Bambino di un anno muore nel campo rom di Tor dè Cenci

Il piccolo stava giocando quando è stato folgorato da una scarica elettrica partita da un filo scoperto del frigorifero. Inutile l'intervento dei soccorsi

È morto mentre gattonava, cercando di inseguire una pallina. Tragedia nel campo nomadi di Tor dè Cenci, a Roma, dove un bambino rom di quasi un anno ha perso la vita dopo essere stato folgorato da una scarica di corrente elettrica.
Tutto è accaduto in un attimo, quando erano da poco passate le 15.30. Il piccolo stava giocando in un container, in compagnia della nonna che vegliava su di lui proprio per controllare che non gli accadesse nulla. A un certo punto si è messo a gattonare per prendere una pallina che rotolava. Quando si è avvicinato al frigorifero, però, nel cercare di afferrare il suo giochino ha toccato un filo elettrico scoperto. È rimasto folgorato all'istante. La nonna ha assistito impotente alla scena.
Dopo l'incidente il bimbo è stato subito trasportato dagli stessi genitori all'ospedale Sant'Eugenio, dove è arrivato in fin di vita. Ma il tempestivo intervento del papà e della mamma, entrambi di 22 anni, non è servito a strapparlo alla morte.
Decine di nomadi, tutti del campo di Tor dè Cenci, uno degli insediamenti storici della capitale, si sono affollate davanti al pronto soccorso dell'ospedale Sant'Eugenio, per stringersi attorno ai genitori. «È il loro unico figlio», ripete un amico della coppia piangendo.
«Noi non vogliamo vivere così, noi vogliamo campi attrezzati e vivibili - proseguono i rom -. Qui siamo aumentati, ora siamo in 400, e anche se le condizioni igieniche sono migliorate le case sono insicure». All'interno del campo vivono per la maggior parte nomadi di origine bosniaca. L'insediamento è situato lungo la via Pontina a ridosso di Tor dè Cenci ed esiste da circa 15 anni, è composto da prefabbricati e baracche ed è delimitato da una recinzione. Per chi proviene da fuori Roma ci sono anche indicazioni stradali che ne segnalano la presenza.
In passato gli abitanti del campo si erano opposti allo sgombero e avevano rifiutato la proposta di essere trasferiti a Castel Romano dove esiste un insediamento con prefabbricati.

«Lì non vogliamo andare - dicono i residenti del campo - perché ci sono già 800 persone, che vivono anche peggio di noi, sono troppi e rischieremmo di non andare d'accordo. Ci mandino in un campo attrezzato e vivibile».

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