Con l’incalzare delle auto elettriche si tende a fare spesso un errore non da poco, quello proverbiale del “fare di tutta l’erba un fascio”. Tradotto nello scenario odierno, significa considerare tutti i produttori di auto cinesi, BYD inclusa, alla stessa stregua, bollarli come di scarsa qualità basandoci su preconcetti del passato e non degnarsi neanche di spendere un po’ di tempo ad informarsi.
Da un lato è vero che la Cina è stata la patria del low cost, dall’altro, però, non bisogna dimenticarsi che i preconcetti sono sbagliati. Toyota oggi è considerato un produttore dall’affidabilità indiscussa, anche da noi italiani, eppure nel dopoguerra non era certo un’azienda che poteva fregiarsi della stessa nomea. E che dire dei coreani? Kia e Hyundai hanno, nell’arco di un decennio, cambiato faccia, puntato sulla qualità, introdotto garanzie con cui i produttori occidentali non potevano rivaleggiare (5 e 7 anni) e oggi non fanno gli stessi prodotti che facevano ieri: sono molto avanti anche nella mobilità elettrica, hanno spaziato nella sperimentazione e nella messa in strada delle auto (e dei camion) a idrogeno e non hanno nulla da invidiare all’Ovest del mondo a livello tecnologico.
BYD: sconosciuta oppure conoscenza di vecchia data?
L’ignoranza di noi occidentali nei confronti di BYD nasce da un semplice fatto: non guardiamo dentro le cose, non ci interessiamo di chi costruisce le componenti dei dispositivi che usiamo ogni giorno. Eppure BYD è sempre stata tra di noi, fin dagli anni Novanta in cui si occupava di produrre le batterie dei telefoni cellulari… sì, quelli che servivano per fare chiamate e inviare SMS.
L’azienda nacque infatti nel 1995 a Shenzhen da uno sconosciuto di nome Wang che aveva dalla sua, però, la conoscenza tecnica delle batterie. L’uomo giusto al momento giusto si potrebbe dire, perché furono proprio gli anni Novanta quelli in cui si iniziò a sentire la necessità di alimentare cellulari e computer portatili, e avere una produzione di batterie a basso costo era fondamentale per poter abbassare i prezzi al pubblico e far progredire la tecnologia fino al punto di creare gli smartphone odierni.
Parliamo di Nokia, mostro sacro dei cellulari. Parliamo di Dell, altro gigante dei notebook. Ma parliamo anche di Motorola, nota per aver fatto comunicare con la Terra il primo uomo approdato sulla Luna e per aver realizzato uno dei cellulari oggetto di desiderio dei tempi che furono, il Motorola Razr. Senza dimenticarci anche di Black & Decker, un altro fra i clienti di BYD per le batterie degli utensili che liberarono finalmente dal cavo professionisti e hobbysti.
Insomma, BYD è sempre stata nelle nostre case, solo che non lo sapevamo. E ora vuole entrare anche nei nostri parcheggi, garage, vialetti.
BYD e le auto elettriche
Il primo approccio di BYD nel mondo delle auto elettriche è stato molto timido, con l’acquisto di una quota di maggioranza di un produttore cinese controllato dallo Stato. L’idea delle auto a batterie c’era già: Wang ci aveva visto giusto, ma nel 2008 aveva a disposizione solo un’ibrida plug-in per competere con la Tesla Roadster degli americani. Insomma, non riuscì a bucare i confini della Cina: se la F3 (termica) nel 2005 aveva raggiunto 1 milione di unità nel mercato interno, la F3DM ebbe un’accoglienza più fredda.
L’insuccesso dell’auto, però, non è da confondersi con le prestazioni dell’azienda che ha sempre continuato a lavorare con le batterie e che si è concentrata nell’ampliare il campo d’azione con i pannelli solari e con le infrastrutture. Negli anni, infatti, BYD è andata avanti come un inarrestabile treno, e proprio per i treni l’azienda ha realizzato infrastrutture. Tornando su gomma, invece, il 2009 è stato l’anno di una grande commessa di autobus elettrici, prima in Cina, poi in Europa e USA.
