Tutto quello che c'è da sapere sulla piattaforma Giorgio: storia e caratteristiche del telaio di Giulia e Stelvio

Tutto quello che c'è da sapere sulla piattaforma Giorgio: storia e caratteristiche del telaio di Giulia e Stelvio

Un prodigio ingegneristico da oltre un miliardo di euro

Il futuro dell’architettura è incerto, difficile l’impiego con motori ibridi ed elettrici. Giorgio, un nome così semplice che rimanda all’artigianalità squisitamente italiana. Niente codici, niente sigle. Così l’ex Gruppo FCA decise di chiamare la sorprendente architettura che, nel 2014, venne presentata come base progettuale dei veicoli premium di medie dimensioni che avrebbero partecipato al rilancio di Alfa Romeo. Stiamo ovviamente parlando di Giulia e Stelvio, recentemente aggiornate con un soft-restyling, che hanno permesso di (ri)elevare il nome del marchio lombardo a livello globale (sebbene non siano bastate per portare a termine l’operazione, ma questa è un’altra storia, ndr). Una piattaforma dall’indiscutibile livello ingegneristico – come hanno anche dimostrato i due veicoli, specialmente in versione Quadrifoglio – che ha permesso di associare ancor di più Alfa Romeo al concetto di divertimento al volante, di piacere di guida. Dal 2016 però, i tempi sono cambiati tremendamente in fretta e, quello che anni fa sembrava un prodigio made in Italy, oggi rappresenta più un vincolo per la crescita progettuale di Giulia e Stelvio e, ragione per cui, molto probabilmente sarà destinato ad andare in pensione prematuramente, senza un degno erede che ben si sposi con l’integrazione di moduli elettrici. O forse no… Ripercorriamo quindi le fasi che hanno guidato il processo di sviluppo di tale soluzione tecnica, alcuni aneddoti e la storia con l’applicazione sulle diverse vetture.

Alfa Romeo

Piattaforma Giorgio, le origini del nome

Spulciando nel fitto mondo automotive non è difficile imbattersi in termini quali piattaforme, architetture, pianali, layout o “ossatura”, in maniera più pittoresca. Sono tutti (quasi) sinonimi che rimandano alla base su cui “poggia” una vettura, in poche parole il telaio. Negli anni il concetto stesso di telaio, destinato quasi sempre ad un singolo modello, ha lasciato spazio al termine piattaforma, una base modulabile e variabile che può accogliere diverse tipologie di modelli e carrozzerie. Spesso, queste componenti propongono una nomenclatura fatta di codici, sigle, numeri, solitamente equiparabili ad acronimi o a codici di progetto interni. Diversa però la storia di Giorgio, per il quale però, non vi è mai stata una conferma definitiva da parte di FCA circa le origini del nome.

C’è chi ha ipotizzato si trattasse di un tributo a Tazio Giorgio Nuvolari, altri invece che l’hanno associato a Giorgio Agnelli, il fratello del celebre Gianni. Altre voci invece vedrebbero un parallelismo con Giorgio Pianta, storico pilota di rally, gare endurance e campionati turismo che, dalla fine degli anni ’80, divenne collaudatore e preparatore per Fiat e, successivamente, anche Direttore Sportivo di Alfa Corse. Sotto la sua guida vennero sviluppati i prototipi di alcune vetture poi diventate iconiche, come l’Alfa Romeo 155 GTA e V6 TI, famosa per i successi in diverse competizioni tra le quali anche il DTM, nelle mani di Nicola Larini. Quest’ultima sembra la teoria più gettonata: la scomparsa di Pianta arrivò nel 2014, anno in cui si venne per la prima volta a conoscenza del nome “Giorgio” per la piattaforma che dal 2015 avrebbe poi supportato la nuova Alfa Romeo Giulia e successivamente Stelvio.

Marchionne

Piattaforma Giorgio, per volere di Marchionne

Correva il 2011 e la line-up di Alfa Romeo appariva ancora piuttosto stagnante, soprattutto nella fascia media e alta della gamma. La recente introduzione di Mito e Giulietta non poteva bastare per risollevare le sorti di un brand così importante e ricco di storia come Alfa, da sempre capace di sfornare modelli iconici dalle berline di medie dimensioni a salire. La 159 iniziava ad avere diversi anni sulle spalle e le piccole migliorie non potevano consentirle di continuare oltre, infatti fu ritirata dal mercato proprio quell’anno. L’erede della berlina sarebbe dovuta arrivare intorno al 2012, basata sul pianale allungato della Giulietta ma la crisi economica e la successiva trasformazione in FCA generarono pesanti ritardi. La casa del biscione è così rimasta orfana di una berlina di segmento D per quasi cinque anni, fino all’arrivo della Giulia nel 2016 (debutto spostato di un anno, dal 2015, a causa di rallentamenti e ritardi).

