Negli anni ‘30 del secolo scorso, l’elegante e austera Torino contava quasi 700.000 abitanti, di questi più di 200.000 lavoravano come operai. La fabbrica era il fulcro della vita economica e sociale della città: ne scandiva i tempi, i ritmi e arrivava anche a plasmarne il territorio che si presentava contrassegnato da due poli distinti e separati gli industriali e gli operai, il centro borghese e la cintura delle barriere operaie. Il settore metalmeccanico, con i suoi 95.000 lavoratori, stava al centro di questo universo industriale che aveva nella Fiat il proprio gigante. Torino respirava automobili, tanto che si ritagliava l’immagine di capitale delle quattro ruote italiana, di colosso d’acciaio, di Detroit nostrana. Nella metropoli piemontese, però, non c’era soltanto la grande industria della famiglia Agnelli, si affacciavano sulla scena sempre più attività collaterali a quelle della grande produzione, come le carrozzerie; fra queste, nel 1930 spunta fuori la Pininfarina, fondata da Battista Farina. Un nome che sarà capace di scrivere alcune delle migliori pagine di automobilismo italiano, un vanto e una garanzia di raffinatezza.
La nascita
Il nome Pininfarina non è casuale, perché Battista Farina veniva chiamato amichevolmente Pinin, per via della sua evidente somiglianza con il padre Giuseppino, per l’appunto Pinin, come dicevano i piemontesi. Insieme a Battista Farina, i soci che diedero forma alla società furono: Giovanni Battista Devalle, Gaspare Bona, Pietro Monateri, Arrigo De Angeli e Vincenzo Lancia, il fondatore della Lancia. Da quel 22 aprile del 1930 il mondo dell’automobile si arricchì di un calibro prestigioso. Nei primi anni, la Pininfarina si affacciò sulla scena nazionale come un’entità piccola e di lavorazione artigianale che operava come carrozzeria su commissione da parte di facoltosi clienti; in breve, però, anche grazie ad alcuni finanziamenti (specie di Vincenzo Lancia che credette per primo nella bravura dell’amico Pinin) e alle capacità progettuali del fondatore, divenne un’industria all’avanguardia nel settore, nonché un vero punto di riferimento. Le tecniche innovative impiegate da Pininfarina, le progettazioni ingegneristiche avanzate, basate sui principi di aerodinamica, fecero salire alla ribalta il nome della carrozzeria torinese.
La consacrazione
Il passaggio da piccola entità a grande realtà, si ebbe dopo la seconda guerra mondiale, quando la Pininfarina produsse e sviluppò in autonomia una vettura: la Cisitalia 202. Un veicolo così brillante, bello e dotato di pionieristiche soluzioni tecniche che fu scelta per essere esposta al celebre MOMA di New York; tra l’altro fu la prima automobile a finire sotto ai riflettori di quello che è uno dei più prestigiosi musei al mondo. Da quell’istante la storia non sarà più la stessa, con un altro grande salto in avanti che si materializzò negli anni ‘50 sotto forma di Alfa Romeo, la quale commissionò alla Pininfarina 27.000 Giulietta Spider. La scoperta del Biscione divenne l’auto simbolo della Dolce Vita, una delle vetture più desiderate e ammirate dagli italiani. Avendo un rapporto privilegiato con Lancia e con Alfa Romeo, la Pininfarina coltivava un’immagine di forza e prestigio come nessun’altra carrozzeria in Italia.
Sergio Pininfarina e la Ferrari
Il figlio del fondatore, Sergio Farina, poi battezzato Pininfarina, prese le redini della società nel 1961. Sotto di lui le cose continuarono a migliorare, la società si espanse e grazie al suo estro e talento da designer, in questo florido periodo vennero concepite alcune delle auto più belle della storia. La cosa più significativa, molto probabilmente, è la nascita di un sodalizio con Ferrari. Sebbene la prima sportiva del Cavallino Rampante a portare la firma di Pininfarina fosse stata la 212 Inter del 1952, a partire dagli anni ‘60 il rapporto tra Maranello e la carrozzeria torinese si intensificò a dismisura. Questo legame di duratura e proficua collaborazione resiste ancora adesso, tanto che sono più di un centinaio le Ferrari disegnate da Pininfarina in oltre sessant’anni. Moltissime sono divenute celebri e iconiche a dismisura: 365 Daytona, 308, 288 GTO, Testarossa, F40, 348, F355, 360, 458 Italia e altre ancora.
Il percorso negli anni
In seguito al trasferimento dell’azienda a Grugliasco, presso il nuovo stabilimento, venne innalzato ancora di più il livello tecnico dell’azienda che progredì nel campo dello sviluppo aerodinamico, con la creazione del Centro di Calcolo e Disegno (CCD), e poi con la costruzione di una galleria del vento prodotta su scala naturale. Quest’ultima fu la prima in Italia ad essere concepita per le autovetture, nonché una delle pochissime all’epoca disponibili a livello mondiale. Negli anni ‘70 l’antico legame con Lancia tornò a essere molto forte, con Pininfarina che andò a firmare alcune delle vetture più importanti del marchio di Chivasso, continuando comunque a collaborare sempre con Alfa Romeo, Ferrari e altri brand esteri come Peugeot e Jaguar.
Negli anni’80, invece, ci fu la sortita nel campo finanziario con la quotazione in borsa, che fece acquistare ancora più forza al marchio, mentre negli anni ‘90 cominciarono a nascere accordi con numerosi brand come: Daewoo, Chevrolet, Bentley, Honda e Mitsubishi. Nel 2012 muore Sergio Pininfarina, colui che ha guidato l’azienda nel periodo di maggiore crescita ed espansione, un uomo che ha saputo portare la Pininfarina ben oltre i confini nazionali, costruendo una fama di grande prestigio intorno al suo nome. Nel 2015, in seguito a problemi economici di grave insolvenza, il marchio Pininfarina venne ceduto al gruppo indiano Mahindra & Mahindra.
Uno specchio evidente dei tempi che corrono, con i forti capitali asiatici pronti a investire sui grandi nomi europei, per innalzare il livello qualitativo e di immagine dei propri prodotti. Un’operazione che non sempre ha dato i suoi frutti, nonostante i buoni propositi iniziali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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