Al bando le lingue straniere nelle manifestazioni, i giudici bocciano un sindaco

Dopo il Tar, anche il tribunale di Brescia dichiara illegittima l'ordinanza del primo cittadino di Trenzano che imponeva l'italiano nelle conferenze e attività pubbliche: «È discrimiatoria e lede i diritti fondamentali dell'individuo»

Dopo il Tar, anche il tribunale ordinario di Brescia ha bocciato l'ordinanza del sindaco di Trenzano che lo scorso 5 dicembre aveva messo al bando le lingue straniere e imponeva l'uso dell'italiano nelle manifestazioni pubbliche organizzate da associazioni di carattere culturale, religioso, o politico. «Il libero uso della propria lingua di origine - scrive il giudice Alessia Busato nell'ordinanza - deve essere ricondotto al nucleo fondamentale dei diritti dell'individuo, connotandone fortemente la personalità e permettendogli la piena libertà di espressione e di comunicazione. Imporre a una persona l'uso di una lingua diversa da quella nazionale, se non giustificato da un solido rispetto del principio di ragionevolezza (sotteso, ad esempio, all'esigenza che l'uso della lingua italiana sia garantito in atti pubblici o nell'esercizio di pubbliche funzioni) neppure delineato nel provvedimento de quo, costituisce illegittima disparità di trattamento che rientra nella nozione di discriminazione vietata nel nostro ordinamento». Il sindaco Andrea Bianchi aveva emesso l'ordinanza in seguito all'apertura nel paese in provincia di Brescia dell'Associazione Integrazione Culturale da parte di immigrati nordafricani che avevano intenzione di organizzare conferenze e altre attività in lingua araba. Di fronte al provvedimento, che imponeva inoltre l'obbligo di dare preavviso all'autorità di pubblica sicurezza con 30 giorni di anticipo per tutte le iniziative di carattere religioso da tenersi fuori dei luoghi di culto, alcuni cittadini stranieri insieme all'associazione avevano già proposto ricorso al Tar che il 15 gennaio aveva già annullato l'ordinanza. I giudici, però, si erano pronunciati solo sulla violazione nella ripartizione di competenze tra sindaco e prefetto ritenedo che il sindaco non potesse adottare ordinanze in materia di riunioni pubbliche, di competenza del prefetto. Non si erano pronunciati invece sulla violazione del diritto fondamentale alla libertà di riunione e di usare la propria lingua affermando che ogni decisione su tale materia spetta al Tribunale civile. Nel frattempo l'Associazione studi giuridici sull'immigrazione, la Fondazione Guido Piccini per i diritti dell'uomo promossa dalla Cgil e tre cittadini stranieri assistiti dagli avvocati Alberto Guariso e Alessandro Zucca avevano presentato ricorso al Tribunale ordinario, che ora lo ha accolto dichiarando il carattere discriminatorio della delibera proprio per violazione del diritto fondamentale all'uso della propria lingua. Secondo il giudice «il libero uso della propria lingua di origine deve essere ricondotto al nucleo fondamentale dei diritti dell'individuo connotandone fortemente la personalità e permettendogli piena libertà di espressione e di comunicazione». Nel giudizio era stato chiamato in causa anche il ministero dell'Interno che si è espressamente schierato contro il comune e a favore degli stranieri ricorrenti. Lo sottolinea lo stesso Busato nel documento, scrivendo che lo stesso ministero «ha espressamente riconosciuto il carattere discriminatorio del provvedimento, allegando altresì missiva del prefetto, indirizzata al sindaco, che sollevava analoghi dubbi, e, a ben vedere, non è confutata neppure dalle difese del Comune resistente».

Il giudice, tuttavia, non ha accolto il ricorso nella parte che in cui contestava l'obbligo di preavviso delle manifestazioni, né ha riconosciuto un risarcimento dei danni per i ricorrenti. Ha invece condannato il comune a pubblicare sul giornale «Brescia oggi» la delibera e a rifondere le spese legali.

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