A giugno, su queste colonne, ricordavamo che la mossa dell'Unione Europea di aprire alla vendita di veicoli al cento per cento elettrici dal 2035 avrebbe aperto alla competizione dell'industria cinese, dominante nel settore delle batterie. Mesi dopo constatiamo che i dati sullo sviluppo industriale ci stanno, purtroppo, dando ragione. Le aziende cinesi di batterie si stanno espandendo con massima forza sul mercato europeo dei veicoli elettrici proprio a causa delle mosse della Commissione Ue.
Le batterie cinesi conquistano l'Ue
Nel 2022, nota The China Project, le società cinesi del settore "hanno raccolto più denaro attraverso le vendite di azioni in Europa che negli Stati Uniti per la prima volta. Delle ventidue aziende cinesi che hanno annunciato quotazioni in Europa quest'anno, la metà sono nel settore delle batterie per veicoli elettrici". E mentre le esportazioni di batterie di litio in Ue da parte della Cina, centrale nel mercato globale di questo settore, sono salite del 53,7% lo scorso anno, si stima che tra gli 80 e i 90mila veicoli elettrici venduti sul suolo europeo nel 2022 fanno riferimento a produttori cinesi che montano batterie di aziende cinesi prodotte in Europa.
Un trend destinato a consolidarsi. Gli studi del think tank Transport and Environment segnalano che le case automobilistiche cinesi coprono ora il 5% di tutta la quota di mercato dei veicoli elettrici venduti in Ue e nei prossimi anni potrebbero fornire all'Europa il 18% delle batterie prodotte nel Vecchio Continente.
I timori di Francia e Germania
Il Commissario all'Industria dell'Unione Europea, il francese Thierry Breton, a fine anno ha iniziato a aprire alla finestra del 2026, anno della possibile revisione del framework sul 100% elettrico da conseguire entro il 2035, proprio per il timore della dipendenza industriale da Pechino. ""Dovremmo avvicinarci a quella data di revisione nel 2026 senza tabù", ha detto Breton.
Politico.eu ha dato conto del timore del suo Paese, la Francia, circa la messa al bando degli ibridi plug-in dopo il 2035. A novembre la Germania per bocca del Ministro dell'Economia Robert Habeck, esponente dei Verdi che sono la più importante formazione ecologista d'Europa, ha mostrato la sua volontà di commerciare in forma "guardinga" con la Cina in riferimento alla possibile dipendenza da Pechino sulle batterie elettriche e i veicoli di nuova generazione.
Il dominio cinese sulle batterie si espanderà
Nei prossimi anni, ricorda il Financial Times, "la Cina avrà 322 GWh di capacità produttiva in Europa entro il 2031, con la Corea del Sud la seconda più grande con 192GWh, seguita da Francia e Svezia. Gli Stati Uniti saranno quinti, grazie allo stabilimento Tesla di Berlino, seguiti da Germania e Norvegia, col Regno Unito ottavo". La dipendenza dell'Ue sulle batterie si dimostra chiaramente se notiamo che solo tre dei primi otto produttori di batterie nel mercato europeo saranno membri della Comunità dei Ventisette.
Per questo Breton intende accelerare sulla strategia comune per una filiera europea. Una conferma dell'avvertimento del Ceo di Stellantis Carlos Tavares, che in estate ha dichiarato a un evento organizzato proprio dal Ft: "Ci sarà una significativa dipendenza del mondo occidentale dall'Asia". Destinata a entrare nello stesso mercato comunitario.
La linea italiana: la dipendenza sulle batterie è una minaccia
Su questa linea ha preso di recente posizione anche l'eurodeputato di Forza Italia, Massimiliano Salini. Il quale ha indicato nel prossimo Consiglio Europeo di febbraio un crocevia decisivo per le decisioni chiave sulla politica industriale europea: "La pandemia da Covid e la guerra russa all’Ucraina confermano l’urgenza di potenziare le filiere europee nei settori chiave", ha scritto Salini in una nota. L’eurodeputato ricorda che l'accelerazione verso l’elettrico causata dallo stop europeo al motore endotermico dal 2035 "mette la Cina in una posizione di vantaggio competitivo, a cominciare dalle batterie, settore nel quale non solo le aziende cinesi sono leader globali ma stanno anche aumentando sensibilmente gli investimenti negli Stati Ue".
Per Salini "la partita è cruciale. In gioco c’è il destino della nostra industria e di migliaia di posti di lavoro. Per questo ho presentato un’interrogazione sollecitando un intervento della Commissione, chiedendo come intenda perseguire l’autonomia strategica, pilastro delle politiche Ue posto a tema anche nell’attuale plenaria, di fronte alla presenza crescente e massiccia di investitori extra-Ue nella realizzazione di gigafactory negli Stati membri", Cina in testa. Questo può "aumentare pericolosamente la dipendenza dall’estero della nostra industria automobilistica, le cui dinamiche verrebbero seriamente condizionate" da tale dipendenza. Posizione che è chiara anche nella maggioranza di governo italiana. Il Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e, soprattutto, il premier Giorgia Meloni hanno più volte criticato l'idea di un'eccessiva dipendenza dalla Cina. Rilevando esplicitamente un problema compreso ormai in tutta Europa.
E su cui i decisori dovranno lavorare per poter da un lato dare slancio al progetto europeo di una filiera delle batterie e dall'altro generare occupazione, benessere e sviluppo in campo comunitario senza regalarlo a attori terzi e potenzialmente ostili come la Cina.
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