RomaAlla fine è andata via liscia, senza intoppi. Niente sfida allultimo scrutinio con Vincere di Marco Bellocchio, dato come lavversario più insidioso, in compenso due voti di simpatia, su quattordici espressi dagli esperti convocati allAnica, per Si può fare di Giulio Manfredonia. Così sarà Baarìa a rappresentare lItalia nella corsa allOscar, categoria miglior film straniero, cioè girato non in lingua inglese. Trattasi, a scanso di equivoci, di designazione italiana, non di candidatura. Da domani il kolossal di Tornatore dovrà vedersela con unottantina di film, appunto designati da altrettanti Paesi, e solo il 2 febbraio, ammesso che passi la preselezione, sapremo se figurerà nella cinquina. Ma intanto è un buon inizio. Il film sta marciando bene al botteghino (2 milioni e 105mila euro nei primi tre giorni, ai quali vanno aggiunti i 250mila di lunedì); mentre Medusa, che produce, è già in trattative con due società per la distribuirlo negli Usa.
E Tornatore? Alle prese con una tournée infinita, mentre sta già pensando a un nuovo film, forse incentrato sulla figura di Aung San Suu Kyi, il cineasta ha dettato qualche riga alle agenzie, rinviando a oggi lincontro ufficiale presso la stampa estera. Nel dirsi «molto contento ma anche intimidito», ribadisce che «gli esami non finiscono mai: la designazione è un onore e una responsabilità, perché ogni Paese si fa rappresentare da film interessanti e ce ne sono tanti in lizza». Ciò che fa ben sperare, continua, «è il successo di pubblico ottenuto a Toronto, un trionfo assoluto che ci ha sconvolto, quasi più forte di quello registrato a Bagheria». E quindi: «Ringrazio il comitato per latto di fiducia, che spero venga ripagato almeno con lingresso nella cinquina. Bisognerà fare una campagna di promozione importante, non è una corsa semplice, ce la metteremo tutta. Mi auguro che i produttori si impegnino al massimo per dare visibilità al film e promuoverlo negli Stati Uniti».
Arriva a stretto giro di posta la rassicurazione di Giampaolo Letta e Carlo Rossella, a nome di Medusa: «Non possiamo che essere orgogliosi per questa scelta, della quale ringraziamo il comitato dellAnica, nella certezza che il cinema italiano abbia questanno lopportunità di presentarsi agli Oscar con unopera allaltezza della sua grande tradizione qualitativa e produttiva. Sappiamo che è solo un primo passo. Il cammino è ancora lungo e ci impegneremo con passione ed entusiasmo, come abbiamo fatto finora, per arrivare fino in fondo».
Già, un primo passo, essendo la corsa allOscar, anche sul fronte del miglior film straniero, tuttaltro che una passeggiata. La Germania ha già scelto Il nastro bianco di Michael Haneke, Palma doro a Cannes. La Francia ha risposto con Un profeta di Jacques Audiard, lOlanda con The silent army di Jean van de Velde, il Cile con Dawson Isla 10 di Miguel Littin. Mentre dallOriente arrivano Prince of tears del cinese Yonfan, Mother del coreano Bong Joon-ho e Nobody to watch over me del giapponese Ryoichi Kimizuka.
Ma certo Baarìa, diciannove anni dopo la statuetta a Nuovo cinema Paradiso, sembra avere le carte in regola per piacere alla commissione ristretta dellAcademy. A partire dallimpegno produttivo, non comune per un film italiano. Qualche cifra: 9 mesi di preparazione, 12 per ricostruire Bagheria in Tunisia, 25 settimane di riprese, 63 attori professionisti, 147 attori non professionisti, 30mila comparse, per un costo totale attorno ai 25 milioni di euro.
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