Marmitte roboanti, motori che strabordano dai proprio vani, irresistibili assetti, corse e vittorie. C'è bisogno di un altro indizio? Uno Scorpione sul cofano e tanta follia. Bene, questo è l'identikit delle vetture Abarth, dei gioielli nati per vincere le gare, per imporsi sulla scena con sana sconsideratezza, personalità e molta tecnica. Dietro alle storiche vetture dello Scorpione risplende la figura del suo fondatore, Carlo Abarth, un uomo dal temperamento paragonabile a quello delle sue macchine. Il suo mito vive e risplende ancora oggi, grazie a quelle creature così leggere e veloci, così rumorose e vincenti. Eppure, la vita di Carlo non è stata una passeggiata ma una vera avventura.
L'infanzia viennese
Karl Abarth nasce nella Capitale dell'Impero Austro-Ungarico il 15 novembre del 1908, sotto al segno zodiacale dello scorpione. Un simbolo che diventerà la sua firma universale. La famiglia è divisa tra la madre appartenente alla piccola borghesia viennese e il padre, un sottotenente dell'esercito asburgico, originario di Merano in Alto Adige. Dopo la Prima Guerra Mondiale la grande potenza centro europea collassa e si disgrega, mutando anche i propri confini. Ad esempio, Merano inizia a far parte del Regno d'Italia. Il padre di Karl decide di trasferirsi proprio in Italia per gestire gli affari di famiglia, che comprendono un albergo. La madre non segue il marito e resta a Vienna con il figlio.
Nel frattempo, il piccolo Abarth si distingue dai suoi coetanei, è sveglio e ha una mente sorprendente. Inoltre, nel suo cuore batte forte la passione per i motori e la competizione. Nelle strade del suo quartiere ingaggia dei duelli con altri ragazzi in sella al monopattino, ma spesso perde contro quelli che sono più grandi di lui. Per batterli - come raccontano i suoi bibliografi - decide di tagliare la propria cintura di cuoio e, con il supporto di un calzolaio, di incollarla a rivestire le ruote in legno del suo apparecchio. Il risultato fu stupefacente, con un'aderenza superiore ai suoi avversari, che adesso non possono niente contro di lui. Quando scoccano i sedici anni, Karl entra a lavorare nelle officine della Castagna & C., un laboratorio che ha un rapporto stretto con la facoltà di ingegneria di Vienna, dove prende dimestichezza con le meccaniche di precisione, e in quella della Degan, dove si fabbricavano telai di motociclette. In questa maniera compie una formazione completa riguardo la ciclistica e la motoristica di un mezzo.
La passione per le corse
Negli anni seguenti Karl Abarth si fa strada nel mondo delle corse, dove si afferma come motociclista d'assalto. Un incidente, però, gli lascia delle menomazioni a un ginocchio. Ma niente paura, dalle due ruote secche si passa ai sidecar, e in un baleno diventa un nome di punta, non solo come centauro, ma anche come tecnico. Egli studia un congegno che si rivela particolarmente efficace: si tratta di un sistema a leva (denominato "Schwingachse", in italiano "asse oscillante") con il quale riesce a inclinare la terza ruota del sidecar, aumentando di netto la velocità di percorrenza delle curve. Per anni Abarth vince le gare a ripetizione, fino all'arrivo di un altro grave sinistro che stoppa definitivamente la sua carriera agonistica. Siamo nel 1939 e intanto l'Austria diventa un territorio del Terzo Reich, mentre l'Italia dove potrebbe gestire l'albergo di famiglia a Merano, strizza l'occhio al Fuhrer con il regime fascista. Non resta che una terza via, andare in Slovenia a sbarcare il lunario in una fabbrica di gassogeni a Lubiana.
Al termine della Seconda Guerra Mondiale, Karl Abarth raggiunge il padre a Merano e ottiene la cittadinanza italiana, prendendo il nome di Carlo Abarth. Certo, in cuor suo non vuole assolutamente fare l'albergatore e nella speranza di tornare a occuparsi di motori in prima persona, manda una lettera a Ferry Porsche per ottenere un incarico. L'amico Ferry lo contatta per una nuova avventura, proprio nel Belpaese, per formare una squadra di lavoro con personalità rilevanti nel mondo delle quattro ruote come: Giovanni Savonuzzi, Rudolf Hruska, Piero Taruffi e Tazio Nuvolari. La nuova dimensione si chiama Cisitalia, ma ben presto arriva un inatteso fallimento. È il 1949 e come indennizzo Abarth ottiene delle vetture usate dal reparto corse per gare riservate alle automobili derivate di serie e alcune casse contenenti ricambi e altro materiale, provenienti dall'officina di sperimentazione. Sarà l'inizio di una nuova grande avventura e che consacrerà il suo nome nel mito dell'automobilismo.
Nascono la Abarth e il sodalizio con Fiat
Dunque, nel 1949 Carlo Abarth fa fagotto e si trasferisce a Torino dove apre la sua azienda specializzata in elaborazioni. Ha anche un reparto corse che può contare su piloti del calibro di Nuvolari, Bonetto, Cortese, bravi a ottenere vittorie schiaccianti su ogni pista. La fama ottenuta nelle competizioni gli serve per far decollare i suoi affari, perché in tanti si rivolgono alla Abarth per quel tocco di magia, quella puntura di velenoso scorpione che rinvigorisce e trasforma delle semplici auto in favolose macchine da gara. La sua officina prepara dei kit per rendere le macchine più veloci e performanti, ma è l'impianto di scarico che più di ogni altra cosa colpisce il pubblico. Le marmitte fabbricate dalla Abarth hanno un rombo inconfondibile, un ruggito selvaggio, e permettono di guadagnare qualche secondo in più sui tracciati.
Il volume del lavoro cresce, le elaborazioni con lo Scorpione disegnato sul cofano diventano celebri in tutto il globo. Le auto del preparatore di origine austriaca vincono le corse e fanno mangiare la polvere a tutti. Le Abarth 204A e 205A aprono la strada a dei progetti sensazionali, come la più celebre e titolata 1500, ma è il sodalizio con Fiat a dare i migliori frutti. Il più eclatante è trasformare la placida 600 in un diavolo scatenato: la 750 GT Abarth infrange record su record, impressionando alla Mille Miglia e a Monza. La magia viene ripetuta sul finire degli anni '50 con la nuova 500, che porta ancora più fama allo Scorpione, e trionfi al colosso torinese. A quel punto Vittorio Valletta, amministratore delegato di Fiat, stipula un accordo per cui per ogni primato o vittoria riportato da una vettura Fiat-Abarth, avrebbe corrisposto all'imprenditore un premio in denaro in relazione all'importanza della manifestazione. Basti pensare che dal 1949 al 1971, saranno 7.327 i primi posti guadagnati dalle macchine con il marchio dello Scorpione. Nel 1971 Carlo Abarth cede la sua azienda proprio alla Fiat, ritirandosi dalle scene.
Morirà otto anni più tardi a Vienna, nella città che gli ha dato i natali. L'incantesimo che porta il suo nome, invece, non ha mai smesso di funzionare. Il veleno delle Abarth riesce ancora a trasformare delle auto anononime in rombanti vetture, anche nell'era elettrica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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