La promessa, per ora, è stata mantenuta. Alle 17.15 di ieri un funzionario dello Stato birmano, recatosi nella villa-prigione di Aung San Suu Kyi, ha letto davanti a lei l'ordine ufficiale di liberazione dagli arresti domiciliari. Subito dopo la prigioniera politica più famosa del mondo è uscita finalmente all'aperto per raccogliere l'ovazione di migliaia di suoi sostenitori che l'attendevano festanti: così, dopo quindici anni (gli ultimi sette dei quali consecutivi) che sembravano non finire mai, si è concluso il sequestro tra le mura di casa della coraggiosa leader politica che da oltre ventanni sfida la giunta militare che si è illegalmente impadronita del potere in Birmania.
Secondo la televisione di Stato, che ha dato la notizia, Suu Kyi è stata liberata «per buona condotta». «Aung San Suu Kyi si è comportata bene», ha riportato la televisione del regime, aggiungendo che la leader dellopposizione ha «ottenuto una amnistia per l'intera sua pena». Un funzionario ha precisato che la liberazione deve considerarsi piena e illimitata: «È completamente libera - ha detto l'esponente della giunta -, non esiste alcun tipo di condizioni». Ma visti i precedenti, queste parole vengono prese con molta cautela: non è stato infatti fatto alcun riferimento specifico al diritto di Suu Kyi di tornare a esercitare liberamente la sua attività politica.
Di questa ambiguità è certamente consapevole la stessa leader dell'opposizione birmana. Che rivolgendosi per la prima volta dopo tanto tempo alla folla festante di circa cinquemila persone che la attendeva all'esterno della sua casa-prigione ha detto poche prudenti parole, rinviando i suoi sostenitori a oggi per un discorso più articolato: «Cè un tempo per il silenzio e un tempo per parlare. Dobbiamo lavorare insieme, all'unisono - ha dichiarato - per raggiungere i nostri obiettivi. Se avete voglia di ascoltare, tornate domani a mezzogiorno nella sede». Il riferimento era al quartier generale della Lega nazionale per la democrazia (Lnd), il partito oggi disciolto con cui Suu Kyi ha condotto la sua lotta per la democrazia in Birmania, che le è costata 15 anni di prigionia complessiva sugli ultimi 21.
Ciò che più colpisce nel ritorno in pubblico di Aung San Suu Kyi è il clima positivo, che ricorda quello che circondava il leader anti-apartheid sudafricano Nelson Mandela quando fu liberato nel 1990. Praticamente ogni parola pronunciata dalla donna politica che aveva stravinto le elezioni nel 1991 è stata coperta dalle grida di entusiasmo dei suoi sostenitori. Aung San Suu Kyi è apparsa molto felice, quasi sopraffatta dalla gioia. Quando è uscita per parlare in pubblico indossava un vestito tradizionale molto sobrio color lilla e ha raccolto uno dei fiori lanciati verso di lei, sistemandoselo fra i capelli. Compostezza ed entusiasmo, dunque, ma la vera partita in Birmania comincia oggi. Quando l'irriducibile avversaria dei generali al potere tornerà a parlare di politica si potrà vedere se le promesse dei suoi carcerieri fossero veritiere.
Cè chi ne dubita.
Human Rights Watch, ad esempio. L'organizzazione per i diritti umani mette in guardia contro «il cinico stratagemma» adottato dalla giunta: liberare Suu Kyi per far passare in secondo piano le elezioni-truffa appena fatte svolgere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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