Barack fa il buonista ma non riduce l’arsenale americano

WashingtonMentre i leader di 47 paesi arrivano a Washington per il summit più imponente che sia mai stato organizzato da un presidente degli Stati Uniti dal 1945 ad oggi, in città si respira aria di trincea. Washington è blindata. Il quadrato attorno alla Casa Bianca e al Convention Center è off limit al traffico ordinario e il resto del centro è un ingorgo unico. Cani poliziotto, mezzi blindati ed un vero e proprio esercito di agenti dei servizi segreti controllano i pass di chi è accreditato al summit. La stazione della metropolitana di Mount Vernon Square che serve il Convention Center sede del vertice e tutti i bagni dell'intera rete ferroviaria sotterranea sono stati chiusi. Nulla deve andare storto, nessun dimostrante deve essere in grado di fare qualche bravata.
Domenica, parlando dell'ambizioso summit come se fosse una sua creatura il presidente Obama ha spiegato che lo scopo del raduno dei leader mondiali è di discutere la minaccia terroristica e convincere i vari paesi e mettere seriamente sotto chiave le loro armi nucleari. «Il vero pericolo del nucleare - ha detto il presidente americano - è che Al Qaida entri in possesso di ordigni atomici perché questo fattore cambierebbe lo scenario della sicurezza nel breve e nel medio periodo in tutto il mondo». «Se infatti - ha poi continuato Obama - un'atomica esplodesse a New York, Johannesburg o Londra le ripercussioni economiche e politiche sarebbero devastanti. Noi sappiamo che organizzazioni come Al Qaida stanno cercando di ottenere un ordigno atomico, un'arma di sterminio che non avrebbero remore a usare». Secondo gli esperti bastano 55 chilogrammi di uranio arricchito per produrre un ordigno nucleare artigianale. Nel mondo esistono quantitativi di uranio arricchito per produrre 120mila bombe nucleari. Questo materiale è sparso nei laboratori governativi, istituti di ricerca universitari e depositi militari, tutti luoghi in cui con un po' di buona volontà un infiltrato potrebbe, a rigore, avere accesso.
Il successo di partecipazione del vertice non necessariamente significa però successo nei risultati. A livello internazionale Obama ha problemi con paesi come l'India, il Pakistan ed Israele che invocano la loro sicurezza interna per non aderire al trattato per la Non Proliferazione Nucleare. Il premier israeliano Netanyahu ha addirittura rinunciato al summit facendosi rappresentare da una delegazione. Sul fronte interno il presidente Obama ha enormi difficoltà a far accettare al partito repubblicano la ratifica dell'agenda nucleare annunciata la scorsa settimana. Per l'opposizione la politica nucleare di Obama manda un segnale sbagliato a paesi come Iran e Corea del Nord.
Ma proprio sul fronte iraniano Obama sembra aver raggiunto un primo obiettivo dopo il bilaterale di ieri con il presidente cinese Hu Jintao: secondo le dichiarazioni dei portavoce della Casa Bianca la Cina avrebbe accettato di cooperare con gli Usa per nuove sanzioni contro l’Iran in relazione al suo controverso programma nucleare. «I cinesi sono pronti a lavorare con noi sulle sanzioni», ha detto un funzionario dell’amministrazione Usa. Le consultazioni tra Stati Uniti e Cina avverranno alle Nazioni Unite. Un altro funzionario della Casa Bianca si è mostrato ottimista. «Ci attendiamo una soluzione entro la primavera», ha detto.

Due giorni fa Teheran ha reso noto d'essere in possesso della terza generazione di centrifughe per l'arricchimento nucleare. «Se Teheran decide di sviluppare un’arma nucleare - ha detto l'ex ambasciatore Usa Richard Burt - paesi della regione tipo Arabia Saudita, Egitto, Turchia penseranno di poter fare altrettanto».

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