Era quindi evidente, soprattutto a Marchionne, che ad Alfa Romeo servisse qualcosa su cui poggiare le basi per la creazione di veicoli premium di medie e grandi dimensioni, dalla spiccata dinamica di guida, altamente sofisticati, capaci di durare nel tempo e che aiutassero a risollevare lo status e il prestigio di Alfa Romeo a livello globale.

Mattarella

La risposta arrivò tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014. Si era già capito che fosse in cantiere qualcosa di speciale, in quel di Alfa Romeo, con il ritorno di un nome iconico come Giulia e, ovviamente, le aspettative erano molto alte. Trapelò così la notizia di un ritorno alla storica trazione posteriore, eventualmente anche integrale, con una piattaforma capace di ospitare anche motori longitudinali fino a sei cilindri a “V”. La stampa accolse ovviamente con entusiasmo tale notizia, immaginando già un ingresso nel segmento delle berline a trazione posteriore, battagliando così alla pari con Serie 3 e Classe C. L’investimento richiesto, però, fu davvero importante. Si parlò di una cifra non ben definita, compresa tra 1 e 1,8 miliardi di euro, che ovviamente prefigurava l’elevato livello tecnico. I numeri di vendita per giustificare tale spesa però, dovevano essere raggiunti in tutto il mondo, ampliando la rete distributiva soprattutto oltre oceano, in America, regione in cui da sempre Marchionne ha cercato di ampliare le mire di Fiat e poi di FCA. Col senno di poi, sappiamo come i risultati arrivarono solo in parte, soprattutto considerando il ciclo di vita inizialmente stimato in fase di progettazione: Giorgio sarebbe dovuta durare dai 20 ai 25 anni, un periodo ben più lungo – forse troppo onestamente – ma che, con ogni probabilità, verrà ridimensionato ben prima dei 10 anni di vita a causa dell’avvento delle motorizzazioni elettrificate ed elettriche.

Piattaforma Giorgio

Le peculiarità meccaniche della piattaforma Giorgio

La genesi della piattaforma Giorgio si ebbe in quel di Modena, in uno stabilimento specifico ora inglobato nel Maserati Innovation LAB e alla progettazione, oltre ai tecnici Alfa Romeo, parteciparono anche diverse “teste” provenienti da Ferrari e Maserati stessa. Si parte proprio dai materiali scelti per la realizzazione dello scheletro: alluminio per assicurare un peso contenuto e acciaio per dare resistenza torsionale, in aggiunta a traverse in magnesio per garantire stabilità in curva. Il motore, collocato frontalmente, alloggia su dei supporti rigorosamente posizionati all’interno del passo, non a sbalzo, per accentrare le masse e migliorare la dinamica di guida, oltre che assicurare una quasi perfetta ripartizione dei pesi. Giorgio può ospitare sia motori 4 cilindri che sei cilindri longitudinali, a seconda delle versioni. Come voluto da Marchionne, la trazione doveva essere posteriore, perciò la scatola del cambio doveva necessariamente essere montata all’anteriore con l’albero di trasmissione (realizzato in carbonio per tutte le versioni) diretto al differenziale posteriore o, in alternativa, con un più costoso schema Transaxle con scatola del cambio collocata posteriormente (soluzione scartata). È inoltre predisposta per accogliere anche la trazione integrale, rinominata Q4 in casa Alfa Romeo.

Piattaforma Giorgio

Anche lo schema delle sospensioni, quasi interamente in alluminio, doveva essere di alto livello, infatti all’avantreno vi è la possibilità di installare un sistema a quattro bracci o un più collaudato doppio braccio oscillante, al posto di un più economico e largamente impiegato MacPherson, dalle inferiori qualità dinamiche. Nel posteriore quasi scontata la presenza di una geometria Multi-link (o Alfa Link) a cinque bracci e, l’intera piattaforma, era anche già pronta per accogliere vetture dalla maggior escursione delle sospensioni – leggasi SUV – dal momento che era già previsto di poterla adattare a vetture basse o rialzate da terra, fino a circa 5 metri di lunghezza, tra berline, coupè, station wagon suv medi e suv grandi.

Giulia

Tutto questo si è poi tradotto in performance di altissimo livello, quando è stata poi presentata la vettura. Ricordiamo il famigerato record sul circuito del Nurburgring, fatto segnare sia da Giulia che da Stelvio Quadrifoglio per le rispettive categorie, staccando di un bel gap la concorrenza. Sintomo di una piattaforma pensata per eccellere e che, all’atto pratico, è riuscita a soddisfare le aspettative, costringendo poi gli altri costruttori premium a correre ai ripari con aggiustamenti alle rispettive architetture, con nuovi set-up meccanici, nuove soluzioni che riuscissero a colmare in fretta il divario con le qualità dinamiche delle due di Alfa Romeo.