Il grande vantaggio di BYD è quello della verticalizzazione, lo stesso vantaggio che ha permesso a Tesla di imporsi nei confronti degli altri produttori occidentali. Così BYD ha lavorato su batteria, impianti fotovoltaici, installazioni energetiche, ricarica e trasporti, ritrovandosi poi in casa tutti gli ingredienti per un nuovo attacco al mondo delle auto elettriche, anche in Occidente. Oggi BYD è un colosso che dà lavoro a quasi 300.000 persone in tutto il mondo nei settori dell’auto, dell’elettronica, dei trasporti su rotaia e delle energie rinnovabili.
I numeri sono importanti per capire quindi il contesto di questa nuova offensiva nel mondo delle auto elettriche: nel 2020, mentre una divisione di BYD decise di produrre mascherine diventando il primo fornitore mondiale in un solo mese, l’azienda lanciò la Blade Battery, una batteria sottile pensata per ottimizzare l’autonomia delle auto elettriche del futuro. La “berlinona” HAN già la utilizzava, ma l’auto era realizzata su una piattaforma più tradizionale. Nel 2021, però, ecco l’annuncio della svolta, la nuova e-Platform 3.0.
Creata da zero per le auto elettriche e per lavorare in sinergia con la Blade Battery, la piattaforma è quella che abbiamo visto (e provato) sulla BYD ATTO 3, un SUV compatto che nel primo test drive internazionale ha mostrato ottime prestazioni e sarà sicuramente da tenere d’occhio quando arriverà in Italia.
Nel frattempo il 2021 si è concluso con quasi 600.000 auto (PHEV e BEV) vendute e nel 2022 BYD ha annunciato di voler dare un taglio netto con il passato, smettendo di produrre auto con solo motori a combustione e concentrandosi su elettriche e ibride plug-in già dall’anno scorso.
I numeri della Blade Battery
Scendiamo più in dettaglio per capire perché la Blade Battery è un'arma interessante nell'arsenale dei cinesi. Innanzitutto parliamo di una LiFePo4 che costa meno per la già citata assenza di Cobalto.
La densità energetica della batteria, che risparmia peso visto che le celle che la compongono non sono inscatolate in moduli ma sono affiancate direttamente all'interno dell'involucro esterno, è di 150 Wh al chilogrammo e il produttore è al lavoro per la nuova generazione che dovrebbe portare il dato a 180 Wh/kg.
Ovviamente i numeri sono solo una parte della ricetta. Abbiamo infatti visto che avere delle buone batterie è facile perché in laboratorio, e con fondi infiniti, si può creare di tutto. La chiave sta però nel poter produrre in serie e in grandi numeri quello che si crea, e qui BYD è avvantaggiata perché ha la potenza industriale per farlo e perché la struttura della Blade Battery le permette di avere configurazioni virtualmente infinite, adattandosi al modello di auto che si vuole creare.
Per i più tecnici, ogni cella utilizzata all'interno della Blade Battery ha una densità energetica di 160 Wh/kg, pesa 3,9 chilogrammi, ha una durata stimata di 3.000 cicli, una tensione di 3,2 V e una capacità di 202 Ah.
ATTO 3: il SUV elettrico di segmento C
Con un evento stampa di anteprima all’interno di un ex-aeroporto militare (era l’ottobre del 2022), BYD ha messo ufficialmente piede (e ruote) in Europa se escludiamo il lancio norvegese del 2021.
La Norvegia era un terreno facile per le elettriche, ma è stata la cartina tornasole per convincere il produttore a proporre le proprie vetture anche nel resto del Vecchio Continente. HAN e TANG sono rispettivamente una grande berlina e un grande SUV, poco adatti ai gusti del sud dell'Europa. ATTO 3 è invece la carta perfetta perché i SUV di segmento C spopolano e qui viene proposta una buona abitabilità unita a dimensioni che lo rendono parcheggiabile e utilizzabile anche nelle strade europee. E poi è il primo con la e-Platform 3.0 e con un design che va maggiormente incontro ai gusti occidentali.
L’auto, lunga 4,45 metri, utilizza le batterie Blade con chimica LPF (acronimo di litio-ferro-fosfato, gli ingredienti chimici delle celle) e sarà questa la chiave per proporre un prezzo concorrenziale che promette di trasformarsi in un ottimo rapporto prezzo-qualità-automomia.
