- Molto bella la lettera di Elena Cecchettin, sorella di Giulia, inviata al Corriere della Sera. Ma sono un insieme di slogan, per lo più gli stessi lanciati in questi giorni sui social: lo “Stato patriarcale”, l’“omicidio di Stato”, il catcalling, Turetta che “non è un mostro” ma il “figlio sano di una società patriarcale” e della “cultura dello stupro”. Capisco il dolore. Ma continuo ad affermare che, se così fosse, a fronte di 30 milioni di maschi censiti in Italia (più o meno) dovremmo avere una milionata di stupri e femminicidi. Invece, per fortuna, non è così. Dati del Viminale: su 285 omicidi commessi nel 2023, 102 sono donne di cui 82 uccise in ambito familiare (53 per mano di partner ed ex partner). A questi vanno aggiunti (periodo gennaio-luglio) 12mila casi di maltrattamenti in famiglia, 3mila atti di violenza sessuale e 9mila atti persecutori (tutti dati in calo rispetto al 2022). Sono tanti? Sono pochi? Va fatta un’analisi seria aggiungendo pure i casi non denunciati. Non sto affermando che non sia un problema reale, di sicuro anche sociale, contesto tuttavia la generalizzazione. Filippo Turetta non rappresenta “i maschi” italiani come qualcuno vuol far credere: la responsabilità penale, come ricorda Mascheroni, è sempre personale. Non appartiene a un genere. Non è una colpa sociale.
- Tutti a parlare della necessità di educare i maschi al rispetto, all’affettività e all’amore. Già, ma come? Pensate davvero che a scuola si insegnino il predominio maschile e la violenza di genere? No. È colpa dell'assenza dell'educazione sessuale? Non credo, visto che i Paesi con più femminicidi sono molto avanti sull'argomento. Se vi sono lacune, stanno prevalentemente in famiglia e nel sistema educativo. Pensate davvero possa essere utile un’ora di sessuologia a scuola (che metà degli studenti sfrutterà per lanciarsi palline di carta) a risolvere il problema, quando i vostri figli cantano a squarciagola i testi violenti dei trapper di strada? La verità è che sarebbe forse il caso di smetterla con l’opera di smantellamento della famiglia. Sarebbe il caso di ri-cominciare e “educare” i bambini, maschi e femmine che siano, invece di coccolarli e disabituarli a ricevere un qualsiasi "no". Sarebbe ora di smetterla con le giustificazioni, con i giovani abbandonati a droghe e alcol, bombardati da messaggi violenti sin dalla tenera età.
- Se la “colpa” è del patriarcato e del genere maschile nella sua totalità, se - come dice Elena Cecchettin - “tutti gli uomini devono fare mea culpa”, se i maschi sono tutti “figli sani del patriarcato”, allora tra i colpevoli dovremmo metterci anche il papà di Giulia e quello di Filippo. Che invece stanno dimostrando un'enorme maturità nell’affrontare questa immane tragedia. Chapeau.
- Secondo il ministro Nordio, la presunta supremazia dell’uomo sulla donna sarebbe insita nel “codice genetico” dell’uomo che è “difficile da rimodulare”. Testualmente: "Solo negli ultimi decenni abbiamo preso atto della pari dignità di genere. Ma se la razionalità accetta questa situazione, il nostro codice genetico è difficile da rimodulare". In sostanza, nel dna di ognuno di noi ci sarebbe un qualche codice che ci rende espressione del patriarcato più abietto e dunque potenziali assassini. Non vi sembra di esagerare un tantino? Non tutti gli uomini considerano la donna un oggetto da sottomettere. Altrimenti dovremmo presumere che nella maggior parte delle famiglie odierne i mariti vessino le mogli. Fate un'analisi sommaria: i vostri vicini di casa sono tutti così?
- Leggo su Repubblica: “Gli uomini sono vittime del patriarcato almeno quanto noi. Noi donne veniamo sessualizzate sin da bambine. Loro invece sono costretti a uniformarsi alla figura del maschio forte sessualmente dominante, e a reprimere e a camuffare ogni forma di vulnerabilità e sofferenza emotiva. Il patriarcato promette ai maschi potere e successo e poi finisce per deluderli. Usando violenza vogliono dimostrare di essere ancora in grado di controllare il corpo di una donna”. Bellissimo e ben scritto. Ma devo essere venuto da Marte, perché tutte queste cose nella quotidianità non le vedo. Voi?
- Ribalto il ragionamento del pezzo di Arianna Farinelli su Repubblica e il suo modo di presentare i dati della Fondazione Libellula, secondo cui ci sarebbero altissime percentuali di maschietti col germoglio della violenza patriarcale. Quegli stessi dati potremmo leggerli così: “L’80% dei maschi non crede che il modo di vestirsi di una donna la renda co-responsabile di una violenza sessuale subita. Il 70% non crede che una donna rifiuti un uomo solo per farsi desiderare. Il 60% non crede che una donna possa tranquillamente sottrarsi a una violenza sessuale. Tre quarti dei giovani maschi ritiene sia una violenza imporre al partner cosa indossare. E due terzi considera sbagliato controllare il cellulare della fidanzata”. Questo per dire che disegnare il genere maschile come “interamente” colpevole di maschilismo e patriarcato è una banale generalizzazione ideologica e neppure supportata dai dati.
- In occasione delle manifestazioni per Giulia Cecchettin sono apparsi diversi cartelli. Uno mi ha colpito: “Se domani sono io, se domani non torno, sorellə distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultimə”. Avete notato? Un messaggio che nasce per combattere i femminicidi, cioè l’uomo che ammazza la donna, finisce con l’essere diluito nel fluidismo gender. Non ha senso. Se si denuncia la “violenza di genere”, cioè il patriarcato del maschio sulla donna, come si fa ad annullare il genere stesso tramite schwa? Non torna.
Giulia era una ragazza ed è stata uccisa da un ragazzo. Non era un ragazzə uccisa da un ragazzə. J.K. Rowling vi direbbe che in questa enorme confusione per abbattere i generi state facendo un torto alle donne stesse. Ma non ve ne rendete conto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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