Vino, tra peronospora e clima: come sarà la vendemmia 2023

Insieme a Federvini e ad alcune cantine – grandi e piccole – analizziamo le criticità che i vignaioli stanno incontrando quest'anno. "Il clima è un problema ma il vino sarà di grande qualità"

Vino, tra peronospora e clima: come sarà la vendemmia 2023

Che anno sarà questo per il vino? “Non facile”, sospira Piero Mastroberardino, vicepresidente di Federvini e patron dell’omonima cantina irpina all’undicesima generazione di vignaioli. Siamo nel periodo della vendemmia – c’è chi ha già iniziato e chi lo farà tra qualche settimana – ma le prime indicazioni ci sono già. Il problema principale è stato ed è il clima. Sempre più estremo e imprevedibile, sta rendendo la gestione dei vigneti piuttosto complicata. Ci spiega Federvini che “nonostante gli agricoltori siamo restii nel dare le stime dei primi raccolti, per la vendemmia 2023 prevede una riduzione della produzione intorno al 20%”.

vigneti mastroberardino
I vigneti di Mastroberardino

Sensazioni confermate da Marchesi Antinori che commenta così la stagione vinicola. “Il 2023 è stata caratterizzato da un clima imprevedibile ed estremo, a ‘macchia di leopardo’ – spiega la Ceo dell’antica cantina toscana, Albiera Antinoriè molto difficile fare stime realistiche, proprio per la difformità nelle varie zone. Si parla di una riduzioneipotetica di circa il 15/20 % a livello nazionale, ma sarebbe più giusto attendere i dati finali”.

Clima e peronospora

Il problema climatico è un effetto domino che alza il costo della manodopera in vigna e favorisce il diffondersi della peronospora. Questa malattia fungina attacca le vigne quando sono bagnate e rende intere porzioni di collina inutilizzabili. Si manifesta attraverso la comparsa di macchie e segni sui tessuti delle foglie, che ingialliscono e cadono prematuramente.

La peronospora è la nemica giurata dei vigneron perché compromette quantità e qualità, così il Governo ha deciso di stanziare già ad agosto un milione di euro per i produttori. In alcune regioni del centro-sud, ci spiega Federvini, ci sono picchi di perdite che si aggirano intorno al 70-80%.

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Piero Mastroberardino

Per analizzare il problema, Mastroberardino parte dalla propria esperienza di produttore. “Siamo agricoltori prima di tutto – precisa lui che ha una superficie vitata di 170 ettari che copre tre Docg, Taurasi, Greco di Tufo e Fiano di Avellino per un totale di 1,7 milioni di bottiglie l’annoquindi sappiamo quali sono i rischi che si corrono per gli ondeggiamenti meteorologici. Ciò detto, quest’anno subiremo perdite quantitative importanti. Tra le tre Docg che produciamo, il Fiano è salvo. L ‘area più in difficoltà è invece quella del Greco di Tufo perché il territorio è più piccolo ed intensamente sfruttato. Per l’aglianico, che comprende un territorio più vasto, è presto per fare bilanci (la vendemmia inizia a fine ottobre, ndr) ma sicuramente perderemo”.

Si prevede comunque un vino di qualità

La consolazione è che le recenti piogge e l’abbassamento delle temperature potrebbero far salire la qualità del vino. Che il risultato in bottiglia non sia in discussione è parere a condiviso. “La peronospora ha attaccato le nostre piante dopo le piogge continue di maggio e giugno – continua Mastroberardino – sono stati 45 giorni di precipitazioni ininterrotte. I costi di gestione, così, si sono triplicati: abbiamo dovuto tenere il personale sempre in allerta, perché bisognava entrare in vigna nei momenti di pausa dalla pioggia in maniera tempestiva. A volte il terreno era impraticabile per il trattore così siamo dovuti andare a piedi come si faceva un tempo. Al costo degli operatori, poi si è aggiunto quello dei trattamenti fungini. E la cosa paradossale è che gli interventi difficoltosi che abbiamo fatto per salvare la vigna sono stati vanificati spesso dalle piogge successive”. Fattori questi che concorrono a far calare il valore di produzione. “L’'abbassamento delle temperature di questa settimana è importante per contenere ulteriori danni e dare frescura alle piante, in modo da consentire ai grappoli residui di giungere a maturazione in condizioni ideali".

E i piccoli produttori? Il caso di Luva Vinovino

Per i produttori medi e grandi magari è più “facile “ammortizzare i costi e sperare che non tutta la produzione vada perduta. Chi invece è una realtà piccola, incorre in un altro rischio: vedendo la vendemmia annuale saltata, abbandona la pianta a sé stessa per risparmiare rischiando di compromettere l’intero vigneto, intaccato dalla malattia. Discorso ancor più complesso per chi è piccolo e cerca di non usare trattamenti sulle uve. Come i vignaioli naturali, la cui filosofia è quella di intervenire il meno possibile in vigna e in cantina. Proprio per questo hanno spesso una produzione limitata.

