Mattia Binotto, profilo di un uomo vestito di rosso Ferrari

Mattia Binotto ha dedicato quasi ventotto anni alla causa della Ferrari, adesso è pronto a farsi da parte per una nuova rivoluzione

Mattia Binotto, profilo di un uomo vestito di rosso Ferrari

Occhiali dalla montatura spessa, folti capelli ricci, neanche un filo di barba. Una maglia rossa cucita addosso come una seconda pelle, un viso dai lineamenti morbidi e un sorriso che fa simpatia. Peccato che questo profilo da persona comune, non sorrida da tempo. A questo identikit corrisponde Mattia Binotto, il personaggio più chiacchierato della Formula 1 attuale, per sua sfortuna non per motivi celebrativi ma a causa delle dimissioni dalla Scuderia Ferrari, il team più vincente nella storia del Circus, ma che da quattordici anni resta a bocca asciutta. L’italiano è stato al timone della gestione sportiva di Maranello dal 2019, da quel momento la sua vita è cambiata. È diventato un personaggio sempre sotto ai riflettori, prima osannato come salvatore della patria dopo la cacciata a furor di popolo di Maurizio Arrivabene, mentre oggi è trattato alla stregua di un nemico pubblico perché considerato, dai più, come il principale responsabile dei fallimenti del Cavallino Rampante. Una famiglia che gli volta le spalle, dopo quasi trent’anni di devozione e dedizione alla causa con una scalata che dalle retrovie lo ha innalzato fino al gradino più elevato.

L’approdo in Ferrari

Il 3 novembre del 1969, Mattia Binotto nasce da genitori reggiani in Svizzera, a Losanna, dove cresce e compie la sua formazione scolastica e universitaria, laureandosi in ingegneria meccanica presso il politecnico della cittadina baciata dall’acqua del lago di Ginevra e immersa nel cantone del Vaud. Successivamente consegue un master in ingegneria dell’automobile presso il dipartimento di ingegneria "Enzo Ferrari" (DIEF) dell'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, riavvicinandosi alla terra che ha dato i natali alla sua famiglia. Nel 1995 entra all’interno della Scuderia Ferrari, in qualità di ingegnere motorista per la squadra di test. È il primo compito all’interno del Cavallino Rampante, un luogo dei sogni. Assapora la Formula 1 da elemento chiave a partire dal 1997, quando riveste la mansione di ingegnere motorista. Saranno anni d’oro sotto alla gestione sportiva di Jean Todt, coadiuvato dalle visioni illuminate di Ross Brown. Binotto è fondamentale per realizzare i motori di quelle monoposto che segnano l’epoca più scintillante della Ferrari, il momento più vincente con Michael Schumacher al volante. Dal 1999 al 2004 arrivano sei titoli costruttori e cinque piloti, tutti vinti dal Kaiser di Kerpen. Nel 2002 e nel 2004 vanno in scena dei veri e propri domini, con campionati contraddistinti da una supremazia assoluta. Luca Cordero di Montezemolo è il presidente di una Ferrari che stupisce e impartisce legge, distruggendo ogni avversario. Dietro a questi trionfi c’è anche Mattia Binotto, che proprio nel 2004 viene promosso a responsabile motori in pista per la squadra corse.

Il momento delle vittorie

Negli anni ruggenti arrivano i grandi trionfi, momenti felici che sono legati anche ad aneddoti che hanno il sapore agrodolce della nostalgia, dati i tempi che corrono. Binotto è particolarmente attaccato alla vittoria di “Schumi” a Monza 2003, un’euforia che gli è costata addirittura il ritiro della patente. “Quel giorno Michael partì in pole, restò davanti a Montoya per tutta la gara ed ebbe la meglio in un confronto tirato a ogni giro sul filo dei decimi di secondo. Veniva da due gare difficili, il campionato era in bilico, e quel trionfo ci diede lo slancio verso il titolo mondiale. Ero talmente euforico che tornando a casa, all’altezza di Parma, ho preso una multa per eccesso di velocità con ritiro della patente”, racconta il nativo di Losanna sulle colonne della Gazzetta dello Sport. Nei mesi successivi per andare a Maranello, Binotto utilizza il motorino di Felipe Massa, all’epoca collaudatore per il Cavallino.

