
Onlydown. Ragazze che vanno in palestra affette da sindrome di down che spopolano su Tik Tok e Instagram, tutto bene, mostrano come anche persone con disabilità conducano una vita normale, no? No. Perché l’impennata è dovuta a altro. In Italia ha dedicato un video al fenomeno Matteo Flora, che ha segnalato l’account di Maria Dopari, ragazza con trisomia 21, modella, che vende contenuti per adulti su Onlyfans.
Piccolo particolare: la suddetta non è affetta dalla sindrome di down, anzi non esiste. Sono filmati rubati da altre modelle e influencer e modificate con l’AI, in altri termini deepfake. Commenta Matteo Flora, che non è certo un detrattore dell’AI, visto che sul suo canale Youtube Ciao, internet!, e su Instagram con @lastknight, e anche per il Tgcom24, parla ogni giorno di TechPolicy e delle ultime novità: «Non lo so, quando pensi di averle viste tutte con l’AI arriva qualcosa che ti fa cambiare idea, e mai in meglio».
Siccome, intendiamoci: se fossero davvero persone (maggiorenni) con la sindrome di down per quanto mi riguarda possono fare quello che vogliono, però qui siamo all’appropriazione di contenuti altrui sommata alla feticizzazione della disabilità. Inutile chiedersi chi è interessato a quei contenuti: se c’è una domanda, c’è un’offerta. Bisogna vedere quanto lecita o meno, e qui stiamo parlando di social come Tik Tok e Instagram, utilizzati da chiunque, e da molti minorenni. Considerate che l’account Instagram della down fake Maria Dopari è stato rimosso quando aveva già 150mila follower, idem su Tik Tok, ma lì è stato appena ricreato. Ne togli uno, e ne spuntano altri dieci, perché, dicono, controllare è difficile. Sul serio? Possibile che non si possa usare l’AI per controllare contenuti generati con l’AI? O per scovare, altro caso, dove vengono sfruttati bambini?
Mi riferisco al business del disagio sui bambini in condizioni di povertà usati per chiedere soldi in live su Tik Tok, inchiesta che è partita dal The Observer. Bambini in Afghanistan, Pakistan, Siria, Kenya, costretti a esibirsi in stunt umilianti, e challenge come restare senza dormire il più tempo possibile, picchiarsi da soli, e altre cose del genere, all’interno di una rete di sfruttamento organizzata (spesso sono nella stessa location, strano no?). L’Onu l’ha definita “predazione digitale”, Save the Children chiede azioni immediate, non si sa neppure chi riceva effettivamente i soldi, ma una cosa si sa: Tik Tok prende una grossa commissione su ogni “regalo”.
Quanto grossa? Fino al settanta percento. Questo spiega molto. Non è un vuoto di controllo, l’algoritmo è complice, perché è un modello di business, e in questo modello l’indignazione e le contromisure (spesso finte) arrivano dopo il guadagno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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