Cara Slavka,
non posso che condividere il suo punto di vista, che mi risulta essere la prospettiva di una donna intelligente, riflessiva, responsabile, la quale evidentemente ha conosciuto sacrificio, sofferenza, impegno, disciplina e rinuncia senza attendersi che fossero gli altri a fare per lei servendole occasioni sul vassoio d'argento e lagnandosi allorché questo non avveniva. È soltanto attraverso questa responsabilizzazione personale che si cresce e si progredisce, acquisendo la consapevolezza che il fallimento fa parte del percorso e che non è irreversibile e che non bisogna puntare il dito contro qualcuno se qualcosa non funziona, bensì domandarci dove abbiamo sbagliato e cosa possiamo fare per migliorare o per sfruttare a nostro vantaggio quello che ci appare un danno o un problema.
Io ho iniziato facendo il fattorino, poi il commesso, poi l'apprendista, poi il vetrinista, nel frattempo lavavo le scale dei condomini ogni sabato mattina per guadagnare un po' di più e, per non farmi mancare nulla, di sera suonavo il pianoforte in un locale sul lago di Lecco. Nessuno mi ha fatto direttore dal niente. E anche i mestieri più modesti che ho svolto, pur essendo lontani dall'attività giornalistica, hanno contribuito ad affinare il mio animo e la mia penna. Nulla è stato inutile. Noi siamo il risultato di tutto quello che abbiamo fatto e non di quello che abbiamo subito, come vuole la mentalità contemporanea.
A me sembra che oggi si cerchino scuse per giustificare il proprio insuccesso o la stasi in cui si versa. È colpa ora dei genitori, ora dello Stato, ora della società che non offre opportunità, ora di questo e ora di quello. È una comunità di individui pigri e viziati che pretendono di arrivare senza lottare, di ricevere senza dare, di avere senza sudare. Tutti desiderano cominciare dall'alto ma non si può che partire dal basso, persino la fisica lo insegna. I lavori umili vengono snobbati, fare il cameriere per molti giovani è una vergogna, i più sognano di divenire influencer e guadagnare valanghe di quattrini divertendosi e gingillandosi. Abbiamo smesso di insegnare ai ragazzi che ogni traguardo deve essere conquistato e che, in fondo, la gioia esistenziale non può che derivare dallo sforzo compiuto nel perseguimento di un obiettivo. Ecco, io noto che a volte alle persone, giovani o adulte che siano, manchi uno scopo, ossia quel motivo che ti conduce a rimboccarti le maniche, come tu dici, e a darti da fare.
Per quanto riguarda la condizione femminile, a cui tu stessa accenni, mi rifiuto anche io di credere e sostenere che oggigiorno le donne siano vittime degli uomini o di un mondo maschilista che le ostacola e le limita. Una donna può arrivare dove vuole e senza il patrocinio di un maschio, di cui non ha assolutamente bisogno. Ed è fondamentale che le ragazze comprendano questa verità senza cadere nel pregiudizio dilagante che la loro realizzazione sia resa impossibile dal patriarcato, dal maschio tossico, dal sessismo dilagante, narrazione proposta con insistenza dalla sinistra. La vittimizzazione del genere femminile nuoce innanzitutto alle donne, eppure sembra che molte di loro traggano soddisfazione dal proporsi quali martiri di una società retrograda e maschilista. La prova che qualsiasi porta è aperta al genere femminile è il successo di Giorgia Meloni, prima donna premier la quale ha fondato un partito portandolo dal 4%, mentre nessuno credeva in lei e tutti la deridevano, ad affermarsi come il primo partito in Italia. Se in Italia fosse davvero in vigore il patriarcato, questo sarebbe stato possibile? Le donne comandano, ricoprono ruoli apicali all'interno delle istituzioni, incluse quelle chiave del Paese. Godono di stima, rispetto, considerazione, pure perché sono tendenzialmente più preparate degli uomini in ogni ambito professionale. È più alto il numero di laureate che di laureati. E come se non bastasse, le signore brillano maggiormente negli studi, ovvero il loro rendimento è superiore rispetto a quello dei signori. L'unico vero limite che soffoca le donne impedendo loro di spiccare il volo è la loro propensione, attualmente imperante, di farsi vittime, appunto, delegando così a qualcun altro la responsabilità del loro destino, destino di cui sono le uniche padrone. È una maniera altresì di sottovalutarsi, di rinunciare alla dignità, di dipendere.
È ora di cambiare, che le ragazze credano di più in loro stesse.
Grazie, cara Slavka.
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