Scontro Pechino-Cia sul Covid 19: "Fuga da laboratorio Wuhan? Improbabile"

La Cina risponde all'Agenzia Usa che ha annunciato un gruppo di lavoro per conoscere l'origine del virus che ha contagiato 800 milioni di persone, uccidendone 7 milioni

Scontro Pechino-Cia sul Covid 19: "Fuga da laboratorio Wuhan? Improbabile"

"Probabile". "No, improbabile". Nei giorni scorsi la Cia ha cambiato idea sull’origine del Covid, rendendo nuovamente plausibile l’idea che il virus sua sfuggito dal Wuhan Institute of Virology e non sia stato un naturale "spillover" dagli animali all’uomo. Il nuovo direttore dell’Agenzia John Ratcliffe ha assicurato che valutare le origini del Covid sia "una priorità".
Oggi è arrivata la reazione stizzita di Pechino: "Sulla base di visite sul campo nei laboratori interessati a Wuhan l’ipotesi della fuga di un virus è estremamente improbabile". È questa la conclusione di un gruppo di esperti cinesi e dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), - da cui Trump ha annunciato di voler uscire - un parere rafforzato dalla portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Mao Ning: "Più probabile un’origine naturale", un contagio dai pipistrelli originari della Cina meridionale o dal famigerato pangolino".

A cinque anni dallo scoppio della pandemia che ha messo sotto scacco il pianeta e causato, secondo l’Oms, quasi 800 milioni di contagi nel mondo e 7 milioni di morti, a Wuhan, dove vivono più di 11 milioni di persone, la vita è ripresa da tempo. Il 23 gennaio 2020, con la diffusione del virus allora sconosciuto, Wuhan si era isolata per 76 giorni, inaugurando l’era zero-Covid della Cina, con rigidi controlli sanitari e di viaggio e prefigurando la crisi globale che stava per arrivare. Lo scorso dicembre, l’Oms ha chiesto nuovamente a Pechino trasparenza in merito alla sequenza genetica dei primi casi rintracciati nel mercato di Huanan a Wuhan e al lavoro svolto nei laboratori della città.

Secondo il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus, senza dati completi «tutte le ipotesi restano vaghe», compresa quella della fuoriuscita accidentale dal laboratorio, che resta per l’Oms l’ipotesi meno probabile. Il mercato di Huanan, dove si vendevano animali da mangiare come fagiani o serpenti oggi è strettamente sorvegliato da guardie di sicurezza. I due edifici che lo componevano, separati da una strada, sono chiusi da cinque anni. Celebrato come simbolo della lotta della città contro il virus, è vuoto anche l’ospedale Huoshenshan, costruito in pochi giorni mentre i casi di Covid-19 aumentavano.

Eppure il virus non sarebbe mai stato identificato negli animali o nei campioni animali provenienti dal mercato, «né abbiamo trovato animali che abbiano infettato gli esseri umani», ha affermato lo scorso anno Maria Van Kherkove, responsabile tecnica per la lotta alla pandemia dell’Oms. Quindi? È chiaro che il Covid ha messo in grave imbarazzo la Cina nel mondo, Pechino sostiene da cinque anni di aver «sostenuto attivamente la ricerca globale» sul Coronavirus e che gli esperti inviati Oms siano andati «ovunque volessero».

Quando il ministro della Salute Roberto Speranza pubblicò il libro Perché guariremo subito ritirato) a pagina 28 si poteva leggere: "Il 31 dicembre - scriveva l’ex ministro - le autorità (della Cina, ndr) hanno segnalato all’Oms molti casi di una malattia che somiglia alla polmonite, nella provincia di Wuhan". Ma subito l’esponente Leu aggiunge: «Era tutto il mese che si rincorrevano le voci su nuovi focolai virali in quella provincia e che consultavo le notizie con più attenzione del solito, vagliando quelle provenienti da Oriente». Ma notizie su focolai virali prima del 31 dicembre nessuno le ha mai trovate.

Tanto è vero che Taiwan chiude le frontiere solo quando capta la prima voce di un focolaio di polmonite a Wuhan. Secondo Fabrizio Gatti, autore del libro L’infinito errore "l’indagine (farsa) Cina-Oms che certifica l’esistenza di più focolai attivi già a inizio dicembre a Wuhan e in Hubei (quindi con contagi a metà novembre) è di qualche settimane dopo". Non si è mai capito da dove il ministro avesse avuto queste informazioni. "Il 7 novembre avevo ospitato a Roma il ministro della Salute del governo cinese, Ma Xiaowei. Avevamo sottoscritto un accordo tra i due servizi sanitari (...) Non mi era sembrato che nutrisse particolari preoccupazioni sul suo Paese". Per quale ragione il 7 novembre il ministro cinese doveva essere preoccupato nessuno l’ha mai chiesto a Speranza.

Come ricorda Edoardo Montolli nel suo libro Wuhan pubblicato da Il Giornale «quando il 24 febbraio venne diffuso il primo studio dei medici cinesi sul Coronavirus, elaborato con l’ausilio di scienziati internazionali di molti altri Paesi (Link) a Wuhan, culla del focolaio, il tasso di mortalità era già del 5,8%», come se la sua diffusione fosse iniziata mesi prima. Dello stesso parere è il virologo Francesco Palù, oggi a capo dell’Aifa, che in un’intervista al Giornale (Link) disse: «Non si può dire che sia un virus artificiale e non si può escludere che non lo sia. Se i cinesi collaborassero potremmo saperne di più, ma dai virologi di Wuhan non sono arrivate informazioni sui Coronavirus del pipistrello che in quel laboratorio erano da tempo studiati e tenuti in coltura. Certo è che questo virus, che discende da un virus del pipistrello per il 96% del suo genoma, ha acquisito delle sequenze affatto peculiari che lo hanno reso adatto ad infettare l’uomo che è ora diventato il suo ospite naturale.

Tale acquisizione sembra essersi verificata in un unico evento, e le sequenze neo-acquisite non hanno subito modificazioni nonostante Sars-Cov2 abbia infettato milioni di persone al mondo. Il virus è oggi così umanizzato da non essere più in grado di infettare le cellule di pipistrello». Come se da un pipistrello non fosse mai passato...

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