La "percezione" è che rispetto ai nostri nonni o alle generazioni precedenti, siamo destinati a vivere più a lungo, ed ora arrivare a 100 anni, nel nostro immaginario, non è qualcosa di impossibile.
Frenata dell'aspettativa di vita
La realtà invece è un po' diversa, e a raccontarlo è una ricerca pubblicata su Nature Aging da un gruppo di demografi dell’università di Harvard. "La corsa dell’umanità per ottenere una lunga vita sembra ampiamente conclusa - si legge - anche se la proporzione dei centenari potrà aumentare per effetto dei Baby Boomers, fino al 5,1% delle donne e all’1,8% degli uomini". Nei 10 paesi presi in esame, gli 8 più longevi, Italia inclusa, oltre a Stati Uniti e Hong Kong, l’aspettativa di vita è aumentata di 6,5 anni in un trentennio. Potrebbe sembrare una buona notizia, ma per il demografo Jay Olhansky che ha condotto lo studio è il segno che "l’era dell’aumento rapido dell’aspettativa di vita degli esseri umani è finita e con lei la prima rivoluzione della longevità".
La longevità nei secoli
Partendo dal '900 quando si moriva prima rispetto ad oggi, paradossalmente l'aspettativa di vita si allungava in maniera importante, ora al contrario sta rallentando altrettanto velocemente. Un essere umano a fine secolo poteva vivere fino a 39 anni (età media), ma già nel 1990 si era arrivati a 74 anni, con tre anni di vita conquistati ogni decennio.
Ma proprio nel momento di massimo allungamento, qualcosa si è rotto. Nell’ultimo trentennio la durata della nostra vita è aumentata a piccoli sprazzi, quasi arrancando. È arrivata fino a 78 anni nel 2020, poi è ridiscesa a 77 nel 2021, ma lì c’entra già l’effetto del Covid. La lunghezza della vita umana ha raggiunto il limite massimo.
Gli sforzi della medicina e delle ricerca
Tanti nei decenni sono stati gli sforzi compiuti dalla ricerca e dalla medicina, oltre all'indubbio miglioramento della qualità di vita e la possibilità di avere a disposizione cibo ogni giorno ma nonostante questo, se si segue la tesi di Olshansky che ha realizzato lo studio: "Il tetto della durata della vita esiste davvero e non è lontano da quel che abbiamo raggiunto, a meno che la medicina non ci regali un’altra rivoluzione capace di ritoccare i principi della biologia dell’invecchiamento, non vivremo molto più a lungo di così. E questi progressi radicali della medicina, al momento non sono prevedibili", spiega ancora il demografo.
Uno studio divisivo
Non tutti però sono d'accordo con questa teoria, e già dagli anni '90 era in corso una battaglia ideologica, ma anche scientifica, sul concetto che esistesse o meno un tetto all'allungamento dell'aspettativa di vita. In caso si trovasse la risposta al quesito, se ne porrebbe subito un altro: come può proprio la scienza superare questa barriera e permettere alle future generazioni di essere ultracentenarie?
Domande che al momento ovviamente non hanno una risposta, ma che hanno diviso diverse scuole di pensiero di scienziati. Da una parte c'è il gruppo dell’istituto tedesco Max Planck, guidato dall’americano James Vaupel, secondo cui l’aspettativa di vita continuerebbe ad aumentare di 3 anni ogni decennio; dall'altra proprio l'autore del recente studio Olshansky, che già nel 1990 prevedeva il raggiungimento di un tetto a 85 anni.
Tra le due correnti, quella di Vaupel — scomparso due anni fa — è rimasta in ogni caso la più seguita tanto che il gerontologo dell’università del Texas Steven Austad, aveva perfino scommesso con Olshansky che il primo bambino capace di vivere 150 anni sarebbe nato del 2000.
I due hanno scommesso 300 dollari che attendono ancora di essere incassati e rimarranno fermi a lungo nonostante gli studi e le battaglie. Per incassarli e sapere chi dei due ha ragione, dovranno passare ancora molti decenni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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