
Il rischio di una guerra commerciale globale innescata dai dazi di Donald Trump continua a tenere l'America e il mondo con il fiato sospeso. E se Bruxelles attende segnali dal presidente americano nella speranza di evitare una rappresaglia, con Pechino è battaglia aperta. Se gli Usa dovessero ignorare «gli interessi di entrambi i Paesi e della comunità internazionale e insistere nell'iniziare una guerra tariffaria, combatteremo fino alla fine», assicura il portavoce del ministero degli Esteri del Dragone Lin Jian, affermando che se Washington vuole parlare, deve mostrare «rispetto». Mentre dal ministero del Commercio precisano che Pechino non accetterà mai la «natura ricattatoria» degli Stati Uniti. La Casa Bianca, per tutta risposta, conferma che da oggi i dazi contro la Cina saliranno al 104% (il 50% minacciato da Trump martedì contro la rappresaglia del gigante asiatico si va ad aggiungere al 34% annunciato a inizio mese, più il 25% di tariffe già in vigore).
«La Cina vuole l'accordo sui dazi, ma non sa come farlo partire. Aspetto la loro telefonata», dice comunque The Donald su Truth, dopo aver riferito di un colloquio con il presidente eletto della Corea del Sud. Il segretario al Tesoro Scott Bessent, intanto, spiega a Cnbc che Pechino ha commesso un «grosso errore» e sta giocando «una mano perdente» annunciando le tariffe di ritorsione contro Washington. Mentre sui negoziati con i circa 70 Paesi che hanno contattato l'amministrazione per avviare le trattative, spiega, «tutto è sul tavolo». Secondo le fonti di Politico è stato proprio Bessent a volare in Florida domenica per convincere il comandante in capo a modificare la narrativa sui dazi, focalizzando il messaggio sulla possibilità di raggiungere accordi commerciali favorevoli al fine di evitare rischiare un ulteriore crollo del mercato azionario. Secondo la ricostruzione Bessent, che è atterrato con il presidente alla Casa Bianca sul Marine One domenica sera, ha detto a Trump che le Borse sarebbero rimaste in pericolo a meno che non avesse iniziato a porre maggiore enfasi sulla conclusione di accordi con altri Paesi. Ufficialmente la portavoce di Pennsylvania Avenue Karoline Leavitt dice che «non c'è stata una evoluzione» nella strategia del tycoon, ma conferma che verranno negoziati «accordi su misura» con ogni nazione.
Guardando al Vecchio Continente, Trump rilancia l'accusa che «l'Ue è stata creata per danneggiare gli Usa» sul fronte commerciale, e ora «dovrà comprare energia da noi, il commercio deve essere equo e reciproco». A suo parere, l'Europa dovrà impegnarsi ad acquistare 350 miliardi di dollari di energia americana per ottenere una sospensione dei dazi, e l'offerta di Bruxelles di tariffe zero per zero su auto e beni industriali non è sufficiente.
Sul fronte interno, i funzionari dell'amministrazione stanno discutendo la creazione di un nuovo credito d'imposta per gli esportatori, riconoscendo implicitamente il danno che le politiche sui dazi rischiano di infliggere alle aziende statunitensi. Il rimborso - spiega Bloomberg - verrebbe emesso alla fine dell'anno e servirebbe a compensare gli effetti delle tariffe di ritorsione alle aziende americane che vendono i loro beni sui mercati esteri. Il credito, che richiederebbe l'approvazione del Congresso, potrebbe essere applicato anche alle aziende che esportano servizi all'estero, ma sembra che in generale l'idea abbia diviso il team economico del presidente. E per ora, né Trump né Bessent sarebbero stati formalmente informati sul piano. Intanto i repubblicani al Senato esortano il rappresentante per il commercio Usa Jamieson Greer a negoziare accordi con i leader mondiali in un'udienza a Capitol Hill, auspicando che la guerra economica abbia una fine.
Il numero uno della commissione Finanze Mike Crapo ha aperto l'udienza incalzando Greer sull'obiettivo dell'amministrazione per le sue ampie «tariffe reciproche», dicendo di sperare che sia quello di espandere il commercio e aprire i mercati per gli esportatori Usa.
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