Giorgio piattaforma

I sogni della piattaforma Giorgio

Come anticipato, questa architettura è stata pensata per durare nel tempo e poter assicurare delle qualità dinamiche che superassero ampiamente quelle viste fino a quel periodo sulle vetture dei segmenti interessati. Sarebbe stato l’unico modo per poter rientrare dall’importante investimento messo in campo per la sua progettazione e infatti il ciclo di vita era stimato in un periodo prossimo ai 20 anni, con i dovuti aggiornamenti, chiaramente. Ciò che però non si è riuscito a concretizzare fu la rinascita completa di Alfa Romeo. Giorgio, stando ai piani di Alfa, divulgati ben prima di quel fatidico 2019, avrebbe dovuto accogliere “sopra” di sé diversi altri modelli per un obiettivo globale di oltre 400 mila vetture l’anno. Si era parlato di un SUV di segmento E più grande di Stelvio (oggi trasformato in Grecale), di una Giulia Station Wagon, addirittura una coupè ad alte prestazioni (probabilmente Giulia Coupè) ma si sarebbe anche ben sposato per una GT sportiva lussuosa, ipotetica GTV / 8C (oggi diventata la nuova GranTurismo di Maserati).

Portfolio

Con particolari modifiche avrebbe potuto accogliere anche una versione più compatta della Giulia, c’è chi ipotizzava anche una nuova Giulietta a trazione posteriore ma, purtroppo, sappiamo bene come è andata a finire. L’avvento dell’elettrificazione sui motori, la contrazione dei costi di produzione, la fusione con PSA e anche la pandemia da Coronavirus hanno rimescolato completamente le carte in tavola, stravolgendo in primis il contesto automotive e poi, nello specifico, la realtà di Alfa Romeo che già si trovava in costante ritardo tecnologico rispetto agli altri produttori.

Stellantis

La questione Stellantis ha, purtroppo, messo in stallo per circa 1 anno e mezzo tutto il Gruppo FCA, nell’attesa che si scegliessero quali piattaforme utilizzare e come sfruttare al meglio le sinergie di due così grosse multinazionali. Per questa ragione fu rallentato il processo di sviluppo di Tonale, auto più volte modificata, anche a livello di concetto, durante il suo percorso evolutivo. Inizialmente nata nel segno di Giorgio (si può facilmente vedere dalla concept al Salone di Ginevra 2019 come fosse pensata per ospitare un layout a trazione posteriore, giudicando gli sbalzi), fu poi messa in discussione da cima a fondo, prima ipotizzando la piattaforma EMP di PSA e poi optando per una rivisitazione della piattaforma Small US Wide, già impiegata per Renegade e Compass (quindi capace di accogliere diversi stadi di elettrificazione), ma aggiornata.

Grafico Stellantis

Il giro di vite si ebbe dal 2019 con Manley e, successivamente, con Tavares a capo di Stellantis e Imparato alla guida di Alfa Romeo. Così sono state modificate le linee inizialmente tracciate da Marchionne per il brand del biscione mettendo, in prima istanza, alle strette la permanenza di Giorgio. Come molti forse ricorderanno, nella primavera del 2021, Imparato si lasciò sfuggire una dichiarazione completamente travisata dai media italiani (e non solo). Spiegò infatti che non ci sarebbe stato alcun futuro per Giorgio, poi dimostrato anche dai documenti presentati durante lo speech di Tavares all’assemblea degli azionisti, il 15 aprile: nel file, non si leggeva il nome italiano tra l’elenco delle piattaforme che dal 2023 e 2024 avrebbero presto parte alla squadra di architetture a disposizione della nuova alleanza. Da una particolare slide si leggono infatti i nomi delle piattaforme e-CMP2 (dal 2025 sostituita da STLA Small), EMP2 (dal 2025 rinominata STLA Medium) e, la STLA Large.

Giulia e Stelvio

Il futuro di Giorgio

Proprio quest’ultima STLA Large, prederà il posto di Giorgio, sorgendo dalle sue “ceneri”. Imparato infatti, durante la sua dichiarazione (non essendo madre lingua italiano) affermò che “non ci sarebbe stato un futuro per Giorgio”, quando in realtà alludeva alla scomparsa del nome italiano, al posto di una più sfruttabile e rivendibile sigla di stampo internazionale. Si tratta infatti di una sua evoluzione, con apposite modifiche per aumentarne il campo di sfruttabilità, soprattutto rendendola impiegabile su auto dalle maggiori dimensioni. Se prima infatti era stata pensata per spaziare dal segmento C grande fino a solcare il segmento E, dal 2022 è stata aggiornata per accogliere vetture dal segmento D+ a salire.

