I punti chiave
Quante storie, quante barzellette e quanta satira hanno corso insieme alla Fiat Duna nel periodo del suo fulgido vigore. Inutile farne l'elenco, tutte le battute sulla Duna sono divenute talmente popolari (e triviali), da essere conosciute in modo trasversale, anche da chi mastica poco l'universo delle quattro ruote. La fama della Duna è eufemisticamente poco lusinghiera. Questo modello di mamma Fiat è arrivato sulle strade italiane guadagnandosi immediatamente un appellativo d'infamia: quello di auto più brutta mai prodotta. A onor del vero, la palma di maggior obbrobrio è condivisa a pari merito con l'Alfa Romeo Arna. Ma in fondo, tutto questo astio è meritato oppure, sotto sotto, anche lei merita di ricevere una piccola carezza? Il "mostro" è stato annientato, non può più nuocere a nessuno, infatti sono più di vent'anni che non viene prodotta in nessuna delle sue forme. A farci capire che, nonostante tutto, la Duna non sia stata una vettura qualsiasi ce lo ricorda anche l'ACI (Automobil Club Italiano) che nel 2013 l'ha inserita nell'elenco delle auto di interesse storico. Se non vi basta come rivalutazione postuma, seguite le prossime righe.
I motivi del flop
Alla cattiva fama della Duna ci ha pensato il "passaparola" massiccio, la vulgata che in modo coeso ha decretato l'estrema bruttezza di questo veicolo. In famiglia, al lavoro e al bar, la Duna è stata oggetto di vilipendio. Certo, la Fiat venuta dal Brasile non ha l'avvenenza di una fuoriserie, non è una miss che ti fa venire il torcicollo solo per poterla ammirare mentre passa in strada. Tuttavia, la Duna è parente stretta della Uno e, come l'utilitaria torinese, è stata disegnata dal maestro Giugiaro. Anzi, a guardarla bene le differenze tra le due sono microscopiche, eccezion fatta per quel terzo volume in cui si nota un lunotto posteriore più curvato e un'inedita "coda" dotata di paraurti avvolgente. Anche l'altezza da terra è diversa, con la Duna che primeggia in questa voce, in stile crossover moderno, poiché lei nasce per affrontare le strade del Sud America, molto più disastrate di quelle europee.
Il peccato originale è proprio quello di dare un "lato b" così pronunciato alla Uno. Quando la Duna giunge in Italia è il 1987 e gli italiani, come gran parte degli europei, comincia ad aver un rifiuto quasi categorico delle piccole berline a tre volumi netti, nonostante gli estremi vantaggi. La Duna, infatti, è molto più comoda e spaziosa della Uno, possiede un'abitabilità superiore e un bagagliaio da 503 litri (nella versione berlina), quasi impareggiabile per le altre competitor della sua categoria. Infine, anche la campagna mediatica è stata determinante per decretare il flop commerciale. La maggior parte delle persone si ricorda lo spot in cui due esemplari di Duna (berlina e weekend) si tamponano di fronte casa, mentre qualche istante prima un ordinario padre di famiglia decanta le doti di beltà del modello. Tutto questo fu giudicato un po' eccessivo.
I punti di forza della Duna
La Duna nasce in Brasile negli stabilimenti di Betim, ed è un veicolo pensato per colonizzare quella zona di mondo: il Sud America. Da quelle parti viene chiamata Prémio e fa furore dal primo istante in cui viene presentata. Ottiene il riconoscimento di auto dell'anno 1986 e tutti la desiderano. Viene venduta in versione tre porte, quattro porte e familiare. Sull'onda dell'entusiasmo carioca e latino, Vittorio Ghidella, numero uno di Fiat, decide che potrebbe essere una buona operazione farla sbarcare nel Bel Paese e anche in altri mercati europei. Come abbiamo anticipato, la reazione nostrana alla conoscenza della Prémio-Duna è stata opposta a quella entusiasta del Brasile. Tuttavia, il fatto che fosse stata pensata e congegnata per resistere alle difficili condizioni dell'America Latina, hanno reso la Duna un'auto solida, quasi indistruttibile.
A livello ciclistico adotta delle robuste sospensioni anteriori MacPherson con molle disassate mentre le posteriori sono a bracci trasversali inferiori uniti da una balestra che svolge anche la funzione antirollio. Rispetto alla "nostra" Uno, la Duna ha un equipaggiamento più ricco e ben fatto, non a caso può contare su un inedito cruscotto con orologio analogico nel quadro strumenti, montanti interni rivestiti in plastica, tappezzeria e sottotetto di qualità migliore, lunotto termico e una serie di modanature cromate su paraurti e guarnizioni dei vetri. Volendo si poteva attingere anche al listino degli optional, che poteva contare su: contagiri al posto dell'orologio, alzavetri elettrici anteriori, chiusura centralizzata e check control. I motori, invece, sono tutti fatti dalla divisione carioca della Fiat e corrispondono a due benzina: 1.1 da 58 CV e 1.3 da 67 cavalli. Entrambi hanno un poderoso monoalbero in testa con distribuzione a cinghia dentata. Successivamente la Duna avrà anche un 1.6 a gasolio.
Una fine ingloriosa
Nel 1991 la Fiat decide di terminare l'esperimento Duna, consapevole che l'auto fosse entrata sì nella storia, ma dalla parte sbagliata. Nel complesso, la Duna a livello commerciale non ha nemmeno sfigurato, anzi, ha venduto oltre 91.000 esemplari in circa quattro anni. Specialmente la versione familiare ha riscosso un discreto gradimento, anche sotto le spoglie della Innocenti Elba, con le quali è rimasta in sella al mercato fino al 1997. Dunque, adesso cosa resta della Duna? Praticamente niente, sono pochissimi gli esemplari circolanti in Italia, quasi tutti finiti sotto la pressa senza tanti complimenti nei vari richiami e incentivi alla rottamazione.
Il modello, poi, non ha alcun valore collezionistico e i suoi prezzi sono discretamente bassi. Anche la satira ha deciso di smettere di parlarne, quindi - forse - è proprio adesso il momento di metterne una in garage, anche solo per ricordare un periodo storico dinamico e frizzante della nostra Italia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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