La “lista del cda“ sta generando focolai di polemica un po’ ovunque. Dopo il via libera bipartisan della Camera al Ddl Capitali, che affronta di petto la questione introducendo novità sostanziali, e le forti critiche espresse dall’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, ieri se ne è parlato in termini dubbiosi anche al convegno del Forex, con in prima fila il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, e l’amministratore delegato di Banco Bpm, Giuseppe Castagna. Che la questione vada affrontata più compiutamente in occasione della riforma del Tuf è provato anche da quanto sta accadendo al vertice di Unicredit, che un paio di settimane fa si è visto contestare la procedura per la formazione della lista nientemeno che dalla Fondazione Crt, azionista storico dell’istituto con il 2,15% del capitale.
Forte delle linee guida introdotte nel 2022 dalla Consob che prevedono la consultazione tra management e principali soci prima dell’indicazione dei candidati al nuovo cda, il 2 febbraio l’ente guidato da Fabrizio Palenzona ha inviato una lettera al presidente dell’istituto Pier Carlo Padoan, nella quale lamenta di non essere stato consultato nella definizione dei criteri quali-quantitativi da seguire per l’individuazione della composizione ottimale della lista del cda da proporre all’assemblea dei soci. In ciò violando la raccomandazione della Consob - che ha ricevuto copia della lettera - offrendo in tal modo un’immagine di autoreferenzialità che è proprio ciò che si vorrebbe evitare con le nuove norme contenute nel Ddl Capitali.
Qualche ora di sconcerto per una iniziativa che non ha precedenti tra i soci, e da Piazza Gae Aulenti è partita una lettera di risposta più o meno così concepita: caro azionista, la procedura interna non prevede una fase regolata di consultazione con i soci rilevanti, ma visto che il problema è stato da te sollevato siamo pronti a incontrarti per raccogliere le tue osservazioni ed eventualmente farle confluire nelle linee guida della procedura; dobbiamo però fare in fretta perché è consuetudine di Unicredit proporre la lista del cda molto prima del tempo canonico (40 giorni), e l’assemblea è già stata convocata per il 13 aprile. La firma è di Padoan, anche se è probabile che a concepire il testo sia stato Lamberto Andreotti, presidente del Comitato corporate governance dell’istituto milanese e dunque responsabile delle scelte in materia di nomine.
Sia pure vergata con toni educati, la risposta non deve però essere piaciuta alla Fondazione Crt, che un paio di giorni fa ha inviato all’istituto una seconda lettera.
Che recita più o meno così: prendiamo atto che ci dobbiamo incontrare quanto prima, segnaliamo tuttavia che la consultazione andrebbe estesa a tutti gli azionisti rilevanti perché ciò che chiediamo non è un favore che fate a noi; peraltro, proprio la vostra risposta è la conferma che vi è carenza nei meccanismi interni dell’istituto. E dunque, è il messaggio implicito, provvedete quanto prima a mettere una pezza.
Come si può vedere, il tema dell’autoreferenzialità e dell’autoperpetuazione del management non è più un tema che riguarda i soli casi Generali o Mediobanca, ma è molto più esteso nel panorama societario italiano, sebbene vi siano caratteristiche e sensibilità anche molto diverse. «Per questa ragione - conclude la seconda lettera della Fondazione Crt, anch’essa inviata per conoscenza alla Consob - l’approvazione di una procedura pubblica deve avere quale obiettivo prioritario quello di garantire un processo trasparente, tracciabile e ricostruibile ex post, nel quale le scelte operate sono orientate dal confronto con il mercato, con i soci stabili e con i principali stakeholders».
Da segnalare la circostanza che Andreotti, secondo alcuni rumor, sarebbe in corsa per assumere la presidenza di Unicredit in sostituzione di Padoan, che però continua a godere di grande fiducia presso i principali soci rilevanti.
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