Pesca una carta, muoviti in avanti di una casella. E attenzione agli imprevisti: il "maschilismo tossico" è sempre in agguato. La lotta al cosiddetto patriarcato è diventata un gioco da tavolo come il Monopoly e il Risiko. Un passatempo da condividere tra compagni di militanza. Nei circoli Arci e nelle associazioni Lgbt, la moda del momento si chiama Pink*, rigorosamente con l'asterisco in salsa woke. Si tratta di un gioco di "ambientazione e critica sociale" ideato da tre attiviste e rivolto a un pubblico dai sedici anni in su con l'obiettivo di sensibilizzare i partecipanti ai temi della disparità e delle disuguaglianze di genere. Il tutto, ovviamente secondo i canoni ultraprogressisti di chi vede il patriarcato ovunque. Anche dove non c'è.
Così, oltre a protestare in piazza a suon di slogan, le transfemministe hanno trovato il modo per far sentire la loro voce anche nel tempo libero. Il gioco si svolge su tre plance componibili, attraverso le indicazioni contenute in tre mazzi di carte che danno il ritmo alla partita. "Avrai a disposizione nove round per raccogliere tutte le risorse necessarie, ma a ogni turno troverai il patriarcato a ostacolarti", si legge nelle istruzioni di massima. Tra i personaggi immaginari che popolano il passatempo c'è ad esempio Margherita, che dice: "Il patriarcato mi ostacola perché ho meno di 25 anni e sono grassa". Rosa lamenta invece di essere "razzializzata" a motivo della sua pelle scura, mentre Alessia si sente discriminata perché non è etero e non ha figli.
Nel gioco anti-patriarcato sono poi previste alcune carte di "azione" che - viene spiegato - "rappresentano piccoli gesti, momenti di autodeterminazione e buone pratiche che possiamo mettere in campo tutti i giorni per decostruire le imposizioni della società patriarcale". Altre carte, invece, sono rappresentano "la voce della società patriarcale, talvolta violenta, talvolta paternalista o ignorante". Nel passatempo, uno dei temi principali è quello del sessismo, ma ci sono anche richiami alle seguenti istanze: "Abilismo, grassofobia, razzismo, ageismo, lesbofobia, bifobia, transfobia, stupro e violenza di genere".
Sinora il gioco è stato portato dalle ideatrici a Padova, Mantova, Parma, Livorno, Firenze, Aosta, Pisa, Roma, Genova, Modena, come documentano anche alcuni scatti sui social. Per carità, praticare un passatempo da tavolo è certamente meglio che andare in piazza a scandire slogan violenti ma l'idea di trasformare certe tematiche in un gioco rischia - per contro - di far precipitare queste ultime nella banalizzazione. In una delle carte mostrate sul sito, ad esempio, l'enunciato proposto ai partecipanti è il seguente: "Non mi sono fatta i peli e va benissimo così". Sono queste le frontiere del nuovo femminismo e della (giusta) emancipazione delle donne?
Alla vigilia dell'otto marzo,
le transfemministe si preparano a scendere il piazza per una manifestazione che unisce la lotta al patriarcato alle istanze pro-Gaza. Senza però condannare con altrettanta enfasi le violenze sulle donne perpetrate da Hamas. Che no, non sono frutto di un gioco immaginario.
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