e soggezione della femmina rispetto al maschio lo prova anche mia zia Narcisa, la donna più libera ed emancipata che io abbia mai conosciuto, e lo fu in un'epoca in cui alle ragazze erano precluse parecchie possibilità. Zia Narcisa usava la gonna, aveva uno stile molto rigoroso, che ammiravo per la sua estrema eleganza spartana, eppure fu preside di una scuola, non si sposò mai per mantenere intatta la sua libertà e fece nella vita tutto quello che le pareva e piaceva.
Zia Narcisa avrebbe riso se avesse conosciuto e udito le schizofrenie di questo femminismo moderno, le sarebbe venuta la pelle d'oca davanti alla storpiatura di certi sostantivi e alla sua gonna non avrebbe mai rinunciato allo scopo di adeguarsi ad un modello femminista di facciata, che misura la libertà di una donna in base a quello che ella ha messo nell'armadio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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