Bandiere blu per premiare i migliori reparti di cardiologia italiani

Al Congresso europeo di cardiologia di Parigi l'associazione Anmco ha illustrato il progetto-pilota che già coinvolge 10 cardiologie tra nord e sud della penisola per standardizzare il trattamento. L'intenzione è quella di farlo adottare dalle altre 400 unità coronariche.

Dopo le spiagge, anche i reparti di cardiologia italiani.
Assegnare le bandiere blu, per certificare l'alta qualità, è la proposta lanciata a Parigi, nel corso del Congresso europeo di cardiologia, dall'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco).
L'idea viene dal sistema sanitario inglese e nel nostro Paese questo sistema già serve a mettere in luce il meglio di altri ambiti.
Perchè non applicare il metodo anche ai centri di cardiologia, in modo che i pazienti possano meglio orientarsi?
L'associazione Anmco ha illustrato il progetto-pilota che già coinvolge 10 cardiologie in Italia, distribuite tra Nord e Sud della penisola per standardizzare il trattamento.
L'intenzione è quella di farlo adottare dalle altre 400 unità coronariche e di individuarle per metterle in gara, tutte impegnate a conquistare la «Bandiera blu» della cardiologia.
«Il nostro obiettivo - ha spiegato in una conferenza stampa per presentare l'iniziativa Mario Scherillo, presidente dell'Anmco- non è solo quello di rilasciare un bollino di eccellenza: la certificazione (che individuerà i centri con i migliori percorsi per chi ha avuto un infarto) è un processo che mette al centro il paziente, affinchè venga rispettato nel suo diritto alle cure migliori».
Il progetto «Standard of Care», per la prima certificazione del percorso di cura dei pazienti colpiti da Sindrome Coronarica Acuta, ha l'obiettivo di assegnare la «Bandiera blu» ai reparti di cardiologia italiani, per certificare la qualità dell'offerta che i centri ospedalieri sono in grado di offrire ad un paziente con infarto e promuovere un unico livello di assistenza sanitaria.
La proposta annunciata nel corso del Congresso di Parigi è in linea con una tendenza generale dei paesi europei, testimoniata dall'altra grande novità del Congresso della European Society of Cardiology: dopo 4 anni dall'ultimo aggiornamento, sono state presentate le nuove linee guida per l'infarto Non Stemi (evento cardiaco meno grave).
In esse sono stati inseriti i nuovi farmaci antitrombotici, tra cui il prasugrel che rappresenta un superamento delle opzioni terapeutiche già presenti poiché più rapido e più efficace.
L'infarto Non Stemi ha un forte impatto sul Sistema Sanitario italiano sia in termini di ospedalizzazioni sia di costi sanitari.
Ogni anno si ricoverano in Italia 130 mila pazienti di cui 60% è Non Stemi; nel 40% dei casi si tratta di anziani (70 anni), con una lunga storia di malattia cardiaca.
Prasugrel è attualmente indicato per i pazienti con sindrome coronarica acuta sia in casi Non Stemi che nei casi di infarto più severi, ovvero Stemi, sottoposti a rivascolarizzazione per via percutanea.
Nell'ultimo aggiornamento delle linee guida della Società europea per l'infarto Stemi, presentate nel 2010, prasugrel è stato inserito con il livello più alto di raccomandazione, grazie alle evidenze cliniche apparse nello studio Triton.
I dati dell''Anmco stimano che il costo annuo per il trattamento dell'infarto miocardico in Italia è di circa 1 miliardo di euro annuo.


E il contenimento dei costi, con la diminuzione degli sprechi è tra gli obiettivi a lungo termine anche del percorso intrapreso dall'Associazione.
«Il progetto "Standard of Care", se esteso a tutti i centri della penisola, potrebbe permettere un contenimento dei costi sul trattamento dell'infarto di circa il 15%», ha sottolineato Scherillo.

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