È morto Paolo Spada, il chirurgo che regalava "Pillole di ottimismo" nel periodo del Covid

Se n'è andato dopo una lunga malattia il chirurgo Paolo Spada, diventato noto nel periodo del Covid per la sua rubrica social "Pillole di ottimismo". Un medico che amava il suo lavoro adorato da colleghi e pazienti che ora lo piangono

Il chirurgo Paolo Spada, in un'immagine tratta dal suo profilo Facebook
Il chirurgo Paolo Spada, in un'immagine tratta dal suo profilo Facebook
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È morto dopo una lunga malattia a soli 56 anni Paolo Spada chirurgo vascolare dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Milano), diventato celebre sui social durante gli anni più duri del Covid per la sua rubrica Pillole di ottimismo, in cui in controtendenza con molti medici dava una visione ottimista e lucida della pandemia, rifuggendo dal dire "andrà tutto bene" slogan molto di moda all'epoca, ma confortando le persone sulla forza della scienza senza creare allarmismi.

Il suo testamento in video

Un chirurgo come pochi, che amava profondamente il suo lavoro e non aveva esistato a diventare "paziente" una volta scoperta la sua malattia, raccontandolo la sua esperienza in una serie di video podcast di Humanitas dal titolo Nel segno della cura. Erano stati messi online solo quattro giorni fa una sorta di suo testamento vista la scomparsa di stanotte.

"L’idea di svegliarsi un giorno con una diagnosi terribile è l’incubo di ogni medico, un brutto sogno che ti cambia l’esistenza - raccontava nel podcast - A me è successo. Da anni convivo con una patologia seria, ma ne ho tratto un ulteriore insegnamento: in un percorso di vita che per tutti quanti è a termine, lungo o corto che sia, l’importante è dargli un significato e vivere appieno la propria esistenza".

La missione della sua vita

Tanti sono i messaggi importanti che Spada ha lasciato nel video podcast dove ha raccontato anche la sua passione per la corsa: "Quando ci si misura con il tempo, come nella maratona, si innesca una gara contro il proprio io, è avvincente cercare di arrivare al massimo delle proprie possibilità".

Ultimamente con l'aggravarsi della malattia non riusciva più a seguire i suoi pazienti, ma con grande spirito, ha continuto fino all'ultimo a fare divulgazione scientifica e a incontrare i giovani medici a cui raccomantava di: "buttarsi e osare, affrontare le proprie paure superando i limiti". E a chi voleva avvicinarsi al mestiere del medico, consigliava di iniziare facendo volontariato in ambulanza. "Un’opportunità unica -sosteneva -per acquisire competenze sanitarie, aiutare il prossimo e fare nuove amicizie".

Ascoltare chi sta male

Il suo era un amore profondo per la cura dei pazienti e per la medicina: "La missione della cura ci fa entrare in contatto ogni giorno con tante persone nel loro momento peggiore - le sue parole -. Non stanno andando ad acquistare una macchina, ma a curarsi. La comunicazione, nei confronti di chi sta male o di un suo familiare, è fondamentale: anche una parola di conforto può svoltare la giornata di un’altra persona".

O ancora: "Viviamo in un minuscolo pianeta inserito nell’universo, rappresentiamo un punto in una storia enorme in cui la nostra presenza non conta niente. Se noi capiamo di essere persone limitate e con una data di scadenza prossima non possiamo non essere coinvolti quando un paziente ci chiede soccorso. Questo è il significato della nostra esistenza".

Celebre nel periodo del Covid

Il medico era diventato noto sui social con la sua rubrica “Pillole di ottimismo” seguita da quasi 200mila persone, che forniva soprattutto rassicurazione, con la partecipazione anche di altri virogi. Sul gruppo venivano pubblicate slide che raccoglievano i dati ufficiali del virus, permettendo una lettura più semplice e immediata. Con il passare dei mesi, le slide erano aumentate e venivano modificate e integrate con nuovi dati, per avere un'idea globale dell’evoluzione della pandemia.

Tanti i messaggi di cordoglio

Amici, colleghi, pazienti lo ricordano come un professionista appassionato e stimato, ma anche un maratoneta, un'inventore, un musicista. Una persona eclettica dai mille interessi. Lavorava in Humanitas da 27 anni.

Tantissimi i messaggi di cordoglio alla famiglia giunti da ogni parte, a cominciare dai suoi social dove i follower lo hanno salutato con un semplice: "Grazie doc". Anche il presidente di Humanitas, Gianfelice Rocca e tutto l'ospedale hanno espresso grande vicinanza alla famiglia, alla moglie Barbara e ai figli.

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