Baget Bozzo, l'ultima profezia: lo scontro con la Consulta

Esce la biografia intellettuale del sacerdote. Che nel 2008 scrisse: "La recente vittoria di Berlusconi cambia la Costituzione materiale. Quella scritta però rimane appannaggio di Corte e presidente della Repubblica"

Baget Bozzo, l'ultima profezia: lo scontro con la Consulta

Andrea Camaiora

E' importante, per comprendere don Gianni e acquisire consapevolezza dell’opera politica di Berlusconi, del valore politico della vittoria del centrodestra, leggere l’articolo scritto per Ragionpolitica.it il 29 aprile 2008 dal titolo Ce l’abbiamo fatta: «Con le elezioni del 14 aprile – rileva Baget – si è realizzata in Italia la seconda Repubblica. La prima Repubblica aveva come suo fondamento politico-costituzionale l’antifascismo come condizione preliminare della democrazia. I partiti antifascisti storici erano incorporati nella Costituzione materiale dello Stato come i soli politicamente legittimi. La fine della prima Repubblica avvenne quando, con i processi nel ’92 e nel ’93, i postcomunisti avallarono la cancellazione dalla politica italiana di tutti i partiti antifascisti, salvo il proprio.

La seconda Repubblica nasce quando Berlusconi vince le elezioni del ’94: nessuno dei partiti che erano con lui appartiene all’antifascismo storico. Il concetto base della seconda Repubblica è che la democrazia non ha altro fondamento se non la democrazia e il rispetto della libertà. Cominciò così allora un conflitto tra la prima Repubblica e la seconda Repubblica, che ebbe, come forza di combattimento della prima Repubblica, i capi dello Stato: Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi. Per essi l’antifascismo doveva essere ancora la chiave della democrazia: anche contro il voto popolare. La storia che seguì fu la lotta tra Berlusconi, che difendeva il principio della legittimità della sola democrazia e i capi dello Stato che ritenevano Berlusconi non adatto a governare perché la sua formazione politica non era un partito antifascista storico e non professava l’antifascismo come dottrina fondante. Nel 2006 si costituì una coalizione attorno a Romano Prodi che era fatta dai partiti antifascisti e da tutti i loro frammenti, salvo Di Pietro, che però aveva un suo titolo proprio ben visibile. Era la mano che aveva liquidato i partiti democratici antifascisti e si poteva dunque assiedere al loro posto. Dall’altra parte vi erano tutte le forze non storicamente antifasciste: il Popolo della libertà, la Lega e i frammenti in esse incorporati. La seconda Repubblica ha vinto e ha vinto nettamente. Ha vinto anche a sinistra e al centro. Basta vedere chi è scomparso. Il partito cattolico è ridotto al volto di Casini, rappresentante del gruppo Caltagirone.

A sinistra finiva l’opera di Bertinotti, che aveva creato una forza politica a sinistra del Pci. Il Ds, integrato nel Partito democratico con i democristiani di sinistra, non accettava nemmeno più la definizione di “riformista”. Il Pd soffriva della sua mancanza di identità: come il pipistrello, né mammifero né uccello, ma ambedue insieme. E Veltroni ha prodotto un linguaggio diverso da ambedue: un linguaggio “americano”, fatto di buoni sentimenti e di fuggevoli speranze. I socialisti morivano della loro terza e quarta morte: nella farsa di Boselli divenuto anticlericale puro senza il ricordo di Craxi, il socialista che firmò il concordato con la Santa Sede. Anche i radicali confluiscono nel Partito democratico. Marco Pannella passa alla storia, la Bonino alla politica. Rimane solo fuori Di Pietro che non viene dalla prima Repubblica, ma ne decretò la fine e rese possibile a Berlusconi fondare la seconda. Di Pietro è la minaccia antipolitica per il Pd, essendo da sempre nemico dei partiti. Le elezioni del 2008 hanno cambiato la nostra Costituzione materiale, hanno reso patrimonio della Corte costituzionale e del presidente della Repubblica la Costituzione scritta.

