Resta avvolta nel mistero la morte di David Rossi, l’ex capo della comunicazione di Mps precipitato dalla finestra del suo ufficio, a Siena, la sera del 6 marzo 2016. La vicenda, senza dubbio drammatica, orbita attorno a una domanda: omicidio o suicidio?
"Non disponiamo di elementi tali da poter escludere, con massima certezza né l’una né l’altra possibilità. È tanto verosimile l’ipotesi del suicidio quanto ipotizzabile la possibilità di scenari alternativi", dice alla nostra redazione il criminologo Silvio Ciappi, uno degli esperti che fa parte della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte del manager.
Dottor Ciappi, nella maxi perizia dei Ros, Ris e RaCis, si parla di "gesto anticonservativo". Quali sono gli elementi a suffragio dell'ipotesi di suicidio?
"Per commettere un omicidio serve un movente e delle circostanze di luogo. Nel caso di David Rossi non sono state trovate tracce né di un ipotetico killer né altri segni riconducibili alla modalità di un circostanza di morte violenta. Per questo l’ipotesi del ‘gesto autoconservativo’ sembra verosimile. Tuttavia ciò non esclude eventuali scenari delittuosi".
Quali sono invece gli elementi a sostegno di un ipotetico omicidio?
"Stando agli atti relativi alle conclusioni medico legali, ci sono ferite non compatibili con la dinamica della caduta. Si tratta di alcuni ‘segni’ presenti sul volto di David Rossi che, nell’ipotesi di un omicidio, potrebbero essere riconducibili a una eventuale colluttazione tra la vittima e un ipotetico aggressore".
Partiamo dal primo scenario: l'ipotesi di un gesto volontario. David Rossi sarebbe rimasto aggrappato alla finestra prima di lasciarsi cadere nel vuoto. Secondo lei, perché lo avrebbe fatto?
"Nei casi di suicidio c’è quasi sempre un istinto vitale, un ultimo tentativo di tornare alla vita. E credo che, nel caso di Rossi, sia significativo il fatto che sia rimasto con il braccio destro verso la grondaia prima di precipitare".
Alle 19.02 Rossi telefona alla moglie, Antonella Tognazzi, per dirle che di lì a breve sarebbe rientrato a casa. Poi, verosimilmente prima delle 20.06 (quando il telefono ha squillato a vuoto per la prima volta), si sarebbe tolto la vita. È possibile si sia ucciso in così poco tempo?
"Un suicidio non si decide su due piedi. Si tratta di un processo ‘premeditato’, talvolta anche lungo. Ci sono dinamiche molto complesse di fondo che, come in questo caso, non possono essere spiegate attraverso la mera interpretazione di una telefonata o con una mail di richiesta d’aiuto".
Si riferisce alla mail "help"?
"Certo, anche anche a quella. Non sono decisioni che avvengono mediante un canale on-off. Probabilmente c’è stato un andirivieni di pensieri nella mente di Rossi prima di quel giorno".
Ci sono poi i bigliettini indirizzati alla moglie che chiama, come non è solito fare: "Toni". Come spiega la scelta di un registro inconsueto?
"Non mi sorprende. Anche questo è molto comune nelle dinamiche dei suicidi. Anzi: sta a indicare un cambio totale di prospettiva. Il fatto che abbia usato un tono così affettuoso e intimo, come non faceva di solito, potrebbe essere indicativo del fatto che qualcosa dentro di lui era cambiato".
David Rossi si sarebbe procurato volontariamente delle ferite superficiali sulle braccia nei giorni precedenti alla morte. In generale, l'autolesionismo può essere "l'anticamera" del suicidio?
"Sì, l’autolesionismo può essere uno dei segnali predittivi del suicidio. Ma vale anche il contrario: non per forza lo è. Talvolta la persona che si autoinfligge delle ferite, come nel caso di Rossi dei tagli superficiali, sta cercando di ritrovarsi, di trovare un contatto con la realtà attraverso il dolore procurato da una ferita reale, tangibile".
Passiamo al secondo scenario: l'omicidio. È attendibile l'ipotesi di una colluttazione precedente alla caduta?
"Potrebbe esserlo. Questo spiegherebbe senz’altro la presenza dei segni sul volto che, a quanto risulta agli atti, non sono compatibili con la dinamica della caduta".
Diamo per scontata la circostanza delittuosa. Ci sarebbe stato un killer e un movente. Da un punto di vista criminologico, quale potrebbe essere l’identikit dell’aggressore?
"Per certo un killer organizzato e lucido dal momento che non ha lasciato tracce del suo passaggio nella stanza di Rossi ed è stato in grado ‘mimetizzarsi’, ovvero di passare inosservato".
E l'ipotetico movente?
"Rossi ricopriva un incarico importante. Potrebbe darsi sia finito nel mirino di qualcuno che pensava potesse essere in possesso di qualche informazione rilevante. Ma ripeto, si tratta solo di ipotesi che, fino a oggi, non hanno trovato alcun riscontro oggettivo".
Dove e come bisogna cercare la verità?
"Credo che finora la Commissione abbia fatto un ottimo lavoro. Da criminologo, e quindi esulando dal contesto delle varie indagini, ritengo che bisogna considerare anche altre due ipotesi".
Cioè?
"Quella di una tragica fatalità: ha provato a suicidarsi per ‘mettere alla prova’ i propri limiti e poi è scivolato. Oppure che abbia ricevuto delle pressioni nei giorni precedenti alla tragedia, tali da destabilizzarlo e condurlo a un gesto estremo".
Quindi un’istigazione?
"Visto che non ci sono conclusioni definitive, non è da escludere alcuna ipotesi".
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