In Italia dovrà essere ufficialmente annunciata, e dovremo provarla a fondo per confermare le impressioni iniziali, ma il primo contatto dell’ottobre 2022 è stato di quelli interessanti, con una tecnologia tutta sviluppata in casa che ha permesso ad ATTO 3 di raggiungere prestazioni interessanti in termini di efficienza.
La potenza non manca: certo, non è estrema, ma ha 204 CV e scatta da 0 a 100 in 7,3 secondi, promettendoci però 420 chilometri di autonomia con una batteria da poco più di 60 kWh e una ricarica rapida da mezz’ora per portarla dal 30 all’80%. E la sicurezza? Tranquilli, BYD ATTO 3 ha superato i test Euro NCAP con cinque stelle e ottimi risultati nei vari parziali (91% per la protezione degli adulti, 89% per quella dei bambini) ed è dotata di tutti gli ADAS per la sicurezza e per la guida semi-autonoma, incluso il mantenimento della corsia e la frenata automatica d’emergenza.
C’è poi l’aspetto della sicurezza strettamente legata alle batterie: le celle di tipo LFP, senza cobalto, hanno una stabilità termica migliore, durano più a lungo e hanno dimostrato nei test di subire meno il degrado nel corso degli anni. La Blade Battery ha superato i test di perforazione, quelli più aggressivi per le batteria, oltre ai test di sovraccarica, impatto, surriscaldamento e via dicendo. In tutti questi test, non sono ci sono stati incendi e non è stata rilevata alcuna esplosione.
A completare il tutto c’è la tecnologia che sfrutta Android come base per il sistema di infotainment, scelta saggia perché lascia fare a Google il "lavoro sporco" senza dover sviluppare da zero un’infrastruttura che richiederebbe investimenti ingenti, e ci aggiunge un pizzico di effetto a sorpresa con lo schermo da 12,8” che può ruotare, trasformandosi da orizzontale a verticale.
In Germania BYD ATTO 3 parte da 38.000€ e per l’Italia dovremo ancora aspettare nuove comunicazioni. Il recente lancio nel Regno Unito, a poco meno di 36.500 sterline (al cambio circa 41.000€), è un ulteriore indizio della forbice di prezzi che potremo aspettarci nel nostro Paese.
Sarà però interessante vedere come BYD deciderà di posizionarsi con il prezzo in Italia perché un eventuale ingresso a cifre interessanti, se i contenuti tecnici saranno confermati rispetto al primo assaggio su strada, potrebbe davvero rischiare di fare piazza pulita della concorrenza, specie considerando che Tesla non è ancora riuscita a presidiare il segmento C e la sua ottima Model Y misura 4,7 metri, dimensioni non adatte a tutti i garage, e costa quasi 47.000€, cifre non adatte a tutte le tasche.
Che la guerra del futuro abbia inizio...
Insomma, la guerra dei SUV elettrici di segmento C è tutta da giocare, e BYD sembra avere in mano le carte giuste. Va detto, però, che la recente sforbiciata al listino di Tesla Model 3 ha messo in difficoltà il valore delle azioni del gigante cinese, e ora ci si aspetta una contromossa da parte dell'Oriente per vedere se il colosso avrà la forza per giocare sul lungo termine anche con le politiche di prezzo.
Il mercato delle auto elettriche è in costante divenire, ed è impossibile fare previsioni, ma i colpi che i produttori si stanno scambiando non sono certo pochi. BYD ha tanto spazio per crescere, e ha iniziato da un segmento dove il presidio dell'avversario principale ancora non esiste, riuscirà ad imporsi?
La speranza c'è tutta: BYD ha dalla sua una forte verticalizzazione, termine che significa che controlla la maggior parte della catena di forniture poiché produce anche batterie ed elettronica.
Questo significa che, per le componenti fondamentali e vitali (oltre che più costose) dell'auto, non deve elemosinare contratti con aziende terze che potrebbero erodere i margini e, proprio come Tesla, avrà il potere di usare una volontaria riduzione degli utili per andare a conquistare il cliente finale con un prezzo inferiore, far crescere la consapevolezza e la diffusione del marchio e poi espandere la gamma anche con modelli più lussuosi dai margini più allettanti per gli azionisti, tra i quali c'è un certo Warren Buffet con la sua Berkshire Hathaway che detiene, dopo una vendita a febbraio 2023, ancora 130 milioni di azioni del colosso cinese.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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