"Perché diavolo non la fai te?". Inghe Morat, la prima fotografa della Magnum

Austriaca, classe 1923, Inge Morath seppe scalfire il maschilismo dominante negli anni Cinquanta aprendo una strada inedita

"Perché diavolo non la fai te?". Inghe Morat, la prima fotografa della Magnum
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Scivola per le calli sedotta dal fascino antico di quella città che pare infinitamente galleggiare. Stringe il marito sottobraccio, costeggiando il dedalo di canali. Venezia racconta un mondo che non credeva possibile. Guadagna il primo telefono pubblico. Dall’altro capo il fondatore della Magnum, Robert Capa, risponde sicuro: “Perché diavolo non la fai te, una fotografia?”. L’anno è il 1951. La vita di Inge Morath svolta qui.

Gli inizi come traduttrice e scrittrice

Graz è il punto di partenza, ma la destinazione avrà il perimetro del mondo intero. Inge nasce qui, quando scocca il 1923. La sua sete di conoscenza la conduce ben presto altrove. La prima tappa è Berlino, il posto giusto per imparare una quantità di lingue straniere e per mettersi a lavorare come traduttrice per la rivista “Heute”, che aveva sede a Monaco.

Morath si destreggia con disinvoltura con le parole. Diventa rapidamente redattrice e giornalista. È un primo flirt destinato a durare nel tempo: tiene un diario per tutto il corso della vita, appuntando successi, picchi di felicità e inscansabili delusioni.

Quel buon amico di Hernst Haas

Inge è un concentrato di talento e dedizione. Sviluppa una feconda amicizia con il fotografo Hernst Haas, iniziando così a prendere contatto con un arnese - la macchina fotografica - che si infila dentro la sua vita come un sentimento carsico, per erompere grazie a quella botta di tempismo lagunare.

Inizialmente si occupa di scrivere testi d’accompagnamento agli scatti di Haas, ma intanto osserva, interiorizza, elabora una sua visione. La chiama, per un lavoro da redattrice, la Magnum di Robert Capa. Fino a qui la sua vita sarebbe già un racconto straordinario: una donna che si guadagna da vivere scrivendo nell’immediato dopoguerra. Nel suo destino però c’è inciso di più. Molto di più.

Da Venezia in poi: la prima fotografa della Magnum

Quel viaggio con il marito dell’epoca, Lionel Bruch, è la sliding door della sua esistenza. Inge porta sempre allacciata al collo la macchina fotografica Contax che le ha regalato la madre, ma fino a quel momento non l’ha mai usata. Anzi la semina spesso nei locali in cui si ferma e deve correre indietro sperando di ritrovarla. Ora di sicuro deve prenderci confidenza.

Compra un rullino e inizia ad aggirarsi per il reticolo veneziano. La Magnum le riferisce che per quell’incarico ha una settimana di tempo. Decisamente troppo poco. Alla fine, patteggerà un reportage lungo 3 mesi. “Prima di allora non avevo mai scattato fotografie: ne avevo viste moltissime, avevo avuto l’occasione di giudicarne alcune e avevo anche lavorato con dei fotografi”. Tutto mestiere che ora si rivela ossigeno.

Il maestro Bresson e l’inizio di un lunghissimo viaggio

I primi scatti di Morath fanno capitolare quelli della Magnum. Le danno un incarico ufficialmente - prima donna nella storia dell’agenzia – come fotografa. Inge comincia a spostarsi in giro per il mondo per i servizi che le vengono commissionati. Se ne va a Londra, dove porta a termine i primi incarichi autonomi. Fa la conoscenza – altra porta scorrevole che influenzerà tangibilmente il suo stile – di Henri Cartier Bresson, assistendolo direttamente.

Nel ’55 la fanno membro ufficiale dell’agenzia. Da qui in avanti la vita diventa la scaletta di un aereo: Europa, Nord Africa, Medio Oriente. Ovunque con un tratto inconfondibile: persone comuni, artisti, dive e anche paesaggi, sempre intrisi, in bianco e nero, di realismo e malinconica ironia.

Esposizione Morath e Magnum

Quel click con Arthur Miller, l’attrazione per l’Oriente, le celebrità

C’è un altro capitolo del percorso di Morath che segna un cambio di passo consistente. Inviata sul set del film “The Misfits” conosce il drammaturgo Arthur Miller e se ne invaghisce. Lo sposa nel 1962, trasferendosi con lui prima a New York, quindi nel Connecticut. Il matrimonio non frena il suo anelito da viaggiatrice. Anzi.

Nel ’65 vola per la prima volta in Unione Sovietica per catturarne lo spirito. La sirena che strilla di più nella sua testa è però quella cinese: dal suo costante viavai nel paese nascerà un libro fotografico esuberante, Chine Encounters. Ecclettica e ambiziosa, l’austriaca riesce a disimpegnarsi tra gli scatti di vita popolare e quelli più patinati. La sua macchina fotografica ritrae celebrità come Marylin Monroe, Pablo Picasso, Audrey Hepburn, Pierre Cardin e molti altri ancora.

Inge scompare a New York, la città che l'aveva

adottata, il 30 gennaio del 2022. Resterà però per sempre, in fondo agli occhi di coloro ai quali ha tramandato il suo lavoro, l'istantanea limpida di una donna che ha saputo togliere l’otturatore al suo talento.

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