Rotta balcanica, spunta il filone cinese: sgominata una banda di passeur

La rotta balcanica è attraversata anche da cinesi, con un maxi-traffico di esseri umani che dal Paese del dragone arriva fino a qui. "Fenomeno non nuovo che ora sembra ripartito. Fondamentali i controlli"

Rotta balcanica, spunta il filone cinese: sgominata una banda di passeur
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Non solo afghani, pakistani, siriani, bengalesi. La rotta balcanica è attraversata anche da cinesi, con un maxi-traffico di esseri umani che dal Paese del dragone arriva fino a qui. E si irradia poi in Europa. Due distinte operazioni portate a termine a Trieste dalle forze dell'ordine hanno consentito di ricostruire e di stroncare veri e propri fenomeni criminali legati al favoreggiamento dell'immigrazione irregolare. Diciassette gli arresti complessivi, dei quali nove nei confronti di presunti trafficanti di nazionalità cinese. L'indagine Chinese Shuttles, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia giuliana e condotta dalla polizia di frontiera di Trieste, ha accertato l'esistenza di un flusso di cittadini cinesi che venivano fatti arrivare in aereo in Paesi come la Serbia, dove entravano in esenzione di visto, per poi essere accompagnati in auto attraverso Bosnia, Croazia e Slovenia, fino in Italia.

Secondo quanto riferito dagli inquirenti, la banda di passeur e di trafficanti aveva stabilito la propria base logistica a Cazzago, in provincia di Venezia, da dove i migranti - privati del passaporto - venivano condotti alle destinazioni finali in Italia o all'estero, ridotti di fatto a una condizione di schiavitù. Tra il materiale raccolto durante le indagini ci sarebbero anche centinaia di fotografie che ritraggono numerose donne cinesi, immortalate nude e con un passaporto: un particolare crudo e inquietante su quella che gli investigatori considerano una vera e propria tratta criminale. Durante la perquisizione condotta all'interno della "base" di Cazzago sono stati rinvenuti circa 10 mila euro in contanti, frutto con ogni probabilità dell'attività illegale, oltre a 86 passaporti e carte d'identità di cui 54 palesemente contraffatti. Diciotto, inoltre, i veicoli posti sotto sequestro.

Gli stranieri irregolari complessivamente individuati nel corso delle attività investigative ammontano a 77, tra questi anche molte donne ed alcuni minori, tra i 15 ed i 18 anni. Il primo arresto di un cittadino cinese coinvolto nel traffico di connazionali è stato effettuato a un valico di frontiera lo scorso 4 aprile, nell'ambito dei controlli conseguenti alla sospensione del regime di Schengen. "È la conferma che gli accertamenti servono. I colleghi hanno condotto un'ottima operazione", commenta Lorenzo Tamaro, segretario provinciale del Sap a Trieste, senza però apparire stupito sugli esiti dell'indagine. "Quello dell'immigrazione cinese attraverso la rotta balcanica non è un fenomeno nuovo, per chi conosce questo territorio. Già nei primi anni 2000 venne sgominata una grossa organizzazione criminale a capo della quale c'era una donna cinese", ricorda il poliziotto, citando al riguardo il caso del trafficante croato Loncaric e della moglie cinese.

"Prima c'erano organizzazioni criminali più grosse, ora sono relativamente più piccole e ognuna si occupa della propria etnia", racconta ancora Tamaro, spiegando come quello dei traffici dalla Cina attraverso la rotta balcanica sia in realtà un problema noto alle forze dell'ordine. "Queste rotte, ciclicamente, vedono momenti più fiorenti per un'etnia piuttosto che per un'altra. Nel corso degli anni, ad esempio, abbiamo visto grandi ondate di bengalesi e di singalesi. Ora sembrano aumentare i cinesi", dice. Già in passato, l'immigrazione dal Paese del dragone aveva seguito un percorso abbastanza codificato, in concomitanza con la comparsa - sul territorio italiano e nelle zone di frontiera - di negozi, ristoranti, sartorie, bar e dentri massaggi gestiti da cinesi.

Secondo quanto emerso dalla più recente inchiesta, diretta dal pm Federico Frezza, i traffici intercettati alla confine si inserivano in rotte illegali più ampie che vedevano nel nostro Paese uno dei punti di approdo.

Dalle indagini è emersa l'esistenza di un'organizzazione di vertice unica, che progettava un flusso di ingressi continuo e invisibile, celato sotto la copertura di insospettabili cittadini asiatici, ben vestiti, con limitati bagagli, che viaggiavano su auto potenti e costose condotte da cittadini cinesi da anni residenti in Italia e che si esprimono in perfetto italiano.

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