Tutto ciò l’ha fatto Berlusconi, un uomo solo. Ed è questo che fa pensare. Vuole dire che la prima Repubblica era ben delegittimata nella coscienza del popolo. Ed è bastato a Berlusconi dire che il re è nudo per creare un altro popolo e un’altra maggioranza. Nel 2008 è crollata la grande coalizione dei frammenti dell’antifascismo costituzionale: e la democrazia è divenuta il fondamento della democrazia. Veltroni ha avuto il merito di impersonare il cambio di registro e di linguaggio rispetto al passato. Ora anche Veltroni in qualche modo appartiene alla seconda Repubblica. Se riuscirà a sopravvivere agli spiriti bollenti dei democristiani alla Fioroni e dei postcomunisti alla Bersani». Questa idea di una sinistra che nega la realtà che ha di fronte perché non corrispondente ai propri canoni etico-estetico-politici, (...) si ritrova in un intervento apparso su «il Giornale» del 7 gennaio 2005, dove il nostro politologo prende di mira la rivista «culturale» per eccellenza della sinistra comunista dopo Muro, «Micromega».

Per Baget, il giornale fondato e diretto dal girotondino Paolo Flores d’Arcais «scomunica la realtà». «Forse qualcuno ricorda che Micromega era nata come rivista di filosofia, ma oggi di pensieri sull’universale non c’è più traccia. È difficile definire quale sia un riferimento teorico della rivista. Se vi sia spazio in Micromega per una teoria politica. Certo – ecco il primo affondo del politologo – vi è uno spirito giacobino della rivista: la critica delle differenze e delle diseguaglianze, l’incomprensione per la creatività e la libertà, la mancanza di uno spazio per ciò che chiamiamo, con parola cristiana, persona. Micromega conosce solo individui, atomi che devono essere eguali l’uno all’altro in cui la differenza viene soppiantata dall’omologazione». Ecco perché il politologo e dirigente politico di Forza Italia parla apertamente di scomunica. Si spiega, don Gianni: «Non vi è nemmeno più traccia della dialettica marxiana, che infine era riconoscimento del valore delle differenze». E allora, qual è il ruolo di Micromega, non più rivista filosofica ma nemmeno rivista politica? «Lo scopo di Micromega è quello di definire chiaramente il nemico». E porta ad esempio l’ultimo numero della rivista e il suo titolo di apertura: Le due Italie: uno scontro di civiltà. (...) Torna quindi l’intuizione di don Gianni che la sinistra sia sempre più sconnessa dalla realtà sociale e politica italiana: «Decenni di aggiornamento sociologico non hanno insegnato ai marxisti ordinari che la complessità della realtà sociale non consente più di dire “qualcosa di comunista”. Ma è già evidente, in questo caso estremo, la malattia intellettuale della sinistra: quella di voler intendere il presente con il passato, pur sapendo di vivere una società tecnologica in cui il possibile sfida l’immaginario». «All’analisi del pensiero marxista si contrappone l’analisi del pensiero che potremmo chiamare “azionista”, quello della contrapposizione dei vizi del popolo italiano e alle virtù delle sue élites». «Barbara Spinelli – demolisce così don Gianni la commentatrice de La Stampa – è la viva voce di questa cultura che ha radici antiche e consiste nel rimproverare al popolo italiano la mancanza della vera riforma religiosa, la Riforma protestante.

L’Italia è un Paese malato moralmente, scisso tra il culto della virtù e l’approvazione dell’immoralità trionfante: il Paese di Tacito e di Machiavelli.

Sicché non si legge sulle colonne del giornale torinese un’analisi della politica di Berlusconi ma solo quella dei vizi congeniti degli italiani: scissione tra morale e politica, tra società e mercato, tra interesse privato e interesse pubblico, tra legalità e giustizia. Berlusconi è semplicemente il risultato di queste malattie, è anzi la forma grave della malattia stessa, è l’Italia reale che giunge al potere cacciandone le élites virtuose della sinistra che prima lo occupavano».

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