Quando la General Motors decise di introdurla sul mercato, nel lontano 2001, nessuno si strappò i bottoni della camicia per esultare. Da qualunque lato la guardassi, era una macchina oggettivamente brutta. Sfoggiava delle sgraziate forme a cassettone, era eccessivamente squadrata, plasticosa, insomma sprovvista di appeal. Però una cosa buona la Pontiac Aztec ce l'aveva: la funzionalità. O, almeno, così doveva essere nelle intenzioni dei suoi creatori.
Quelli della GM, infatti, erano da anni alle prese con un estenuante dilemma: ok, sforniamo dei Suv capaci di andare fuoristrada, ma vuoi vedere che gli americani che li usano così non sono poi un mucchio? Allora era sorta l'intuizione di questa macchina via di mezzo, di questa roba che non era una berlina, ma nemmeno un Suv, ma neppure una sportiva o qualcos'altro ancora. Il claim che la casa madre recitava raggiante, presentandola alla stampa motoristica riunita, era: Quite possibly the most versatile vehicle on the planet. Probabilmente il veicolo più versatile del pianeta.
Quindi, per combinare tutto, i designer e gli ingegneri della General Motors avevano rimpinzato il progetto di ogni elemento che, trasversalmente, abbracciasse una corsa nello sterrato o una quieta scampagnata. Il risultato però era deprimente. Dopo un iniziale entusiasmo, dettato dalla pragmaticità americana - c'entra davvero tutto, ululava di gioia la middle class - le cose era capitolate. Per molti questa macchina che ambiva ad essere un po' di tutto era, alla fine, un insulso nulla.
Se le prestazioni e l'aerodinamica erano discutibili, un lato positivo risiedeva nell'enorme capacità di carico: era dotata di un ripiano estraibile che poteva reggere la bellezza di 180 kg e scorreva su un sistema di rotelle. Inoltre l'avevano pensata per chi volesse trascorrere del tempo all'aria aperta senza rinunciare a qualche comfort: per questo, ad esempio, aveva anche un pacchetto con tenda, frigo e materassino gonfiabile.
Non fu comunque sufficiente ad allungare la sua vita oltre quattro anni: la GM ne cessò la produzione dopo aver messo sul mercato circa 108mila esemplari. Però fu abbastanza per consegnare la macchina alla imperitura gloria cinematografica, visto che gli sceneggiatori dell'acclamatissima serie "Breaking Bad" stabilirono che dovesse essere proprio lei il mezzo di trasporto del protagonista, Walter White.
La motivazione era chirurgica. Per la serie venne volutamente selezionato un esemplare in Fern Green, una di quelle tonalità che non significano nulla, perché restano interlocutorie, poco decise, prive di sostanza. Un po' come la stessa Pontiac Aztek e, in fondo, un po' come White, uno che avrebbe potuto mettere su milioni di dollari, ma si ritrova a galleggiare in una insoddisfacente vita da professore di chimica alle superiori.
Così la Pontiac e Walter sembrano viaggiare perfettamente in simbiosi, ammaccati, un po' sconfitti, underdog privi di una qualche capacità di riscatto e immersi in un mondo che viaggia troppo veloce. La Aztec è banale e priva di pretese, proprio come il protagonista. La rivincita sembra rimandata a un'altra vita, un secondo tempo che non pare arrivare mai.
L'altra reference sta nel nome: Aztec rimanda a quel nord del Messico in cui è ambientata la serie. Dopo averla dovuta riparare un mucchio di volte, White la venderà per soli 50 dollari: un modo per saltare dentro una nuova vita, lasciandosi quella precedente definitivamente alle spalle.
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