Una scalata verso l'alto

Dopo il ritiro di Schumacher, arriva l’ultimo titolo piloti con Kimi Raikkonen nel 2007, mentre nel 2008 cambia anche il team principal, con il ruolo che viene ricoperto da Stefano Domenicali, successore di Jean Todt, a sua volta promosso amministrato delegato della Ferrari. In quel periodo Binotto diventa responsabile delle operazioni Power Unit, e c’è tempo per festeggiare ancora un titolo costruttori quello del 2008, mentre Felipe Massa vede sfuggirsi dalle mani il campionato piloti all’ultima stregata curva di San Paolo del Brasile, appuntamento conclusivo di quella intensa stagione. La Ferrari vive poi delle stagioni altalenanti, accese in pista dal talento di Fernando Alonso, ma mai culminante con una gioia mondiale. Nel mentre la scalata di Binotto prosegue, diventa vicedirettore del reparto Motori ed Elettronica nell’ottobre 2013, poi successivamente Chief Operating Officer per la Power Unit (Direttore dell’Aera Power Unit), quando la F1 effettua la sua rivoluzione introducendo l’ibridazione dei propulsori. Il 27 luglio 2016 viene nominato Chief Technical Officer (Direttore Tecnico) della Scuderia Ferrari. Il team principal in quel momento è Maurizio Arrivabene, che dal 2015 affida le due monoposto a Sebastian Vettel e Kimi Raikkonen. Nel 2017 e 2018 la Ferrari si gioca le sue carte per togliere lo scettro alla Mercedes, senza tuttavia riuscire nell’impresa. Nel 2019 l’ennesima rivoluzione nelle gerarchie della Scuderia: giunge il grande momento di Binotto che raccoglie il testimone proprio dall’ex uomo di Philipp Morris. È adesso lui Managing Director Gestione Sportiva e Team Principal della Scuderia Ferrari.

Mattia Binotto Bahrain
Mattia Binotto insieme a Sainz, Leclerc e Hamilton. Bahrain, 2022

Mattia Binotto, la sua era

Stagioni difficili e speranze infrante. Il 2019 è stato un anno in cui la Ferrari scopre il talento di Leclerc, mentre vede appassire quello di Vettel. L’anno successivo è quello in cui il Cavallino soffre di più, penalizzato da un motore azzoppato dalle nuove direttive imposte dalla FIA dopo il caso power unit, e lontanissimo dalle posizioni che contano. Il 2021 è un momento di transizione in vista del rilancio mondiale del 2022, dove le attese sono altissime. La nuova era della F1 si apre con una SF-75 bella e veloce, capace di esaltare le doti al volante di un astro nascente come Charles Leclerc. Le due vittorie nelle prime tre gare sembrano il preludio a una stagione che può finalmente riservare un agognato ritorno sul tetto del mondo. Un’illusione che dura fino a metà stagione, quando Leclerc è staccato di una manciata di punti da Max Verstappen. Dal GP di Ungheria con dieci gare dal termine, Binotto sentenzia: “Non vedo perché la Ferrari non possa vincere tutte le gare da qui a fine stagione”. A giochi fatti il bilancio è il seguente: otto vittorie di Verstappen, una di Perez e una di Russell. Zero per la Ferrari. Dopo l’ultimo appuntamento di Abu Dhabi, la SF-75 si congeda con il secondo posto nei costruttori e nella classifica piloti con Leclerc. Il film del campionato ci ha regalato momenti di grande smarrimento del team, dominatore del sabato di qualifica, ma spesso disorientato alla domenica con scelte dal muretto discutibili e molto penalizzanti per entrambi i piloti. In uno degli ultimi atti, Binotto ha ammesso che la SF-75 ha dovuto ridurre la sua potenza per migliorare l’affidabilità, elemento critico di inizio stagione, mentre lo sviluppo non è stato adeguato per andare a privilegiare la monoposto del 2023. Lui, però, non ci sarà, pagando in prima persona tutti gli errori commessi dal team nella stagione appena conclusa. Le voci sempre più insistenti danno come suo successore Frederic Vasseur, attualmente responsabile dell’Alfa Romeo Racing. Entrato in punta di piedi, Binotto si congeda dopo quasi 28 anni uscendo dalla porta di servizio, nonostante una vita passata in quella che a tutti gli effetti è stata più di una famiglia.

Le dimissioni ufficiali

"Con il dispiacere che ciò comporta, ho deciso di concludere la mia collaborazione con Ferrari. Lascio un'azienda che amo, della quale faccio parte da 28 anni, con la serenità che viene dalla convinzione di aver compiuto ogni sforzo per raggiungere gli obiettivi prefissati. Lascio una squadra unita e in crescita. Una squadra forte, pronta, ne sono certo, per ottenere i massimi traguardi, alla quale auguro ogni bene per il futuro. Credo sia giusto compiere questo passo, per quanto sia stata per me una decisione difficile.

Ringrazio tutte le persone della Gestione Sportiva che hanno condiviso con me questo percorso, fatto di difficoltà ma anche di grandi soddisfazioni". Tramite queste parole, presenti nel comunicato diramato da Ferrari alle 9:43 del 29 novembre, Mattia Binotto saluta la Scuderia di Maranello. Si chiude un capitolo, si apre una nuova pagina.

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