Sgombriamo subito il campo da eventuali illusioni: i nuovi incentivi auto 2023, che partono oggi e che spieghiamo nel dettaglio in questo articolo, difficilmente saranno il volano di una crescita del mercato. Anzi, quasi sicuramente saranno l'ennesimo specchietto per le allodole che maschera un'altra verità: è utopistico immaginare di cambiare la direzione del vento con una pioggerellina di denaro pubblico in un settore che sta attraversando una transizione epocale, unita a un recente passato fatto di pandemia, crisi di microchip e di materie prime. Se da un lato sarà molto difficile fare peggio del super flop 2022 targato Draghi (quasi 280 milioni di euro su 615 totali rimasti inutilizzati per le elettriche e plug-in), dall'altro lato ci sono segnali poco rassicuranti. Per carità, l'esecutivo Meloni avrebbe ancora tempo per correzioni in corsa e ravvedimenti operosi, epperò al momento alcune delle falle del provvedimento precedente sono rimaste ben presenti.
Facciamo qualche esempio. I contributi sono rimasti troppo esigui per la fascia di elettriche e plug-in che mantengono ancora prezzi di listino troppo alti rispetto a quelli delle corrispondenti versioni termiche. Alla fine della fiera, i 150 milioni destinati alla terza fascia con emissioni fra i 61 e i 135 g/km di CO2 serviranno per soli 75mila acquirenti. Briciole, se rapportate al numero complessivo delle auto inquinanti in circolazione. Inoltre, i quasi 280 milioni rimasti nelle casse del ministero dell'Economia nel 2022 non sono stati aggiunti ai fondi stanziati quest'anno.
L'anno scorso gli incentivi non erano riservati alle imprese, a eccezione delle aziende di car sharing pubblico e solo su auto fino a 60 g/km. E questo ha rappresentato un grande freno. Nonostante le evidenze però a oggi le imprese, incluse quelle che potrebbero acquistare in proprietà o in leasing, sono ancora fuori dal sistema di incentivi.
Altra nota dolente: quest'anno non è più previsto l’extra bonus del 50% sulle auto delle prime due fasce acquistate da persone fisiche con Isee inferiore a 30 mila euro, scaduto il 31 dicembre 2022.
Un altro fattore di rischio è rappresentato dalle tempistiche. La vettura che si acquista deve essere immatricolata entro 180 giorni di calendario dal momento in cui il contributo è prenotato dalla concessionaria. L'estensione a 270 giorni introdotta lo scorso giugno era prevista per il solo 2022 e non è stata prorogata. 180 giorni in un periodo storico in cui una macchina nuova spesso non arriva prima di 8-10 mesi sono una spada di Damocle che rischia di far saltare il contributo economico.
Altra discrepanza che viene mantenuta rispetto al 2022 riguarda il limite dei prezzi di listino. Poco comprensibile il tetto massimo di 42.700 euro Iva inclusa per le elettriche soprattutto se rapportato al tetto massimo di 54.900 euro Iva compresa delle ibride plug-in, quest'ultime teoricamente meno costose delle elettriche.
Andrea Cardinali, direttore generale dell'Unrae, l'associazione che rappresenta le Case estere operanti sul mercato italiano, ha spiegato all'Adnkronos che per le fasce meno inquinanti, come elettriche e plug-in, "sono stati abbassati i price cap, scendendo a quota 35 mila euro, iva esclusa, ma restano comunque modelli non alla portata di tutti.
Molti di quelli che hanno già beneficiato in passato degli incentivi per le vetture meno inquinanti sono clienti che avrebbero potuto acquistarle anche senza bonus, senza contare che spesso sono seconde macchine".Insomma, la spinta per la transizione al momento sembra più una carezza.
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