Madonna della Candelora, una festa che illumina. E domani San Biagio benedice con le candele

Ognuno può essere "luminoso" a modo suo. Lo sperimentiamo in ambiti diversi: più che ciò che luccica, essenziale è ciò che illumina

Madonna della Candelora, una festa che illumina. E domani San Biagio benedice con le candele
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Uno dei motivi più subdoli che stanno alla base di tante storie che si ascoltano in confessionale - come specchio della realtà - è quello di essere attratti da ciò che luccica invece che da ciò che illumina. Molti per brillare ad ogni costo spengono la brillantezza di chi hanno accanto e oscurano le situazioni a proprio vantaggio. Chi invece illumina, è diverso. Sono passati 40 giorni dal Natale e la Chiesa celebra oggi il tema della luce in quella che tradizionalmente è chiamata la festa della «Madonna candelora», in realtà è la memoria della presentazione di Gesù al tempio. Il Vangelo narra di Maria e Giuseppe che, rispettando la legge di Israele, dopo 40 giorni vanno a ringraziare Dio per il dono del figlio. Per assonanza con questa antica tradizione, la festa religiosa è diventata anche laica come «giornata per la vita». A Gerusalemme incontrano due vecchi saggi, Simeone e Anna, che così pregano: «Ora, Signore, possiamo andarcene in pace perché i nostri occhi hanno visto la luce». La Madonna è colei che in braccio porta la luce (appunto è «candelora»). Lei e Giuseppe sono presentati come i custodi della luce, candele viventi che cercando di rimanere sempre accese consumandosi, come ogni genitore. Passano il bimbo, e simbolicamente la luce, ai due anziani «illuminati», testimoni della possibilità di «venire alla luce» in ogni età della vita, anche quando sembra ormai tutto giocato.

Ora tocca a noi: siamo chiamati sia ad essere portatori di luce come Maria e Giuseppe, sia a sentirci illuminati come Simeone e Anna. Ognuno può essere «luminoso» a modo suo. Lo sperimentiamo in ambiti diversi: più che ciò che luccica, essenziale è ciò che illumina. Qui si infila però una questione curiosa, come trappola. In latino «portatore di luce» si dice «lucifero». Ma come? Non è il nome del demonio? Si narra infatti che fosse l'angelo più brillante per bellezza e genio e che, tronfio, volendo fare a meno di Dio divenne «satàn/l'avversario» agendo come «diaballo/diavolo» cioè letteralmente «colui che separa, divide, corrompe, mette contro». Nell'Inferno della Divina Commedia Dante ne fa un ritratto efficace: «da mezzo 'l petto uscìa fuor de la ghiaccia». In Netflix si chiama Lucifer Morningstar, «stella del mattino»: un'ambiguità che usa le ombre e la non chiarezza a suo vantaggio. È il rischio comune di tanti che si ritengono «padreterni» e poi si ritrovano col cuore ghiacciato e con «il male di vivere». Nella serie tv però un raggio d'amore gli consegna una nuova percezione di sé. C'è da scegliere se essere portatori di luce che fanno star bene o Luciferi che fanno spegnere, sciupare, ghiacciare. Come?

Lo suggerisce un'altra festa tradizione che è unita alla Candelora e cioè la memoria di San Biagio (il 3 febbraio) con la benedizione della gola. Non è solo perché il santo Vescovo ha salvato un bambino soffocato da una lisca, altrimenti ogni santo del giorno avrebbe una parte del

corpo e le applicazioni diventerebbero alquanto bizzarre. Il rito ha una particolarità: è l'unica benedizione impartita con le candele. Dice quindi che è questione di luce. L'ombrosità fa mancare il fiato. La gola è un luogo simbolico per decidere se e come essere luminosi. Si è Luciferi e non portatori di luce se, come fiamme dalla gola, escono parole che oscurano, denigrano, rabbuiano, spengono, fanno neri di rabbia. È ben diverso dalla gola infiammata! Quanto invece una parola gentile può riaccendere. Si è Luciferi e non portatori di luce se ci si prende per la gola sbottando irosi, giudicando senza ascolto e senza pazienza. Quanto invece una carezza può riaccendere! Si è Luciferi e non portatori di luce se si attacca la giugulare con atteggiamenti possessivi, ossessivi, compulsivi, gelosi, invidiosi. Quanto invece un farsi accanto può riaccendere! Per laringiti, faringiti, tracheiti forse è meglio il farmacista del Santo.

Per la febbre che logora l'anima, per il demone che ghiaccia il cuore, per il soffocare chi e cosa ci va di traverso, la cura è rendersi conto che è una fortuna essere «illuminati»: è un dono che ci fanno gli altri e le situazioni. Serve invece coraggio per essere «luminosi»: è un regalo che ognuno può fare a se stesso, solo per scelta, non volendo ridursi a paccottiglia luccicante.

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