Il pelo di Carola Rackete fa pena, Vannacci come Salis e Biden: quindi, oggi...

Quindi, oggi...: il clamoroso video di Biden, l'ira di Meloni con l'Ue e l'inchiesta di Fanpage

Il pelo di Carola Rackete fa pena, Vannacci come Salis e Biden: quindi, oggi...

- C’è qualcosa che non vi dicono, sulla video inchiesta di Fanpage su Gioventù Nazionale, i giovani di Fratelli d’Italia e le scemenze antisemite che si sono scambiati in chat. Ed è l’ipocrisia di chi da un lato difende “la privacy” delle borseggiatrici e dall’altra plaude all’inchiesta giornalistica che si infiltra in un partito politico e, un po’ come avvenuto nella precedente indagine, fa in sostanza da agente provocatore. Forse non ricordate, ma nel marzo di un anno fa esplose una polemica a causa di un post di una consigliera Pd milanese che invocava la privacy per le borseggiatrici nel metro. “Quest'abitudine di filmare persone sorprese a rubare sui mezzi Atm e di diffondere i video su pagine Instagram con centinaia di migliaia di follower è violenza, ed è molto preoccupante - diceva - La smettano, sia quelli che realizzano i video, sia chi gestisce i canali Instagram che li rendono virali, di spacciare la loro violenza per senso civico”. Lo stesso, più o meno, è avvenuto in questi giorni a “Il Cicalone”, youtuber che si occupa di denunciare furti a Roma ed è finito nel mirino della Cgil. Sono tutti comportamenti discutibili. Su cui possiamo aprire un dibattito infinito. Ma fa sorridere che chi protegge la privacy delle borseggiatrici non si ponga almeno il dubbio se sia giusto o meno (lecito lo è di sicuro) infiltrare i partiti politici per filmarne le riunioni private.

- Bisognerebbe leggere l’editoriale di Thomas Friedman non tanto per le sue lacrime di fronte alla tv o per la richiesta a Joe Biden di dimettersi dopo la catastrofe di stanotte. Ma per l’obiettività (si fa per dire) della sua analisi: Joe viene definito come “una brava persona e un bravo presidente”; Donald come “un uomo malvagio e un uomo meschino”. Per carità, era un commento. Ma questa visione della realtà pare un tantino tagliata col coltello.

- Stereotipi a parte, l’analisi di Friedman è corretta. Magari Biden sarebbe anche di nuovo un ottimo presidente, ma “il tempo ha avuto ragione su di lui”. “La sua famiglia e il suo staff dovevano saperlo - dice Friedman - Erano asserragliati da giorni a Camp David per preparare questo cruciale dibattito. Se quello che abbiamo visto è il massimo che sono riusciti a ricavare da lui, è tempo che Joe conservi la dignità che merita e abbandoni la scena al termine del suo mandato”. Inutile negarlo: non tutti arrivano a 80 anni in forma; pochissimi a quell’età sono in grado di guidare il più grande impero del mondo. I dem devono prenderne atto e convincerlo a mollare la presa.

- Domanda cruciale: ma se Biden è così evidentemente incapace di guidare il Paese per i prossimi quattro anni, tanto da aver provocato "pena" anche nei suoi alleati, non sarà allora il caso che si dimetta subito? Perché da qui a gennaio del 2025 (quando ci sarà il vero passaggio di consegno con l'eventuale sostituto) mancano sei lunghissimi mesi in cui il commander in chief che biascica le parole e pare rintronato potrebbe fare non pochi disastri. In Ucraina, Israele, Iran e via dicendo.

- A dire il vero, dalla Casa Bianca sostengono che Biden non farà passi indietro. E può esserci una motivazione. Forse tre. Primo: i dem non credono di poter trovare in così pochi mesi un candidato unitario da contrapporre a Trump. Secondo: ritengono Joe l’unico in grado di sconfiggere The Donald e magari l’idea è quella di vincere le elezioni per poi costringerlo a un passo indietro ex post, facendo governare di fatto il vicepresidente. Terzo: chi volete che sia il folle politico democratico che accetterebbe di bruciarsi in un'elezione che ormai sembra persa in partenza?

- Non ha ottenuto lo spazio che meriterebbe l’intervista del Corriere della Sera al filosofo Finkielkraut, nato a Parigi da una famiglia di origini ebraiche. Cosa dice? Quello che vi raccontavamo ieri, ovvero che molti ebrei francesi stanno seriamente pensando di votare Le Pen per contrastare quelli che considerano i veri antisemiti: i candidati del Fronte Popolare guidato da Mélenchon. “Quanto all’antisemitismo, ormai è chiaro che in Francia è legato all’islamo-gauchismo”, un odio verso gli ebrei importato dagli immigrati e che la sinistra coltiva “come un bacino elettorale”. Per questo, se mai dovesse arrivarsi al ballottaggio nel suo collegio, sceglierebbe il Rassemblement National. E questa è una dichiarazione clamorosa.

- Se il pesce puzza dalla testa, come sostiene Fittipaldi in merito a FdI e Giorgia Meloni, cosa dovremmo dire di Avs quando Ilaria Salis rivendica con orgoglio odiose attività illegali?

- Roberto Vannacci sarebbe indagato per falso. È uno scandalo? No. Ma ci sono due cosette che bisogna sottolineare. Primo: per l’ennesima volta si ripete in Italia l’orripilante teatrino che fa finire i fascicoli d’inchiesta sui giornali prima ancora che i soggetti interessati, in questo caso il generale, ne siano a conoscenza. Un modus operandi indegno in un paese civile che si mette a fare le prediche al sistema giudiziario ungherese. Secondo: anche se fosse davvero indagato, l’onorevole dovrebbe poter dormire su due guanciali. È vero: l’immunità parlamentare europea segue due canali, e paradossalmente Ilaria è più protetta di Roberto perché ha commesso (o non commesso) il presunto reato in uno Stato estero. Gli eurodeputati, infatti, non possono essere sottoposti a detenzione o processi in un altro Stato membro; mentre in Italia vige la normale immunità del parlamento nazionale (decisamente più blanda). Tuttavia, se hanno fatto un can-can simile per la Salis, figuratevi se gli editorialisti e AVS non chiederanno pari trattamento per il collega eurodeputato leghista. Libera Salis, libero Vannacci. O la presunzione d’innocenza vale solo se sei di sinistra?

- Si può dire, o è body shaming, che il pelo esibito di Carola Rackete fa un tantino pena? Il commento migliore, come al solito, arriva dal web: il soprannome Carola Moquette è perfetto. Ma qui occorre fare anche una piccola riflessione. Nessuno obbliga chicchessia a curare la propria immagine, e chi scrive non può certo dare lezioni di stile. Ma un minimo di contegno ci vuole. Ed è soprattutto l’ostentazione a sorprendere. Molte donne, quando non hanno voglia, evitano di depilarsi. Ma normalmente indossano i pantaloni lunghi. È retrogrado? No. Uno “stereotipo imposto dalla società consumistica e modaiola”, come dice qualcuno? Neppure. Fa parte della nostra cultura occidentale, figlia di un lungo percorso verso il bello. Il caro vecchio "senso comune".

Rivendicare di non farvi parte sarà sicuramente un atto politico, certamente è legittimo. Ma siamo autorizzati a criticarlo. E a considerarlo obbrobrioso.

- Sghignazza qualcuno sui social: “Questa ha evitato il carcere per un pelo!”, “Se la vede Lotito la compra“. Meraviglioso.

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