Azzurri verso il Paraguay: Lippi teme le soffiate

E' lo sport di ogni mondiale: scoprire la squadra. Il ct si nasconde ma ora c'è allarme per De Rossi. Certezze: scelto Maggio a destra, con lui Bonucci, Cannavaro e Chiellini. Ieri test fasullo per le spie

Azzurri verso il Paraguay: Lippi teme le soffiate

Caccia grossa all’Italia di Lippi. È cominciata da qualche ora in Sudafrica, nei dintorni del college azzurro, ed è destinata a concludersi solo a qualche ora dall’appuntamento di lunedì prossimo col Paraguay. Sono impegnati tutti i cronisti, dai più stagionati ai debuttanti, divisi in scuderie e squadre attraverso il gioco perverso delle alleanze tese a scoprire in anticipo lo schieramento della Nazionale per la prima.

È bastato sfogliare i giornali italiani degli ultimi giorni per capire che è cominciata la caccia e per intuire che contemporaneamente è iniziato anche il divertimento di Marcello Lippi, deciso a difendere con le unghie la segretezza dei suoi piani e pronto a minacciare rappresaglie ai cavalieri della tavola rotonda nel caso di soffiate spedite all’esterno di casa Italia. Il primo successo l’ha ottenuto con la pubblicazione della lista dei 23 sudafricani. Nelle previsioni scontate delle esclusioni, per esempio, erano finiti Bocchetti, poi rimasto in gruppo, e il ballottaggio crudele tra Giuseppe Rossi e Borriello, rimpatriati entrambi. «Sarà una vera sorpresa» il suo soddisfatto annuncio ai collaboratori dello staff, all’ora di colazione, nell’albergo del Sestriere.

Adesso, con l’avvicinarsi dell’evento, il gioco si fa duro e i cronisti duri e puri cominciano a giocare muovendo tutte le loro pedine, consultando le fonti più attendibili e incrociando suggerimenti e “soffiate” con i test quotidiani effettuati da Lippi, come quello di ieri sera, l’ultimo, il meno attendibile perché effettuato dinanzi alle telecamere e ad eventuali “spie” del Paraguay che non si possono mettere alla porta. In queste condizioni, di solito, parlano pochissimo e solo con interlocutori fidati, i collaboratori di Lippi. Pezzotti, il suo vice da tantissimi anni, è una specie di sfinge. Sono contati quelli che riescono ad avvicinarlo e a parlargli del tempo che fa a Camogli e delle caratteristiche del rivale da incrociare lunedì, a Città del Capo. I più disponibili sono i calciatori, ma qui l’errore è dietro l’angolo: perché il ct non è certo il tipo da confidare loro, in largo anticipo sulla sfida, le scelte già fatte. Quindi bisogna rivolgersi a chi è in grado di decifrare l’orientamento del viareggino: in questo caso bisognerebbe rivolgersi ai più anziani del gruppo, Cannavaro, Gattuso, Camoranesi.

Le tecniche di Lippi per depistare sono quelle classiche. Per esempio: mai utilizzare lo schieramento tipo nei test a porte aperte, svelare le mosse nei provini a porte chiuse. E così meglio non tener conto, per esempio, dell’allenamento di ieri sera e invece puntare su quello di giovedì sera da cui si è capito che, a sorpresa, schiererà terzino a destra il napoletano Maggio. Il motivo è molto semplice e allo stesso tempo significativo: perché è un debuttante, perché ha chiuso la stagione con uno standard molto alto di forma, perché è in grado di esprimere una importante vitalità fisica e perché il resto del quartetto difensivo (costituito da Cannavaro, Bonucci e Chiellini) può trasformarsi in uno schieramento a tre, con l’intento di coprire l’intero fronte. Invece è certo l’allarme per De Rossi che non ha giocato nel test contro i Gauteng All Stars, a causa di un problema al polpaccio destro. Secondo il medico, il giocatore è recuperabile per l’esordio di lunedì. Senza dimenticare che Pirlo rischia di star fermo per le prime tre partite.

Non è il primo mondiale, non è nemmeno l’ultimo torneo scandito dalla voglia matta di anticipare le scelte del ct e mettersi la medaglia sul petto. Nel ’96, in Inghilterra, gli europei di Sacchi e della sua Italia, furono scanditi da un episodio unico: tra la prima (contro la Russia domata facilmente) e la seconda sfida (contro la Repubblica Ceca), il ct di Fusignano cambiò addirittura sei titolari su 11.

Uno solo degli inviati al seguito, Roberto Renga del Messaggero, indovinò il ribaltone e ne venne fuori un finimondo. Venne accusato della fuga di notizia uno dei collaboratori dell’Arrigo, Varrella, messo all’indice dagli altri giornali.

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