In gergo si chiama pistola fumante, smoking gun. L'inchiesta per falso ideologico aperta dalla Procura di Genova contro i pm che hanno indagato sulla strana morte del manager Mps David Rossi ruota intorno al primo sopralluogo non verbalizzato dei pm nell'ufficio di Rossi, prima dell'arrivo della Scientifica. E nei messaggi che l'uomo avrebbe lasciato prima di lanciarsi dalla finestra del suo ufficio alle 19.45 del sei marzo 2013 e cadere al suolo in modo anomalo, a candela, rimanendo agonizzante per diversi minuti. Sul suo corpo ci sono con una serie di ferite ed ecchimosi sul polso, sull'inguine, allo stomaco e al fegato incompatibili con la caduta.
È davanti ai parlamentari della commissione d'inchiesta che l'ex comandante provinciale dei carabinieri di Siena Pasquale Aglieco ha raccontato come Nicola Marini (oggi procuratore capo a Siena), Aldo Natalini e Antonino Nastasi avrebbero manipolato le prove. Oggi i tre saranno ascoltati da un loro collega nella caserma del nucleo di Polizia economico-finanziaria di Genova (che in passato aveva archiviato l'indagine) e dovranno rispondere del reato di falso ideologico per la «mancata verbalizzazione della perquisizione, con annessa ispezione informatica e sequestro», reato che si prescriverà a settembre 2025. I tre avrebbero spostato oggetti sulla scrivania, toccato mouse e computer, chiuso una finestra e frugato nel cestino poi rovesciato sulla scrivania (in cui c'erano pure fazzoletti sporchi di sangue, andati stranamente distrutti), senza indossare i guanti e prima dell'arrivo della Scientifica, avvenuto solo a mezzanotte inoltrata. Guardando i video e le foto «non ufficiali» scattate quasi due ore dopo la caduta e quelle «ufficiali» di qualche ora dopo si nota che la giacca di Rossi, piegata sulla spalliera, viene ricomposta sullo schienale. Le ante della libreria sono chiuse, nelle altre foto sono aperte.
Ma c'è una foto che potrebbe rappresentare plasticamente la manipolazione della scena del delitto. È quella dei tre presunti biglietti di addio di Rossi, che a detta degli inquirenti sarebbero stati ritrovato nel cestino ma che nelle foto ufficiali appaiono ricomposti tra le pagine di un libro. Lo dice l'agente della Scientifica Francesca Romano: «I magistrati che erano lì, avevano un libro su cui avevano ricomposto, nell'ispezione che avevano svolto precedentemente, tre lettere probabilmente scritte dal dottor Rossi che avevano rinvenuto all'interno del cestino stesso». Secondo la ricostruzione delle Iene andata in onda ieri sera, il libro che uno dei magistrati aveva sotto braccio è lo stesso che manca sul tavolo di vetro nelle foto della Scientifica. Nessuno ha visto quei bigliettini nel cestino. Ma nella richiesta di archiviazione firmata dai pubblici ministeri Natalini e Marini, quando si parla dei bigliettini, viene indicata una foto della Scientifica in cui non ci sono più. A dirlo al coraggioso ex parlamentare M5s Luca Migliorino, uno dei deputati più preparati che i grillini hanno candidato in posizione ineleggibile nonostante la messe di consensi è la stessa Romano. «Ha visto con i suoi occhi che quei biglietti furono presi dal cestino?», chiede Migliorino. «No». «E perché ha fatto una foto del cestino dall'alto?». Risposta: «Perché c'erano dei fazzolettini macchiati». Eppure i pm scrivono: «Venivano rinvenuti tre fogli manoscritti... alcuni dei quali strappati e gettati nel cestino (vedi fascicolo fotografico), indirizzati alla moglie e dal sicuro contenuto suicidario». La notizia dei messaggini diventerà virale alle 21.
55, ripresa per primo dal Fatto quotidiano in contemporanea al sopralluogo dei pm e da anni avvelena i pozzi della narrazione mainstream. Tanto che Siena escluderà altre ipotesi. Ai pm di Genova l'arduo compito di riscrivere la verità su quella notte.
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