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La peronospora ha compromesso quasi l'intera produzione di aglianico della piccola cantina irpina Luva Vinovivo

Luva Vinovivo anche loro irpini, sono di stanza a Pietradefusi (AV) dove hanno un’azienda agricola di 7 ettari (2,5 vitati). Oltre ad essere una cantina che segue la filosofia naturale è un progetto di vita di due giovani, Luigi Varriale e Simona Russo che hanno lasciato il vecchio percorso investendo nel vino per rimanere nella loro terra. Dopo anni di ricerca del terreno giusto da acquistare, di partite di uva vendute ad altri produttori, la cantina stava ingranando con le prime vendemmie e i primi consensi. I numeri si aggirano sulle 4 mila bottiglie l’anno.

Stavamo già pensando di far invecchiare il nostro Aglianico e fare altri esperimenti – ci spiega Russo – ma penso che riusciremo a produrre davvero poche bottiglie. Per fortuna abbiamo delle bottiglie in giacenze e la Falanghina macerata che sta andando forte e non subirà delle grandi perdite a livello quantitativo. La nostra fortuna è stata quella di aver capito subito (da giugno) che la situazione fosse grave. Così abbiamo fatto il possibile per salvare il salvabile. Il danno è comunque grosso, abbiamo perso circa il 90% delle uve aglianico”. Per molti il milione stanziato fino ad adesso dal Governo è irrisorio. Mastroberardino si aspetta sicuramente ristori proporzionali al calo di produzione. Ma avverte, “Probabilmente non basterà per risolvere i danni”.

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Luigi Varriale della cantina Luva Vinovivo mentre lavora in vigna

Mercati strategici in calo

L’altro fattore che preoccupa il mondo del vino italiano è invece il calo dei mercati strategici. Alcuni Paesi stanno affrontando una riduzione negli acquisti di vino, e questo ovviamente ha un impatto sui flussi commerciali. Nel primo semestre 2023, per esempio, gli Stati Uniti hanno sperimentato una diminuzione del 6% a valore e anche i principali top market sono in flessione: la Germania al -7% a valore, il Regno Unito al -2,7%. L'Italia, come molti altri produttori vinicoli, è influenzata da queste tendenze globali di diminuzione dei consumi e sta cercando di adattarsi a questa nuova realtà del mercato.

Sicuramente ci si aspettava un calo rispetto ai numeri dello scorso anno dove l’export aveva ripreso a girare con forza con la pandemia alle spalle. Ora si spera che questo ,come precisa Mastroberardino sia “solo un effetto rimbalzo” e non un allontanamento dal consumo del vino.

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I vigneti di Marchesi Antinori

Certo alcune politiche europee hanno inciso sulle scelte dei consumatori. Il discorso sugli alert delle etichette, il Nutriscore, il dibattito sull’alcol cancerogeno concorrono secondo alcuni a dare un’immagine della nostra eccellenza troppo negativa. La presidente di Federvini Micaela Pallini ci ha parlato varie volte di una vera e propria demonizzazione e di campagne terroristiche. Mastroberardino ci racconta oggi, di politiche che possono allontanare dai consumi.

“Un attacco questo che si è riversato soprattutto nei confronti dei paesi del Mediterraneo e di chi fa del territorio il valore aggiunto del prodotto. Le produzioni a livello territoriale sono state meno presidiate a livello europeo. C’è una spinta a una banalizzazione dei consumi, poi che viene dalle grandi multinazionali. Il nostro vino che ha un legame molto forte col territorio in cui nasce ne viene penalizzato”. Mentre Albiera Antinori, che è anche presidente Gruppo Vini Federvini, è preoccupata di come “la recente tendenza europea alla demonizzazione di alcuni prodotti (in particolare in alcuni paesi, con temi culturali di approccio proibizionistico che vengono da lontano) potrebbe lasciare tracce negative a lungo termine".

Le giacenze: faremo la fine della Francia?

Altro discorso ancora è quello delle giacenze. Visto ciò che si sente dalla Francia, dove il governo sta stanziando milioni e milioni “per distruggere” vino che non si vende più, è lecito dare un occhio a quanto succede da noi. Spiega Marchesi Antinori: “La quantità di vino in giacenza è aumentata al 31 luglio 2023 a 49 milioni di ettolitri, in crescita del 3% rispetto all'anno precedente. Questo riguarda i vini DOP, i vini varietali e totali. Vi sono anche diminuzioni nelle giacenze di mosti e di vino nuovo ancora in fermentazione. L'aumento delle giacenze di vino va considerato nel contesto delle diverse categorie di vini e delle fluttuazioni stagionali che possono influenzare le scorte. In generale, i dati registrati a luglio riflettono principalmente gli spostamenti delle merci e non necessariamente le vendite effettive di vino; inoltre, il periodo dell'anno può influenzare notevolmente le variazioni percentuali, specialmente per il vino nuovo ancora in fermentazione, che è sensibile ai volumi ridotti in determinati momenti dell'anno”.

Per Mastroberardino, lo scenario francese è ancora lontano, per fortuna.

“Ad ogni modo il nostro sistema vinicolo ha un vantaggio: se la Francia è divisa in grandi regioni vinicole specializzate in una produzione, in Italia da ogni regione si possono produrre diverse tipologie vinicole. E questa, che in altri momenti è stata vissuta come un limite alla specializzazione, oggi potrebbe rivelarsi un’ancora di salvezza poiché coinvolge l'intera comunità nazionale sui temi del vino.”

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