Grafico Stellantis

La natura di questo cambio di orizzonti deriva principalmente da una ragione economica. L’elevato costo di progettazione, di realizzazione e anche di aggiornamento, non poteva consentire a Giorgio di adattarsi solamente a vetture di segmento D prodotte da costruttori generalisti. C’era bisogno di aumentare in primis le dimensioni delle auto, per poter ospitare varianti elettrificate leggere e anche plug-in, ma a fronte di un maggior prezzo finale, perciò vetture premium/lusso o di importanti dimensioni.

Maserati Grecale

Attualmente infatti, l’erede della piattaforma Giorgio è stata impiegata per realizzare vetture di nuova generazione come Maserati Grecale, Maserati Granturismo (nella declinazione sport) e Jeep Grand Cherokee e, molto probabilmente, non tornerà più su Alfa Romeo, se non con modelli più generosi nelle dimensioni o con future evoluzioni completamente elettriche per i Giulia e Stelvio. Gli ingenti aggiornamenti effettuati sullo schema originario di Giorgio hanno portato la piattaforma a poter accogliere diversi livelli di elettrificazione, dallo stadio intermedio su Grecale fino all’ibrido plug-in con batterie da 17 kWh per la nuova Grand Cherokee, ma capace anche di ospitare motori V6 e V8. Per Grecale e Granturismo sarà inoltre disponibile la versione 100% elettrica chiamata Folgore, con una pesante rivisitazione della piattaforma che le consentirà di accogliere batterie fino a 105 kWh, a 400 o 800 V, con due o tre motori elettrici e potenze da 400 kW (544 CV) fino ad oltre 1.200 CV di potenza nominale per GranTurismo.

Cassino

Come per Stelvio e Giulia, anche Grecale darà continuità allo stabilimento di Cassino, mentre GranTurismo sarà prodotta nello stabilimento di Mitrafiori ed infine Gran Cherokee popolerà alcuni stabilimenti statunitensi a Detroit e anche in India a Ranjangaon. Le modifiche apportate alla configurazione iniziale sono molteplici e differenti a seconda del modello di destinazione. Si può quindi riconoscere addirittura tre differenti architetture, una per Grecale, una per il SUV Jeep e una per Granturismo, ma tutte e tre racchiuse sotto al cappello della sigla STLA Large, o ex Giorgio. Tutte le diverse versioni sono però accomunate da un raffinato schema a doppio quadrilatero alto all’avantreno e multilink sull’asse posteriore, motori termici longitudinali, grande presenza di alluminio ad alta resistenza (oltre il 60%) e rinforzi/traverse in magnesio per elevare la rigidità torsionale nonché la dinamica di guida. Tutte sono dotate di trazione posteriore o integrale, eccezion fatta per le elettriche di Maserati che propongono una disposizione completamente differente delle componenti: la batteria per GranTurismo hanno una forma a “T”, con un motore all’anteriore e due nel retro, mentre Grecale sfrutta una più convenzionale batteria “piatta” disposta nella zona inferiore con due motori elettrici, uno per ogni asse.

Maserati

Il nostro pensiero

Una piattaforma, quindi, schiava della sua stessa raffinatezza che, verosimilmente, non accompagnerà più le vetture del biscione se non in veste elettrica (e completamente riprogettata da cima a fondo), dal 2025 in poi con l’attesa nuova generazione di veicoli. La probabilità che ciò avvenga, però, risulta comunque molto bassa – come confermato anche da Daniel Guzzafame, responsabile prodotto Alfa Romeo - principalmente per vincoli economici e di marginalità; è più probabile che si scelgano piattaforme native elettriche più moderne.

L’eredità di Giorgio però continuerà a vivere nei nuovi modelli a marchio Maserati che, almeno in procinto di genesi, qualcosa avrebbero dovuto condividere con Alfa Romeo. Tanta eccellenza, quella italiana, che rischia di venire eclissata dalle sinergie del Gruppo Stellantis, intenzionata si ad elevare Alfa Romeo ad uno status di marchio premium ma che, inevitabilmente, deve fare i conti con i sempre più elevati vincoli posti dall’UE e da un’attenzione sempre maggiore alle logiche di costo in fase di progettazione e produzione.

Il rischio di “appiattire” completamente le future Alfa Romeo, privarle del loro DNA, delle loro caratteristiche di spicco è realmente concreto.

Nel frattempo, se volete gustarvi le bontà dinamiche di queste due vetture, Giulia e Stelvio, in veste originale, vi consigliamo di affrettarvi perché il futuro sarà di certo differente.

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