Adesso forse si spiega il nervosismo di Giorgia Meloni, quando l'anno scorso rese pubblico di sentirsi spiata da apparati più o meno deviati dello Stato. Ieri uno scoop del Domani rivela quanto la presidente del Consiglio probabilmente aveva appreso proprio in quelle settimane: uno degli uomini più vicini alla Meloni, il suo capo di gabinetto Gaetano Caputi, era stato preso di mira dall'Aisi, i servizi segreti interni, che per tre volte tra il gennaio e il settembre 2023 avevano effettuato accessi sul suo nome in una delle banche dati più complete e delicate del paese, Punto Fisco, a cui si possono rivolgere solo entità dello Stato e solo con una qualifica medio alta.
A effettuare gli accessi furono tre 007 in forza al servizio intercettazioni preventive dell'Aisi, guidato allora dal vicedirettore del servizio Giuseppe Del Deo. È proprio Del Deo a commissionare gli accessi. E questo aiuta forse a capire la successiva caduta della stella Del Deo, che da candidato governativo alla guida dell'Aisi viene nell'aprile scorso bruscamente scavalcato da Bruno Valensise e allontanato dall'attività operativa, dirottato come «vice» al Dis, l'organismo di coordinamento dei servizi segreti. Né si può escludere che le dimissioni «spontanee» di Elisabetta Belloni dalla guida del Dis alla fine dello scorso anno siano figlie anche di questa vicenda.
Le spiate sull'alto funzionario di Palazzo Chigi sono state scoperte dalla Procura di Roma partendo dalla denuncia che lo stesso Caputi aveva presentato contro il Domani in seguito ad alcuni articoli nel febbraio dello scorso anno, centrati su un suo presunto conflitto di interessi, e contenenti anche dettagli riservati della sua attività privata. Da dove venivano? La Procura scopre che le interrogazioni a Punto Fisco provenivano da utenze intestate al Dis, e chiede spiegazioni all'allora capo del Dis Elisabetta Belloni; ma a luglio a rispondere alla Procura è invece l'Aisi, che utilizza quelle utenze. Ed è così che si arriva a identificare i tre 007.
Erano loro le fonti del Domani? Pare di no, visto che la Procura di Roma non li ha indagati. Cosa cercavano? L'Aisi parla di accertamenti sui rapporti tra un soggetto che cercava entrature col governo e la moglie di Caputi. Fin qua non ci sarebbe niente di anomalo: i «servizi» agiscono di loro iniziativa, senza incarichi delle Procure, sulla base di tutto ciò di rilevante per la sicurezza nazionale viene messo a loro conoscenza. Ma se l'oggetto degli accertamenti è una figura di rilievo istituzionale qualunque iniziativa deve - secondo i protocolli che regolano l'attività dell'intelligence - venire messa a conoscenza preventiva del governo nei suoi massimi livelli. Ovvero il presidente del Consiglio e l'autorità da lui delegata alla sicurezza nazionale: in questo caso, il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano.
La prassi corretta sarebbe stata: Del Deo avvisa il suo capo di allora, Mario Parente, che comunica a Mantovano l'attività in corso, e poi avvisa anche il Dis.
Questa prassi è stata rispettata, e quindi Mantovano sapeva? Oppure, come parrebbe, nessuno al di fuori dell'Aisi è stato reso edotto dell'attività che aveva portato le «barbe finte» nel cuore di Palazzo Chigi? Ieri il governo fa sapere di essere stato informato della richiesta di accertamenti della Procura di Roma dell'anno scorso, ma esclude di avere dato nel 2023 l'input all'Aisi: «Il Presidente del Consiglio e il Sottosegretario con delega ai Servizi, Alfredo Mantovano, non hanno mai chiesto di spiare nessuno, tantomeno il Capo di Gabinetto del Presidente, Gaetano Caputi». Nel frattempo il governo si arrabbia con la Procura di Roma, che ha depositato rendendoli pubblici documenti segreti, che tali dovevano restare, comprensivi dei nomi degli 007, irrilevanti ai fini dell'indagine.
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